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20 Dicembre: il punto su Basket City. Prove di carattere

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Potremmo metterla anche così: nel parziale del girone di ritorno, in Basketball Champions League la Virtus Segafredo è ultima, pari all’Olimpija Lubiana, con due sconfitte su due partite. Se si riportano le cose alla dimensione dei puri dati statistici, si possono dunque dire infinite cose, anche che questa squadra è un bidone, e davvero, a leggere certi commenti sui social, spuntano come funghi coloro che sembrano non vedessero l’ora di poterlo dire. La realtà tuttavia è ben diversa: primo, perché i dati statistici decontestualizzati valgono come il due di briscola; secondo, perché dopo quello che ci ha fatto vedere definire questa Virtus anche solo un mezzo bidone sarebbe disonesto intellettualmente. Partiamo, innanzi tutto, da quello che è l’obiettivo posto dalla società a inizio stagione: ben figurare in tutte le competizioni, raggiungendo le Final8 di Coppa Italia, i playoff in campionato, andando più avanti possibile in Coppa. Sfido chiunque a dimostrare che il ruolino di marcia non sia stato fin qui rispettato: sesto posto in campionato, primo nel girone in Coppa. Dopo di ciò, l’altra promessa fatta ai tifosi è stata quella di lavorare per la costruzione di un gruppo futuribile che permetta alla Virtus di tornare competitiva ai più alti livelli. Qui, effettivamente, qualche perplessità potrebbe emergere, in particolare sulla qualità di alcune scelte tecniche effettuate, ma vogliamo anche ricordare che siamo solo a Natale, che la squadra ha patito infortuni non pesantissimi ma molto fastidiosi che ne hanno certamente rallentato il processo di crescita? La faccenda Martin su tutte: il giocatore non è un campionissimo, ma si è potuto constatare come la sua presenza sia fondamentale per il contributo che riesce a conferire sul piano dell’intensità, che è poi il vero difetto emerso a Ostenda, e prima ancora a Pesaro, soprattutto. Perché, però, senza di lui la squadra perde quell’intensità di gioco? Ieri sera si è fatta irretire dal ritmo lento che piace alla squadra belga ed è naufragata proprio sotto questo aspetto. Possibile che la Virtus senza il solo Martin diventi totalmente passiva? No, perché a Pistoia non lo è stata di sicuro, anzi. Il problema non è tecnico: Taylor è incostante, ma è un signor giocatore, come ha fatto vedere in più occasioni; Punter sarà incostante, ma è un mezzo fenomeno, senza esserlo del tutto perché a tratti si accontenta della sola presenza in campo; Qvale va e viene perché anche se ha smaltito, presumibilmente, i problemi fisici, prima di riguadagnare la condizione completa, col quel fisico non proprio segaligno,  occorrerà attendere ancora alcune settimane. Però, a discapito di mille critiche, rimane un signor giocatore, magari il cambio del centro in una squadra di alto livello, ma ci potrà stare senz’altro; Aradori è quello che è: un campione con dei limiti, tipo quello di non potersi prendere il tiro decisivo. Pazienza, se prima ti tiene a galla la squadra anche da solo e magari ti fa il ventello quando gli altri devono ancora capire che è iniziata la partita, si tratta solo di saperlo gestire; M’Baye è forse l’oggetto più oscuro, lui sì che va e viene, ha lampi di gran classe e attimi di appannamento sconcertanti, di sicuro però anche lui non è tipo da ultimo tiro, forse ieri se l’avesse riscaricata su Punter o Taylor sarebbe stato più opportuno; Kravic è il giocatore che fa impazzire i tifosi nel bene e nel male, non saprei pronosticarne la crescita ulteriore, in fondo ha già 28 anni, ma coi mezzi fisici che possiede bisogna, obbligatoriamente, lavorarci. Alla fine dei conti, questi sette giocatori rappresentano un patrimonio invidiabile in Italia, altro che limiti tecnici. Veniamo allora ai cambi: Baldi Rossi è, oggettivamente, in questo momento un problema: vale si è non un terzo del giocatore a suo tempo visto a Trento e in qualche occasione anche a Bologna, ma il sospetto è che la sua condizione resti precaria come accentuata da un fattore psicologico che ne limita le prestazioni; anche Cournooh è scarsamente decifrabile: in Coppa rende in genere l’opposto che in campionato, come trovasse motivazioni differenti; in Europa tira da tre col 63%, in Italia non arriva al 10. Motivo? Di sicuro, non le difese più morbide in Coppa. Poi, i cinni: Pajola e Cappelletti, ciascuno a suo modo, o si decide di attenderli e la si smette di coprirli di sarcasmo ad ogni errore, oppure li si manda al macero, piantandola però di dire che i vivai non producono mai nulla. Nessuno nasce imparato, neanche i Doncic. Ora, senza evocare le divinità, accontentiamoci di registrarne i passi avanti, molto superiori ai passi indietro e aspettiamo il termine della stagione per promuoverli o bocciarli, come a scuola. Che direste di un insegnante che a Natale ha già deciso di farvi ripetere?

Se dunque, non pare esserci una profonda questione tecnica, quale sarà il problema che affligge attualmente la Virtus? Perché i giochi languono, la difesa tentenna, ora sì ora no, e la grinta compare solo a tratti? Questa è una squadra che non si è ancora costruita un carattere. Torniamo alle considerazioni di prima: siamo poi solo a Natale. Ma a chi spetterebbe conferirle l’anima? La risposta è implicita, chiama in causa lo staff tecnico, di indiscutibile rilievo, che non può però nascondersi dietro al dito degli infortuni. Tutti, insomma, sono chiamati a questo punto a  una prova di carattere. La stagione è ancora molto lunga, tempo per affilare le unghie ne rimane, eccome, ma non si può pensare di deludere ancora una volta una delle platee di tifosi più appassionate d’Europa.

Passando in casa Fortitudo, è evidente che il clima è quasi diametralmente opposto. I successi chiamano successi, la strada pare sempre più spianata anche per evidente assenza di contendenti credibili, almeno per ora. Tuttavia, attenzione a non lasciarsi andare ad esagerati trionfalismi. Non sarebbe la prima volta che in A2 i fenomeni invincibili dell’andata si eclissano progressivamente dietro un’infinità di inconvenienti sopraggiunti successivamente. Se è pur vero, infatti, che fin qui piccoli incidenti non sono mancati, è altrettanto vero che la dea bendata fino ad oggi è stata tutt’altro che malevola con la formazione di coach Martino, infarcita di ultratrentenni indispensabili. Qui non si tratta di gufare, solo di procedere con cautela consapevoli che si avanza finché si cresce, fermarsi significa tornare indietro, per cui bisognerà essere bravi a non fare mai scendere la tensione in palestra, anche dopo la probabile vittoria con Forlì che si affaccia dietro l’angolo. Si aspetti la conclusione della Coppa Italia di LNP per cominciare a cullare pienamente sogni di gloria. Quest’anno la formula del campionato autorizza maggiormente a sperare, ma anche questo sarebbe la dimostrazione di  aver finalmente costruito la squadra col carattere giusto, dopo stagioni piene di disillusioni

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