Bologna FC
L’altro spogliatoio – La storia: Bologna-Catania, fine e rinascita in un pomeriggio di maggio – 04 dic
Sabato Bologna e Catania si ritroveranno di fronte. L’ultima volta? Non molto tempo fa, anzi, sembra ieri: 11 maggio 2014, penultima giornata dello scorso campionato. Serie A. Gli ultimi novanta minuti per entrambe.
Infatti al termine di quella partita ecco la retrocessione per entrambe, per un Bologna da tempo in caduta libera e per un Catania che aveva cominciato a crederci davvero troppo tardi.
Si era arrivati a quel pomeriggio, in città, con ben poche aspettative. Erano mesi che i giornali locali stilavano tabelle di marcia, pronosticavano risultati utili e concatenazioni di eventi sugli altri campi. Mesi in cui più che chiedersi come mai una squadra che già faticava a segnare si sarebbe dovuta salvare senza Diamanti ceduto a febbraio (ma con Ibson e Friberg, non dimentichiamoli) si continuava a dire che però c’era il carattere, che Ballardini era uno specialista in salvezze impossibili, che la svolta sarebbe arrivata la partita dopo. E non arrivava mai. Lazaros correva e si impegnava, fine. Il Bologna era tutto lì. Incapace di vincere una gara, incapace di segnare su azione, incapace di fare qualsiasi cosa una squadra debba fare su un campo di calcio.
E il Catania? Gli etnei appena la stagione precedente avevano disputato quello che era stato probabilmente il miglior campionato della loro storia: ottavo posto finale, un passo dall’Europa, una squadra di talenti che – udite udite – non era stata affatto smantellata come spesso capita in certe realtà.
Certo, se ne era andato Lodi, il cervello della squadra, e forse questa cessione era stata sottovalutata. Ma poi? “El Papu” Gomez era stato l’unico sacrificio di un mercato che aveva visto partire anche un nucleo storico ma ormai alla fine di un ciclo (Biagianti, Marchese, Potenza, Morimoto) e arrivare diversi talenti argentini, come ad esempio i terzini Peruzzi (definito un po’ troppo entusiasticamente “il nuovo Zanetti”) a destra e Monzòn a sinistra, uno che addirittura era già stato in Nazionale. E poi un talento magnifico ma da recuperare come Leto, un paio di centrocampisti di spessore come Guarente e Plasil. Insomma, gli ingredienti per sognare ancora c’erano tutti, compreso il più importante, l’allenatore Rolando Maran, finalmente affermatosi in A dopo anni di gavetta. Invece si sa, il calcio è strano. Non giocava male il Catania di inizio stagione. Non benissimo forse, ma in altri tempi certi tiri fuori di un millimetro sarebbero entrati. E certi tiri avversari, forse, sarebbero usciti. Questione di episodi, di distrazioni, di momenti. A volte una partita la perdi anche così. Poi subentrano il nervosismo, la sfiducia. Niente gira più bene. E ti scordi persino come si fa, di “cosa sa”, vincere.
Intendiamoci, questo valeva per il Catania. Il Bologna era stato una pena fin dall’inizio, e lo dice uno che lo sa bene, che aveva Rolando Bianchi e Moscardelli al Fantacalcio. In ogni caso i rossoblù di Pioli prima e Ballardini poi erano riusciti non si sa come ne perché a rimanere davanti ad una squadra che magari faceva meno punti, ma che da febbraio in poi – da quando cioè da Bologna era partito destinazione Cina il buon Diamanti – lentamente aveva recuperato punti su punti. Così, se i tifosi siciliani potevano perlomeno gioire vedendo il carattere, la grinta dei suoi svegliatisi improvvisamente a primavera con la scoperta che nel calcio conta vincere, a Bologna era stato un lungo ed estenuante strazio.
