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Tutto calcio che Cola #09: Inter, gli argentini e l’ora dell’addio – 20 Mag

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Per questa edizione di “Tutto Calcio che Cola” volevo dedicarmi al saluto di quattro calciatori che lasciano la Serie A e, probabilmente, il calcio.

Questo spazio è senza bandiere, come avrete imparato ormai, ma oggi senza dubbio si tinge del nerazzurro dell’Inter: si parla infatti di Cambiasso, Milito, Samuel e Zanetti, quattro campioni che però, a mio modo di vedere, vanno decisamente oltre qualsiasi bandiera, adatti quindi a questo spazio che vuole essere una zona franca dedicata a chi ama il calcio nella sua interezza.
Non tifo Inter, ma personalmente ho sempre apprezzato chi mi regala emozioni, e questo ‘clan argentino’ ne è stato a lungo capace. E’ inoltre indubbio che questi giocatori hanno segnato qualcosa, nel calcio italiano, che dalla prossima stagione dopo tanti anni non li vedrà in campo.
Per salutarli, però, ho preferito chiedere un pensiero ad un amico, Luca Bisighini, persona che apprezzo moltissimo per onestà e senso critico e tifoso (non cieco) della Beneamata. Se vi va date un occhiata anche al suo blog, dove raccoglie (parole sue) “Racconti estemporanei di vita vissuta con paragoni improbabili e citazioni a  non finire sui temi più disparati di cui sono a conoscenza.”
E’ appena agli inizi, ma conoscendo i suoi precedenti lavori promette bene.
E ora lascio la parola a lui.

Per prima cosa, ringrazio dell’opportunità il caro amico Simone, che mi ha voluto investire di questa responsabilità in quanto, andrò a parlare di 4 possibili Hall of Famer della squadra italiana che patteggio da quasi 20 anni (si, non è la sola che supporto).
In secondo luogo spero di produrre un buon articolo, ma qualora non lo facessi, non esitate a criticarmi, anche seduta stante.
Ovviamente il tutto sarà un misto di impressioni varie slegate con un po’ di cronistoria del sottoscritto.
La mia esperienza col calcio (anche se potrà sembrare banale ai più), prima che esso diventasse pure un lavoro che anche oggi mi ha portato dei soldi, è associabile a qualche data:

(1) 17 luglio 1994: 5 anni, vidi la finale dei Mondiali praticamente a cena compresi che forse, una cosa per cui andare fieri, anche se nella sfortuna, c’era. Ed era il mio paese, per lo meno, a livello sportivo. Prima di allora, non avevo mai visto niente.

(2) 27 settembre 1994: qualche mese dopo mi ritrovai parcheggiato di fronte a RAI 1 a vedere una partita di Coppa UEFA, Aston Villa vs Internazionale.

La partita finì ai rigori (era il primo turno) ed il Villa fece fuori l’Inter.
Non so se per la ridondanza, o per il nome che s’ispira a valori che col calcio c’entrano ben poco, o per il fatto che solo pochi mesi prima era finita allo stesso, amaro modo, una grande partita, ma forse compresi qual’era la squadra che dovevo patteggiare. Dalla stagione 1994/95, fondamentalmente seguo il calcio. E non solo, però son 2 decenni che ci perdo la testa per 22 persone ed una palla.
Ho visto campionati persi all’ultimo per la quale ci si sfotte da circa 12 anni, finali perse che molti talvolta nemmeno ricordano ma che mi bruciano più di altre date ben più famose…

…Ma da bambino, ho forse assistito alla partita più bella di sempre IMHO (altro che la Champions League, e l’ho sempre detto), ovvero la finale di UEFA del 1998. La terza data.

(3) 6 maggio 1998.

Ero ad una riunione per la comunione, ed alla fine con altri bambini ottenemmo l’accensione dello schermo su RAI 1.
Zamorano agli inizi. Ronaldo fantastico alla fine. E di mezzo, Javier Zanetti.
Vittoria.
Delirio.


Fatto sta che, mega flashforward, non volendo per forza menzionare il ciclo vincente di 6 anni (2005-2011). culminato col 22 maggio 2010, ne tanto meno i campionati persi all’ultimo, le finali perse, le bellezze e le schifezze…dal 1995 ad oggi moltissime cose sono cambiate: non esco più nel mio paese da anni, non frequento più la gente di allora (nel senso che non se n’è salvata una, di persona), son passati amici, scuole, pure la religione (!!!), gli amori banali ed ahimé, anche quelli importanti.
Da bambino a ragazzino a fondamentalmente, quasi uomo con pure qualche pelo bianco che sta a spuntare qua e là.

