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Giulia Toninelli: «Andare in Brasile mi ha fatto capire chi era Senna»

A Imola Giulia Toninelli ha presentato il suo libro “Ayrton Senna: Occhi Feroci, Occhi Bambini”. Una racconto sulla vita del pilota e l’uomo.

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Giulia Toninelli con Vicky Piria alla presentazione di “Ayrton Senna: Occhi Feroci, Occhi Bambini” (© Giulia Giacomelli)

Giulia Toninelli, giovane giornalista e scrittrice, si è cimentata nella sua prima opera biografica: Ayrton Senna: Occhi Feroci, Occhi Bambini. Nel suo libro ripercorre la storia di Ayrton Senna Da Silva, cercando di regalare ai lettori una chiave diversa del personaggio e dell’uomo Ayrton, che ancora non era stata data. Giulia ha presentato il suo lavoro alla Biblioteca Comunale di Imola lo scorso 30 aprile, alla vigilia dell’anniversario dei 30 anni dalla morte del campione brasiliano.

Ayrton Senna: Occhi Feroci, Occhi Bambini. La sensibilità di Senna

Giulia nell’evento moderato da Vicky Piria, pilota e nuovo volto di Sky Sport F1, ha raccontato i motivi per cui ha scelto di iniziare il suo percorso di scrittrice proprio da un personaggio come Senna. Ovviamente la decisione non è stata facile, perchè la vita di Ayrton non può essere raccontata con leggerezza, ma la voglia di aggiungere la sua visione ad una narrazione già conosciuta ha prevalso.

«Chi lo ha raccontato fino ad oggi ha avuto la fortuna di viverlo e conoscerlo come persona e personaggio. I mio obiettivo è diventato raccontarlo senza dare niente per scontato, approfondendo anche i dettagli più semplici. Come era il paddock della Formula 1 negli anni ’80, quale fosse la realtà per un giovane pilota che proveniva dall’altra parte del mondo. In sintesi ho provato a rispondere alle curiosità che io per prima mi ponevo su Ayrton Senna».

Durante la stesura del libro Giulia ha avuto modo di analizzare la parte più emotiva di Ayrton e di scoprire un atleta e un uomo sensibile, che viveva la sua passione attraverso le sue emozioni, anche in maniera estrema. Non solo quando era maturato come uomo, ma già quando era ragazzino ed era da poco sbarcato in Europa per dare inizio alla sua carriera motoristica.

«Vederlo piangere o emozionarsi come faceva lui non è un qualcosa a cui ero abituata, soprattutto dalla Formula 1 di oggi.  In seguito studiando per scrivere questo libro ho capito che questa era una sua caratteristica. Quando è venuto in Italia per le prime esperienze con i kart molti addetti ai lavori rimanevano impressionati dal ragazzino brasiliano che piangeva semplicemente se un test era andato male. Poi tornava serio, si concentrava, pronto a rimettersi a lavoro».

La rivalità con Martin Brundle

Ayrton ha vissuto una carriera fatta di rivalità, ciò su cui si fondano le grandi carriere motoristiche. La più famosa fu quella con Prost, che ha segnato un era. Giulia però ha deciso di concentrarsi su un altro dualismo avvenuto nelle formule minori. Le battaglie con Martin Brundle, ex pilota inglese e oggi volto di Sky Sports UK e F1, hanno lasciato traccia nel percorso di Senna e Giulia ha deciso di puntarci un riflettore, facendo emergere un periodo meno conosciuto.

«La sfida con Martin Brundle, è una dualità che non viene molto raccontata. Erano in F3 e non c’era l’attenzione mediatica che c’era per la F1, eppure questa rivalità è una di quelle che ci fa comprendere ciò che era Ayrton e quello che poi sarebbe stato. La sfida con Brundle ci regala la voglia di Senna di non mollare mia, di rialzarsi dopo ogni caduta, ma anche la solitudine che viveva internamente».

«Ayrton si sentiva fuori posto. Veniva da un ambiente diverso e lontano da quello che poi ha trovato nelle categorie minori. Si sentiva un outsider a tutti gli effetti. Per esempio lui non parlava inglese a livello dei suoi rivali e il suo carattere non lo rendeva uno dei preferiti della stampa. Tutti aspetti che poi ritroveremo anche nel dualismo con Prost, che tutti conoscono benissimo. Ho voluto approfondire quello con Martin proprio per far capire che l’Ayrton che tutti hanno visto e conosciuto, era lo stesso anche all’inizio della sua carriera».

