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Il destino beffardo di Emilio Badini, primo rossoblu in azzurro – 08 ago

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31 agosto 1920, Anversa. È quasi mezzogiorno, e da circa due ore ventidue uomini corrono sul terreno di gioco inseguendo un pallone. Sono i calciatori olimpici di Italia e Norvegia, impegnati nella prima gara del torneo di consolazione valido per le Olimpiadi del 1920. Un torneo giocato in un clima infuocato, gli animi ancora agitati dalla ‘Grande Guerra’ che ha distrutto l’Europa e che qualche ingenuo si augura sia stata una lezione all’umanità, una lezione che non si ripeterà. Siamo ai tempi supplementari, i giocatori sono sfiniti: improvvisamente un lampo, una saetta. Gol azzurro! A segnarlo è stato Emilio Badini, si tratta del primo giocatore del Bologna convocato in Nazionale e naturalmente del primo gol rossoblu di sempre, e oggi vogliamo raccontarvi la sua storia.

Nato a Rosario, in Argentina, Emilio Badini era uno dei sette figli di una coppia di bolognesi venuti in Sudamerica in cerca di fortuna. Difficile dire se questa sia sfuggita o se semplicemente i coniugi abbiano sentito il forte desiderio di tornare a casa, per crescere i figli in quella che era a tutti gli effetti la loro patria, fatto sta che nel 1912 i coniugi Badini tornano da dove sono partiti: Emilio ha 15 anni, e insieme agli altri due fratelli maschi si è fatto trascinare dal fratello maggiore Angelo al gioco del fútbol, disciplina sportiva portata dai marinai e gli operai inglesi nel tentativo di espanderne gli orizzonti. Si dice che gli argentini abbiano osservato con curiosità, ma solo per pochi minuti, quindi si siano impadroniti di quel gioco arrivando a giocarlo presto meglio dei maestri. Verità o leggenda che sia, in ogni strada e in ogni Barrio si prende a calci un pallone, e i fratelli Badini non hanno fatto eccezione, rincorrendosi per le strade di Rosario insieme ad un altro futuro campione azzurro, Adolfo Baloncieri.

Questo appunto fino al 1912. Tornati a Bologna, è naturale che i fratelli cercassero un club dove continuare a inseguire la loro passione per il calcio. Altrettanto naturale, visto il talento, fu il loro ingresso nel Bologna Football Club, nato pochi anni prima nel tentativo di dare lustro nel pallone alla città, obbiettivo che presto sarebbe stato raggiunto nonostante l’evidente ritardo rispetto alle più antiche società liguri, lombarde e piemontesi. Prima del Bologna “che tremare il mondo fa”, prima di Schiavio e ben prima di Bulgarelli, il cuore dei tifosi rossoblu palpitò per una squadra che era ancora composta da dilettanti assoluti ma che metteva il cuore in ogni partita. I piedi ce li mettevano uno studente spagnolo, Natalio Rivas, amico e compagno di studi in Emilia di Antonio Bernabeu, il fratello di quel Santiago che avrebbe fatto la storia del Real Madrid; Angelo Badini, centromediano metodista nella più classica accezione del termine, duro nei contrasti, carismatico, forte come una roccia e incapace di tirare la gamba indietro; infine Emilio Badini, attaccante eccellente soprattutto nel tiro in porta, di cui si narravano racconti che quasi sfociavano nella leggenda in città e provincia. Da dentro o da fuori area; da dieci, venti, trenta metri; da posizione centrale o angolata, fin quasi la bandierina del corner; quando Emilio sparava in porta il tiro era una sentenza, e potente e angolato si infilava in porta non lasciando scampo al portiere avversario. Così accadde ad esempio il 30 novembre 1913, Bologna-Brescia 1-1, prima gara rossoblu di sempre allo storico campo dello Sterlino: 16 anni compiuti da poco, Emilio aveva fatto il suo esordio appena un mese prima ma non mostrò alcuna timidezza, infilando con una cannonata il portiere lombardo.

Avrebbe avuto una carriera eccezionale, Emilio Badini. Se solo se.

Già, perché il destino nel calcio è sempre in agguato, e se può accadere al giorno d’oggi che un infortunio possa minare la carriera di un calciatore immaginiamo come potesse essere la cosa quasi un secolo fa, quando il calcio in Italia ancora doveva chiamarsi tale: sarebbe stato il Fascismo a rinominarlo, considerando il termine utilizzato fino a quel momento – Foot-Ball – decisamente troppo internazionale. Emilio Badini giocò soprattutto a Foot-Ball, poco a “calcio”, in quanto il destino si mise nel mezzo proprio mentre sembrava aver raggiunto il massimo del suo potenziale. Dopo aver segnato 11 reti in 16 gare nelle sue prime due stagioni da calciatore, Emilio parte per il fronte dove si distinguerà come Ufficiale dei Bersaglieri, e quando le pallottole smettono di fischiare e il campionato ricomincia si conferma come uno dei più grandi e temuti attaccanti del panorama nazionale nonostante l’ancor giovane età: la stagione 1919/1920 la conclude con 13 centri in 20 partite, la squadra sta crescendo e c’è grande fiducia in città sul fatto che presto arriveranno grandi soddisfazioni.

Il 26 settembre del 1920, inseguendo un pallone in un’amichevole a Padova, Emilio si scontra con il difensore avversario Lorenzo Modulo uscendo dal campo dolorante: la diagnosi è praticamente una sentenza sulle sue ambizioni di stella del Foot-Ball. Il talento, l’uomo dai tiri imparabili, si è rotto un ginocchio, ed immaginarlo nuovamente in campo è quasi impossibile. Emilio, 24 reti in 38 partite riconosciute, non potrà neanche disperarsi troppo a lungo di questo scherzo del destino. Arriva infatti un’altra tragedia, quando nel gennaio del 1921 il fratello Angelo si ammala di setticemia e muore improvvisamente. La città e la famiglia piangono il campione, il leader, e soprattutto l’uomo, quello che insegnava ai bambini a giocare e che avrebbe contribuito a formare un certo Schiavio, quello che aveva creato il settore giovanile e a cui fu presto intitolato il campo dello Sterlino.

Emilio intanto provò a ripartire lontano dalla città che tanto lo aveva amato ma che presto, in parte, lo avrebbe dimenticato per via dei tanti eventi vissuti in quegli anni: la morte di Angelo, il primo Scudetto, l’ascesa del fascismo. Classe, tenacia e determinazione non bastarono a invertire un destino beffardo, che aveva stabilito che proprio a Padova si sarebbe fermata la sua storia in rossoblu, proprio dove era cominciata sette anni prima. Un pugno di presenze nella modesta realtà della SPAL, quindi un breve ritorno in città per vestire la maglia della Virtus Bologna, squadra che in poco tempo scomparirà per un presunto caso di corruzione. Poche partite, qualche gol, la sensazione di non essere più quello di prima né di potere mai più tornare ad esserlo, un dolore persistente. Emilio Badini abbandona il calcio ad appena 24 anni, alle spalle un passato breve quanto glorioso che lo ha visto primo marcatore dello Sterlino, primo vero bomber rossoblu, primo giocatore del Bologna a giocare e segnare con l’Italia. Un campione vero, tanto talentuoso quanto sfortunato e simbolo del calcio incerto, duro eppure tanto romantico di una volta, il calcio in cui il Bologna studiava per diventare grande e scrivere la sua storia, una storia che senz’altro sarebbe stata diversa senza l’apporto dei due grandi fratelli Badini.

Si ringrazia per la collaborazione la Collezione Lamberto & Luca Bertozzi

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