Nel mezzo c’è stata una costanza. Quasi immortale e spesso identica. Un filo comune che m’ha trascinato dai 6 anni ai quasi 25 che farò tra un mese, assieme all’educazione, alla curiosità, alla follia, a tanti desideri e voglie che talvolta si sono avverate e talvolta no o non ancora, alla vicinanza della famiglia, agli affetti della gente che c’è voluta sempre essere.
Tutto questo risponde ad una persona in carne ed ossa che non ho mai avuto modo di vedere faccia a faccia, anche solo per parlarci assieme e dirgli qualche cosa di banale.
Nel bene e nel male, quindi, grazie di tutto Javier Zanetti. Grazie filo conduttore. Grazie capitano. Grazie di questo folle percorso dove ho potuto vedere tutti i colori del prisma delle emozioni.
19 anni riflessi in qualche lacrima qua e là, vedendo il tuo discorso di addio.
Ciao JZ4. #jz4ever


E che dire, questa era solo una delle tante riflessioni che potevo fare, al merito del più grande protagonista dei 3.
Mancano ancora 3 protagonisti principali di queste cavalcata, ed andrò in tono decrescente, in base agli anni di appartenenza.

Il “Cuchu” Cambiasso.
Che dire, sarò di parte nel dire che questo giocatore è stato sicuramente un simbolo, un giocatore che durante il suo percorso professionistico (che dubito sarà lungi dal terminare a breve) ha lasciato un segno indelebile nei club in cui ha militato sin dalla sua giovanissima età, riportando più precisamente ai fasti il ruolo di mediano che all’Inter non vedeva così tanta qualità, forse dai tempi di Paul Ince. Intelligenza tattica sopraffina, fin quando ha mantenuto ritmi assurdi è stato probabilmente anche uno dei primi 5 interditori al mondo, capace di spezzare nettamente i ritmi delle squadre avversarie, correre giusto quei 12 km di media per farlo svettare sempre nella top 5 delle statistiche che le grafiche UEFA proponevano spesso.
E nonostante queste capacità combinava pure delle capacità di proposizione come incursore (vogliamo citare quanti goal ha fatto Cambiasso all’Inter, e quanti son stati dei goal spezza partite?), sfruttando altre skill tipicamente sue ma non di tanti altri giocatori del suo ruolo, come un’ottima coordinazione/equilibrio, mista ad un’improvvisa accelerazione (non velocità, ma proprio accelerazione negli spazi stretti) ed un ottimo mancino.

Un giocatore che penso abbia recepito molto più del suo illustre maestro, quel Claude Makélélé (che nel 2002 era nettamente il miglior mediano per distacco sul pianeta) che gli fece sicuramente fare il salto di qualità durante quell’anno post rientro dal prestito al River Plate. Uno che forse ha ricordato anche i fasti del mitico Lothar Matthaeus, ovviamente con minori proposizioni offensive, ma che ha sicuramente ricordato LM nella sua fase conclusiva della carriera quando, con minor corsa, iniziò a fare il libero sotto Trapattoni prima e Beckenbauer/Hitzfeld poi.

Cambiasso ovviamente non è mai stato un libero, ma i primi esperimenti di lui in difesa a fare il centrale risalgono al 2006, con Mancini, in campionato.
E Mascherano, suo compagno di nazionale, giocava ancora a metà campo, senza particolari velleità, nel West Ham. Un giocatore che a suo modo poi è stato coinvolto in quella folle politica di rinnovi di contratto del post Triplete, uno del “Clan Asado”, uno degli stipendi importanti da sacrificare.
Spiace dirlo ma un Cambiasso era da non rinnovare, se non a cifre congrue. Obiettivamente anche con una gamba rotta sarebbe stato sempre meglio di quell’aborto di Kuzmanovic, ma nell’Inter del futuro, che dovrebbe girare a ritmi decisamente più alti, il Cuchu non era più quel giocatore su cui affidare le chiavi della metàcampo.
Ma sarei lietissimo di esser smentito.


Proseguirei con Walter “The Wall” Samuel.
Inutile che vi stia a ripetere la sua carriera, perché è un giocatore che ha avuto una lunghissima militanza al top sia in Italia che a livello internazionale, salvo l’incolore parentesi al Real Madrid e qualche incolore presenza con la sua nazionale, che non trovo le azzecchi giuste (tra convocazioni e moduli di gioco) da almeno 15 anni ed anche a questo giro mi piacerebbe pensare che minchia sia passato per la testa di Sabella (digressione doverosa).
Samuel ha un unico grosso pregio, forse da molti sottovalutato, che non risiede, strano ma vero, nel suo equilibrio tattico nonché nel sapersi posizionare sempre correttamente, di evitare che l’uomo passasse nonché un’innata dose di leadership. Il suo pregio per me è sempre stato quello di fare ottima amalgama col suo compagno di ruolo, che tendenzialmente è sempre stato inferiore per rendimento, a lui.

Partiamo da esempi molto famosi: Aldair nel 2001 (Aldair, sottolinerei), Lucio nel 2010, Chivu dal 2008 al 2010, per terminare con Ranocchia e talvolta pure JZ4. Semplicemente irripetibile. Un difensore che con così tanta dominanza penso non abbia mai avuto eguali nella storia della società.


