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Calcio

I PROTAGONISTI DEL MONDIALE (5^ puntata): Svizzera 1954

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Prosegue la “Storia breve dei Mondiali”: quest’oggi una delle edizioni più importanti e storiche, quella del 1950.

Le precedenti puntate:

– URUGUAY 1930
– ITALIA 1934
– FRANCIA 1938
– BRASILE 1950

#IL MONDIALE
Il Mondiale del 1954 spetta all’Europa e viene assegnato alla Svizzera che grazie alla sua neutralità durante la guerra ha mantenuto intatte strutture ed economia. Le partecipanti sono sedici, divise in quattro gironi: le novità principali sono Scozia e Turchia, che pur qualificate avevano rinunciato a partecipare nel 1950, e la Corea del Sud, nata solo qualche anno prima, che rappresenta l’Asia.
Il complicato meccanismo di qualificazione nei gironi miete vittime illustri: escono al primo turno Turchia e Italia dopo uno spareggio perso rispettivamente contro Germania Ovest e Svizzera. Fuori subito anche la Cecoslovacchia, vera delusione del torneo. Per tutto il Mondiale spicca l’Ungheria di Gusztav Sebes, la “Squadra d’Oro” capace di umiliare per ben due volte l’Inghilterra e che è imbattuta da oltre trenta gare. I magiari realizzano un impressionante “score” di ventisette reti realizzate in appena cinque gare dove mietono vittime illustri come Brasile e Uruguay, ma si fermano in finale contro la Germania Ovest che li rimonta 3 a 2 dopo essere stati in vantaggio per 2 a 0. È la Germania Ovest a trionfare e il suo inno risuona durante la premiazione dopo cinque anni in cui non era mai stato sentito in nessun evento sportivo e non nel mondo. 
“Il miracolo di Berna” può considerarsi uno spartiacque tra due ere: il calcio tecnico ed elegante dell’Ungheria lascia il passo al calcio fisico dei tedeschi. Da questo epico episodio della storia del football è stato tratto anche un bel film del regista tedesco Sonke Wortmann.

 

#GLI EROI
L’Ungheria che sta strabiliando il mondo e che si fermerà solo a un passo dal successo, può vantare una squadra formidabile, non a caso chiamata “Aranycsapat” (“Squadra d’Oro”): in porta schiera Gyula Grosics, che anticipa i tempi partecipando sovente all’azione con i suoi precisi rilanci; il centrocampo vede due superbi mediani come Czibor e Boszik e l’attacco è fenomenale, con Puskas, il capocannoniere (undici reti) Kocsis e il “centravanti arretrato” Hidegkuti, che è la prima “mezzapunta” nota del calcio. Il suo arretrare favorisce l’inserimento dei compagni in avanti e toglie riferimenti ai difensori, abituati a marcare a uomo.


Anche la Germania futura campione ha numerosi talenti di livello, a cominciare dal capitano e regista Fritz Walter per finire con il centravanti Ottmar Walter, fratello di Fritz, e l’ala Helmut Rahn, talento discontinuo ma micidiale quando in giornata di grazia. La difesa è solida con lo stopper Kohlmeyer e il portiere Turek.
Altre stelle sono i brasiliani Julinho, Didì, Djalma e Nilton Santos; i deludenti italiani Lorenzi e Boniperti; il regista jugoslavo Vujadin Boskov; gli inglesi Lofthouse, Matthews e Finney; gli uruguaiani campioni in carica Varela, Hohberg, Schiaffino e Miguez.

 

#L’EPISODIO
Nel girone eliminatorio si affrontarono le due future finaliste, Ungheria e Germania Ovest: i magiari schieravano i titolari, i tedeschi numerose riserve, e la partita si concluse con un eloquente 8 a 1. Tuttavia il tecnico tedesco Herberger sfruttò la gara per studiare il sistema tattico degli avversari e le dure entrate che subì costarono un infortunio a Puskas.
Quando si trovarono nuovamente di fronte in finale, dunque, i tedeschi sapevano tutto degli avversari e questi niente di loro: Puskas, ancora non completamente guarito, chiese e ottenne di giocare, ma dopo mezz’ora sembrò sparire dalla gara. Inoltre il campo era pesante, bagnato dalla pioggia e – si dice – da alcuni inservienti filotedeschi la notte precedente la gara. Mano a mano che l’Ungheria, che era subito passata in vantaggio per 2 a 0, terminava la benzina, i tedeschi venivano fuori e finirono con rimontare e vincere per 3 a 2.


Qualche mese dopo, diversi di loro si ammalarono simultaneamente, facendo scattare il sospetto uso di doping, di cui allora si sapeva ben poco: un’accusa mai provata ma avvalorata dalla scomparsa di diversi componenti della spedizione tedesca in età relativamente giovane.

#IL PROTAGONISTA
La Germania ha una grandissima tradizione ai Mondiali. Una storia iniziata il 4 luglio del 1954 a Berna, quando nella finale della quinta edizione della Coppa del Mondo gli uomini di Sepp Herberger sconfissero i quotatissimi rivali ungheresi sorprendendo praticamente tutti gli appassionati di calcio.
Uno dei pochi a non essere sorpreso fu senz’altro Fritz Walter, il capitano di quella Germania Ovest: la pioggia e il cattivo tempo lo rendevano praticamente invincibile, avendo contratto in tenera età la malaria che gli aveva lasciato come strascico il non sopportare la luce diretta del sole. Aveva un carisma pazzesco e in quanto a classe aveva ben poco da invidiare agli avversari. In una storia calcistica come quella tedesca, piena di grandi capitani, fu senza dubbio il “Capitano dei Capitani”, il primo fra tutti.
Figlio di inservienti del Kaiserslautern, crebbe in questa squadra e vi rimase durante l’intera carriera: attaccante formidabile, in Nazionale arretrava il suo raggio d’azione per meglio guidare la squadra grazie al suo grande carisma e a una visione tattica ineguagliabile.
Sopravvissuto alla guerra grazie a una guardia russa che gli evitò il gulag affermando che fosse austriaco, in patria vinse due scudetti segnando quasi un gol a partita (384 gare, 327 reti) nel Kaiserslautern, dove giocava di fianco al fratello Ottmar, altro autentico fenomeno capace di segnare 295 reti in 275 gare nonostante la continua presenza nel ginocchio di tre schegge di ferro – “ricordo” della Guerra – che ne limitavano le capacità.
Non fu, in termini di classe pura, il più grande giocatore del Mondiale del 1954. Fu tuttavia il capitano dei campioni, l’ideale anello di congiunzione tra il CT Herberger e i compagni, il leader al quale rivolgersi quando le cose si facevano difficili e capace di calmare il carattere irruento di Helmut Rahn. Fu leader, campione e comprimario insieme, e il suo gioco a tutto campo diede virtualmente ai tedeschi un uomo in più in ogni gara. Fu grande in vita e grandissimo dopo la morte, avvenuta nel 2002: votato miglior calciatore tedesco di sempre (superando gente come Beckenbauer, Seeler, Netzer, Matthaus, Gerd Muller), a lui è intitolato lo stadio dell’amato Kaiserslautern.
Un grande campione, dunque, che ai Mondiali di Svizzera del 1954 seppe guidare i suoi al trionfo e, in pratica, un intero paese alla rinascita dopo la distruzione e le umiliazioni della Guerra.

Fonti:  “Storia dei Mondiali di Calcio” (Bocchio-Tosco, ed.Sestante)
Editing: Eleonora Baldelli 

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