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Bologna

A tu per tu con Gherardo Resta – 1 mag

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Resta: “Contro il Genoa io metterei su Bianchi puntando sulla sua frustrazione.

Sulla sua voglia di venirmi ad urlare in faccia dopo un gol..”

Quarant’anni appena compiuti (e non sentirli..) per il giornalista bolognese Gherardo Resta che ha iniziato la sua carriera vent’anni fa in radio seguendo il basket di Imola, a seguire qualche collaborazione con quotidiani (Tuttosport) e apparizioni in tv locali. Nel 2003 diventa un lavoro e per dieci anni è Responsabile Sport di Tele1. Realizza un TG sport quotidiano da lui curato e condotto e tante trasmissioni di approfondimento, in particolare, quella del lunedì su calcio e basket. Da questa stagione è allo storico Pallone Gonfiato di Alberto Bortolotti e a Pick and Roll in studio con Alberto Bucci, su San Marino Rtv, in un programma sull’Eurolega di basket in onda sul 520 di Sky tutti i sabato alle 17.

Gherardo, dopo 35 turni di campionato la classifica vede il Bologna al terz’ultimo posto in compagnia del Sassuolo, con lo scontro diretto, però, che condanna i rossoblù. Giusta la classifica per la mole di gioco prodotta dai rossoblù?

“Giustissima, anche perché di “mole di gioco” in tutto l’anno ne ho vista poca. Le classifiche, nell’arco dell’intero campionato, raramente mentono”.

Per affrontare il Genoa, Ballardini pare intenzionato a cambiare e proporre il 4-3-3. Pensi che darà ancora fiducia ad Acquafresca o prevedi un uomo di maggior fisicità in attacco come Bianchi? Quale 11 prevedi?

“La formazione la lascio fare a Ballardini, mister che conosco da anni personalmente, e che mi ha recentemente stupito per i troppi cambiamenti. Mi spiego. Quando sei in difficoltà, devi trovare certezze a cui aggrapparti, questo non significa non cambiare interpreti se uno non funziona, ma scelte più chiare e nette responsabilizzando di più chi va in campo sarebbe stato meglio. Cambiare punte quasi ogni partita, a parere mio, genera solo confusione in tutti. Ti senti sempre all’ultima spiaggia e non costruisci solidità nel gruppo. La squadra aveva ed ha bisogno di fiducia in quel che fa anche dall’interno, dato che dall’esterno (la società in particolare) di tranquillità ne ha sempre ricevuta poca. Per risponderti nel merito, io metterei Bianchi puntando sulla sua frustrazione. Sulla sua voglia di venirmi ad urlare in faccia dopo un gol”.

Quanto incidono i tantissimi gol subiti nell’ultimo quarto d’ora dai rossoblù e l’aspetto psico-motivazionale sugli ultimi risultati della Ballardini band?

“La cosa che incide di più in assoluto è che il Bologna non fa mai gol. Lo dico da settembre che Bianchi non poteva e doveva essere paragonato a Gilardino. Gli altri aspetti sono secondari a questo, dall’arrivo di Ballardini fino a qualche giornata fa il Bologna era più quadrato, più compatto ma ha continuato a non segnare. Avere grandi motivazioni, essere guerrieri conta molto, ma la qualità conta di più. E questo Bologna, dopo la partenza di Diamanti, di qualità ne ha davvero poca”.

Per la sfida col Bologna, Genoa privo del difensore Portanova squalificato (uno degli ex insieme a Gilardino, ndr) e dell’esterno De Ceglie (lesione del legamento crociato), fuori tre mesi. Quanto incideranno queste assenze?

“Beh, Portanova fu già presente/assente all’andata, questa volta non ci sarà davvero. Sono assenze importanti ma nelle ultime giornate, da sempre, contano di più le motivazioni di squadra ed individuali. In tal senso il Bologna deve surclassare il Genoa per meritarsi la salvezza”.

Mancano tre turni alla fine del campionato. Il Bologna, sulla carta ha il calendario più agevole, ma tutti gli scontri diretti a sfavore e soprattutto fatica a segnare su azione (ricordiamo il recente black out di 321 minuti, ndr).

“Il calendario, se non ci credi, vale poco. In questo momento il Bologna nella somma tra “organico” e “piglio” è la peggiore delle tre. Il Chievo ha il dna di squadra abituata a lottare, il Sassuolo ha inerzia positiva dalla sua. Si, il Bologna ha il calendario migliore, ma deve resettarsi, giocare davvero 3 finali guardando alla possibile retrocessione non con paura ma come un qualche cosa di ingiusto, che non meritano. Se invece i giocatori si danno un alibi sentendosi vittime di qualcuno o qualcosa, e in stagione gliene sono stati concessi troppi, non ci sarà nulla da fare e sarà serie B”.

Dopo un mese di allenamenti a porte chiuse, la società felsinea ha deciso di riaprire le porte ai tifosi che, è bene ricordarlo, domenica scorsa hanno sostenuto ed incitato i propri beniamini fino al fischio finale, nonostante la pesante sconfitta casalinga con la Fiorentina (3-0).

“Errore clamoroso. Ennesimo, quello di chiudere le porte. I tifosi si sono mostrati grandiosi restando sempre vicini alla squadra e andavano sfruttati positivamente. Riprendo un concetto a me molto caro, spesso ottima chiave di lettura per successi e sconfitte: nello sport, per vincere o ottenere risultati bisogna che le 5 grandi componenti, società, staff tecnico, giocatori, tifosi e stampa remino tutte nella stessa direzione. Pensare alla stagione del Bologna in tal senso, mi rende tutto più chiaro”.

Nota non trascurabile, da febbraio, nella squadra, con l’addio di Diamanti manca un leader in campo, ossia un giocatore positivo, propositivo, nonchè carismatico e trascinatore. L’allenatore può sostituirsi ad esso? E soprattutto, leader si nasce o si diventa? Leader si nasce assolutamente, ma dico di più. Il leader lo elegge lo spogliatoio in modo naturale, non viene imposto dall’alto.

“Diamanti era il leader tecnico della squadra, il calciatore con nettamente maggiori qualità, con il colpo risolutore, questo si. Ma dubito fosse un vero leader nello spogliatoio. E non so, non vivendolo, se oggi vi sia all’interno una figura così. L’allenatore deve fare in modo che i suoi giocatori rendano al meglio creando un valore aggiunto che non sia solo la somma algebrica dei singoli. Cosi avrà fatto un lavoro egregio”.

Dulcis in fundo, nel rush finale per la salvezza il Bologna ha deciso di affidarsi al mental coach Giovanni Gabrielli.

“Sono figure, queste, in grande espansione, spesso tenute nascoste dai club. Credo molto nell’aspetto motivazionale come detto anche prima. E’ chiaro che il mental coach non va in campo, ma può dare messaggi utili ai singoli perché possano dare il meglio di loro stessi. In particolare oggi, i giocatori del Bologna devono non tradirsi a vicenda, ma aiutarsi nelle singole difficoltà di gioco che si presenteranno. Se fanno questo patto di ferro, la salvezza non sarà comunque facile ma raggiungibile. E per una città come Bologna con tutto quello che gira attorno al calcio, importantissima”.

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