Eppure, a una giornata dalla fine, tutto era ancora possibile. Certo, dipendeva da altri campi, ma bisognava soprattutto vincere. E invece inizio e bum!, sassata di Monzòn (una delle poche gare decenti del terzino fu-Nazionale argentina) e sotto. 1 a 0 per il Catania. Non male per una squadra che deve vincere, gioca in casa e segna ogni morte di Papa. Si andava avanti così, stancamente, per tutto il resto della gara: Bologna incapace di far male a una mosca, con Cristaldo che smentisce tutti quei giornali che lo catalogavano come “la soluzione”. Catania attento dietro, un uomo in meno, occhi sulla palla e orecchie alle radioline.
E poi, d’improvviso, il lampo che non ti aspetti. Morleo raccoglie una respinta dall’ennesimo corner senza costrutto e scarica una sassata che neanche Roberto Carlos. Il “Dall’Ara” esplode, un boato che nemmeno in una finale di Champions League. Perché i bolognesi sono così, hanno imparato che le cose belle raramente gli capitano negli ultimi anni, ma sono dei sognatori.
“Ora la squadra si riverserà in attacco. Lotterà con il coltello tra i denti. Preparati, Catania, che adesso viene fuori la rabbia e…”
Troppo bello. Cinque minuti dopo Morleo perde palla, Monzon (ancora lui, maledetto!) serve lungo Bergessio che rientra e fa secco Curci. 2 a 1.
Fine dei giochi. Retrocessione.
Anche il Catania retrocede, ma qui si parla di Bologna. Di un gol che paradossalmente, forse, ha fatto la fortuna di chi tifa rossoblù.
Già, immaginate se fosse arrivata la salvezza. Oggi sarebbe Serie A, ma con quale futuro? Guaraldi avrebbe – con i soldi dei diritti tv – magari resistito ancora, anzi avrebbe convinto tutti quanti che ehi, era tutto calcolato. Che aveva ragione lui, solo che i tifosi si devono fidare, hanno il paraocchi.
E invece è arrivata la Serie B. Del Bologna della scorsa stagione non è rimasto nessuno o quasi. Morleo, il capitano. Garics e Perez, ma provaci te a piazzare due così, con quegli ingaggi. Che Fusco è bravo, mica è Mandrake.
Sono arrivati giocatori nuovi, costati poco o niente ma affamati, vogliosi, consci di giocarsi chi il futuro e chi il riscatto di una carriera sotto le Due Torri. È arrivato Diego Lopez, tecnico che potrà piacere oppure no ma che insomma, perlomeno è una scelta coraggiosa, insegue il gioco, il recupero del pallone anche quando non è a ridosso della nostra porta. Soprattutto, un giorno di ottobre, sono arrivati degli americani, che forse devono ancora dimostrare tutto ma che perlomeno hanno permesso a chi non sognava da generazioni di tornare a farlo, e hanno mandato via chi voleva condannare il Bologna a vivere per sempre nella mediocrità di salvezze stentate e stagioni – quando andava bene – di un grigiore che non può appartenere a Bologna.
E allora c’è quasi da ringraziarlo, Bergessio. C’è quasi da ringraziarlo, il Catania, che come noi è finito in B e che come noi sogna un immediato ritorno. Sabato il Bologna affronterà chi lo ha mandato in B, ma anche chi ha permesso che finalmente, dopo anni, tutto questo cambiasse. Perché niente mi toglie dalla testa che tutto è iniziato lì, da quel gol di Bergessio.
Che i ringraziamenti però non siano troppo sentiti. In un campionato come questo, tre punti sono importanti sempre. A maggior ragione lo saranno stavolta, adesso che il Bologna non è più “quel” Bologna, quello che quasi aveva bisogno di uno schiaffone, di qualcuno che desse una spinta finale ad un progetto che era sempre stato traballante, poggiato sul niente.
Adesso il Bologna può sognare. E sarebbe bello poterlo fare ricominciando con lo stesso avversario con cui tutto è iniziato. Però magari, visto che molte cose sono cambiate, con anche un risultato diverso.
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