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Bologna

Grandi Pensieri di Mattia Grandi

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“Bologna Genoa per noi sarà molto importante, la prima di ventidue finali”. Pioli dixit. No, scusi Mister, ma non erano trentuno le finali che attendevano l’illuminato cammino felsineo all’indomani della debacle casalinga con il Verona o giù di li? C’è un buco di nove partite, un vuoto temporale di due mesi abbondanti di lavoro per giungere alle medesime dichiarazioni. Anticamera del de profundis, sento l’odore d’incenso da qui. La prestazione di Firenze è l’ennesimo frontino in pieno viso di una stagione costellata di ferite ancora aperte. Il Bologna getta partita, dignità e credibilità sul fondale dell’Arno mostrando il suo volto più brutto, il più veritiero. Ai conclamati limiti tecnici si aggiungono quel senso di impotenza e quella marcata arrendevolezza che sovente accompagnano le missioni fallimentari. L’indice accusatorio da immemore tempo puntato contro una disgraziata dirigenza finisce giocoforza per coinvolgere l’allenatore parmense. Le colpe di Pioli partono dalla complicità nell’avvallo di una rosa platealmente indebolita, alla confusionale proposizione tattica domenicale, passando attraverso l’assoluta mancanza di una qualsiasi intuizione tecnica atta a giustificare un ingaggio da blasonato stratega del rettangolo erboso. Non solo. Sistematiche scelte tattiche ed inevitabili gerarchie di spogliatoio rendono nullo il contributo di alcuni (esempio Kone) per la singhiozzante agonia di altri (leggi Diamanti). Questa squadra oggi non ha anima e l’allenatore, non potendo silurare dirigenti e giocatori, va allontanato. Subito, stasera stessa. Serve uno scossone forte a poche ore dall’ennesima avvisaglia stagionale che evidenzia, a mio modesto parere, anche qualche marcato segno di ammutinamento. Non fidiamoci mica delle dichiarazioni post partita, il tradizionale “volemose bene” da cerimoniere che spesso cela rapporti al Vinavil. Non è la cernita del capro espiatorio, le colpe sono principalmente collocate nelle scelleratezze di uno staff dirigenziale che sottolinea al brindisi natalizio i buchi debitori di una azienda prossima al baratro. E manifestandoli si aggrappa all’alibi di un salvataggio che tra qualche mese potrebbe essere ricordato come una eutanasistica disavventura. La vedo nera cari amici, ma nera come la pece sul campo e dietro le scartoffie burocratiche. Parlare del match odierno è quasi superfluo, quello del Bologna dura quindici minuti circa. Il resto è accademia Viola, pura formalità. Mi torna in mente la conferenza stampa ad Andalo di Pazienza, spavaldo martire 2012/2013. Mi feci un appunto perchè tanto il tempo è un buon termometro. Vedi Michele, non sono sempre i giornalisti ad essere brutti e cattivi, ci metti tanto anche del tuo. E trottolino Khrin? Come mai gioca in serie A? Lo spot di Mourinho deve averlo agevolato, maledetto Special One. La difesa pesca dal sacchetto dei numeri della tombola il 31, come i goal subiti da fine agosto a quasi Natale, il centrocampo non esiste. Il suo miglior interprete con vena offensiva relegato terzino, il suo più talentuoso esponente ad un passo dalla crisi di nervi. E l’attacco? Ne abbiamo discusso ampiamente nelle puntate precedenti, tre goal per un intero reparto, lasciamo ben perdere. Però c’è un lato positivo, la classifica non è ancora compromessa ed il poker della Juve al Sassuolo tradotto significa -2 alla quota salvezza. L’ancora del mercato di gennaio è una chimera. A Bologna con questa classifica ci vieni solo per soldi, sotto alle Due Torri non ce ne sono. Sì certo, l’elemosina di qualche grande club potrebbe effettivamente portare linfa al cadente fogliame ma implica qualche tacito accordo nelle stanze dei bottoni. Tremo. Il tutto a sette giorni da un match all’ora di pranzo, Bologna-Genoa, che potrebbe incastonare il boccone ad altezza cardias. Ci penserà poi il caffè Borghetti o quell’urlo liberatorio tanto caro alla bioenergetica.

Mattia Grandi  

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