Ayrton Senna: Occhi Feroci, Occhi Bambini. La prefazione

L’introduzione è a cura di Andrea Kimi Antonelli, pilota junior di Mercedes e talento del motorsport italiano. Molti potrebbero chiedersi perché proprio lui. Kimi è un ragazzo di 17 anni, giovanissimo, e all’inizio della propria carriera. Ayrton non lo ha conosciuto, ma ne ha solo sentito tramandare le gesta. Giulia però ha avuto le idee chiare fin da subito sul motivo che l’ha portata a scegliere Kimi e non tornerebbe mai indietro.

«Sapevo però che Kimi non mi avrebbe deluso perché si è sempre dimostrato molto maturo. Lo dimostra oggi, come 5 anni fa quando l’ho intervistato la prima volta. Ha sempre avuto le idee molto chiare e la prospettiva di una persona che si fa delle domande. Infatti nella prefazione ha raccontato chiaramente che Senna è il suo idolo e gli piace studiarlo. Soprattutto la tecnica del pilota brasiliano o le sue doti sotto l’acqua. Ciò che però lo ha colpito è l’uomo. La speranza di Kimi è quella di riuscire ad avvicinarlo come pilota, ma anche come persona. Per i gesti che ha compiuto, per la sua disponibilità e la gentilezza con cui si approcciava».

Il processo di scrittura e il gap generazionale

Per scrivere Ayrton Senna: Occhi Feroci, Occhi Bambini Giulia ha volato fino a San Paolo e ha conosciuto la famiglia di Senna insieme alla gente che lavora per la sua fondazione. Incontri importanti per la giovane scrittrice, che così facendo ha toccato con mano la realtà in cui è cresciuto e ha vissuto Ayrton.  Solo attraverso i racconti dei suoi affetti più cari e riuscita a comprendere cosa Senna rappresentasse per il Brasile, comprendendo anche gli aspetti significativi della sua vita e del suo carattere.

« Scrivere un libro è un processo molto lungo ed avviene principalmente in solitudine. Andare in Brasile ha dato tridimensionalità a questo libro e a quello che io immaginavo di Senna. Andare laggiù mi ha aiutato a capire che per i brasiliani la persona di Ayrton continua a vivere, in tutto quello che anche la fondazione continua a fare per il popolo verde oro. É ricordato per le sue gesta da pilota, ma soprattutto per l’uomo che è stato».

Raccontare un personaggio che non si è vissuto in prima persona non è mai facile e questo può esporre a delle critiche da parte di chi lo ha narrato e conosciuto. L’unico modo per superare le barriere generazionali e di scetticismo secondo Giulia è l’approfondimento e il tanto studio fatto per portare a termine il progetto.

«Essere giovane e donna sono i primi due aspetti che mi espongono a delle critiche su questo lavoro. Io però ho studiato veramente tanto per fare questo libro e mi sono fatta tantissime domande per poter regalare un libro il più completo possibile. Il fatto che le persone della fondazione e della famiglia siano state così disponibili con me ha aiutato. Mi hanno spiegato anche il più piccolo dei dubbi che avevo, così ho cercato di rispondere a quegli aspetti della storia di Senna, che in altri libri non mi apparivano chiarissimi».

Tra la gioia e la tragedia

Scrivere un libro su Ayrton Senna ti proietta in una montagna russa di alti e bassi. Nel lavoro di Giulia si alternano momenti di gioia e aneddoti divertente a momenti in cui emergono le difficoltà vissute da Ayrton, fino alla tragedia di quel 1 maggio 1994.

«La parte più divertente è stata il rapporto con Gerard Berger. Un pilota simpatico con cui si facevano scherzi a vicenda e con cui si trovava benissimo. Le 100 rane messe nella stanza d’hotel o il formaggio nel sistema di areazione, che aveva reso inabitabile la stanza. Questi sono alcuni dei momenti di leggerezza più belli».

«La parte più difficile è stata raccontare il 1 maggio e l’incidente. Non volevo essere troppo analitica. Siamo qui 30 anni dopo a ricordare ancora quel giorno tragico e questo vuol dire che non è una questione tecnica, ma emozionale».

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