Infine, Diego Milito, il principe, di una casata tutta sua, che lo ha visto in una certa stagione della sua vita diventare improvvisamente Imperatore o più banalmente Re di tutto, manco fosse stato un personaggio di Game of Thrones.
Milito che sin dai tempi di Genova, in Serie B, decisi che era da amare. Incondizionatamente.
Sarà per il look, le movenze, la spietatezza (per la serie: col cacchio che è esploso a 30 anni, questo a 23 era già letalissimo, solo che nessuno se lo filava e finì al Grifone). Ho avuto modo successivamente nella mia vita, di conoscere gente in ERASMUS sidenti a Saragozza – ben 3 persone, ad oggi tutti cari amici – che, nel mentre della famosa EXPO 2008 Zaragoza (a cui tra l’altro partecipai accompagnando mio padre per lavoro) si seguivano la squadra locale con voracità, visto che era ritornata quasi ai fasti del 1995, quando Cafu vi giocava e certi uomini di mare di nome David, decidevano di farsi uccellare da metà campo, con tanto di papera (Caro amico Peter Shilton, professionista recordman instancabile, dopo di te l’Inghilterra ha avuto solo mezze cartucce in porta, ma ci mangeremo sopra vero?) consegnando la coppa più figa del creato (e che manca, più di tante ragazze che io abbia mai avuto o con cui abbia mai copulato) a questo gruppo di semi-desaparecidos senza particolari aspettative.
Diciamo che a Saragozza se lo ricordano molto bene il caro Diego, almeno nelle memorie del mio amico Alex, nonostante una repentina retrocessione del clan degli argentini trapiantati in Aragona.
La storia di Diego poi si ricongiunse con quel Genoa di cui doveva esser artefice di un’ottima Serie A già nel 2006, prima che qualcuno pensasse di manipolare partite. Nonostante su di lui ci fossero tutte le big di Spagna, lui scelse col cuore di restare. Il tutto per rifarsi nel 2009, con quel maestoso campionato che vide a lungo tempo, il Grifone, giocarsi l’accesso ai preliminari di Champions League, e che forse avrebbe garantito a lui nonché al ritrovato Thiago Motta – un altro pilastro del Triplete nerazzurro che spero che Prandelli convochi, altra stagione fenomenale la sua nel PSG – la permanenza al Grifone con rinnovo sostanzioso.
Sta di fatto che non andò così, al Genoa fu mandato un tale Mattia Destro (dannazione…) ed arrivò lui, che agli inizi doveva fare coppia con Zlatan Ibrahimovic. Destino volle che non andò così. Grazie destino, ti si vuole bene.

Il 2009/10 di Milito è semplicemente indescrivibile, se non per alcuni goal frammentati, come quello alla Dinamo Kiev (spacca stagione), ed i suoi 4 goal finali, decisivi che han portato alla vittoria di tutto nell’arco di 17 giorni a dir poco elettrici.

Al punto che mandai a donne di facili costumi l’esame di Microeconomia.
Troppa elettricità.

E niente, poi vennero 4 anni di chiaro scuro culminati con un rinnovo forse troppo salato per un 30enne, un mondiale in cui fu messo alle spalle di un Higuain che forse non meritava tale palcoscenico in Sudafrica ed un gravissimo infortunio che di fatto, gli ha spento la carriera.
Sicuramente un faro, un campione della gente, mai altezzoso, esploso ad altissimi livelli molto tardi nonostante i meriti che dovevano incoronarlo almeno con 4 anni d’anticipo nel calcio che contava (che ancora era il nostro campionato) e che lo limitarono parecchio salvo poi riprendersi con rabbia ed orgoglio, i ritmi che lui stesso s’è sempre autoimposto.


Di questo “clan” dell’Asado, al di là delle grigliate che mi stanno mettendo un evidente fame, rimarranno indelebili più che le foto di rito, appunto, i ritmi.
Il Milito che spaziava su tutto l’arco di gioco. Samuel che dettava tempi e guidava la difesa. Zanetti e le sue mirabolanti progressioni che manco Hicham El Guerroji. Cambiasso e la sua mole di lavoro.
Il tempo medio di permanenza comune di costoro è stato di 5 anni, con picchi di 19, 10, 9. Tante stagioni in cui s’è consumata la leggenda di una delle più forti compagini della storia del calcio italiano, guidata da giocatori come questo quartetto, da presidenti e finanziatori d’eccezione, da figure carismatiche e da uno stile sicuramente avulso alla media italiana nonché avulso agli altri due club con cui l’Inter si gioca la fama nell’immaginario collettivo non solo nazionale, forse un po’ troppo sempliciotto e banale, ma che tra alti e bassi, ha sempre trascinato gli istinti e le passioni di milioni di persone, a livelli inimmaginabili.


Fino all’Indonesia.
Fino all’Argentina.
Fino, alla fame per l’Asado, che di sicuro mancherà in questa prossima Inter di Mazzarri, che sembra proporre un pasto vegano.
Sarà dura riempirsi lo stomaco senza questi quattro.
Durissima.

Luca “TSEEMOD” Bisighini 

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