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Napoli-Bologna dietro i dati: la vera immagine del Bologna in finale

La finale vede il Napoli prevalere, ma il Bologna lascia la sua impronta con determinazione e… numeri.

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Federico Ravaglia nel prepartita di Napoli-Bologna a Riad (© Bologna FC 1909)
Federico Ravaglia nel prepartita di Napoli-Bologna a Riad (© Bologna FC 1909)

Il Bologna esce sconfitto dall’Al-Awwal Park di Riyad, ma lo fa con addosso un mix di amarezza e orgoglio. La Supercoppa va al Napoli – che vince 2-0 –, ma dentro la partita dei rossoblù c’è molto più di un risultato: c’è il coraggio di provarci, la disciplina di reggere l’urto e la sensazione netta che il divario, almeno nel gioco, non sia stato così incolmabile come il tabellino finale suggerisce.

Il Bologna e il rischio di giocarsela

I numeri dicono ciò che del resto abbiamo visto: il Bologna non ha rinunciato a giocare. Anzi, ha chiuso la finale con il 51% di possesso palla e con un numero di passaggi praticamente identico a quello del Napoli (451 contro 447). La squadra di Italiano ha cercato di restare fedele ai propri principi anche sul palcoscenico più difficile. La è stata caratterizzata da una buona precisione soprattutto nella costruzione bassa, ma spesso priva di quella verticalità che potesse andare a rompere una difesa strutturata come quella di Conte.
Il Bologna ha provato a palleggiare anche quando la pressione avversaria era feroce, scegliendo di non abbassarsi e di non snaturare il proprio sistema. Una scelta identitaria, che ha dato credibilità alla prestazione ma che, alla lunga, ha esposto la squadra a rischi elevati.

La formazione titolare del Bologna nella finale contro il Napoli (© Bologna FC 1909)

La formazione titolare del Bologna nella finale contro il Napoli (© Bologna FC 1909)

Napoli-Bologna, ecco dove nasce la differenza

È qui il cuore della sconfitta. Il Bologna ha palleggiato, ma ha inciso poco. Il dato di 0,70 expected goals è esplicativo di una produzione offensiva limitata: solo undici conclusioni totali e appena tre nello specchio. La squadra di Italiano ha cercato soluzioni soprattutto da fuori area, accumulando sei tiri dalla distanza, spesso dettati dalla mancanza di spazi.

I soli cinque tiri effettuati dentro l’area di rigore spiegano come il Napoli sia stato capace di proteggere il centro e costringere i rossoblù a girare largo, lontano dalle zone più pericolose. A fronte delle cinque grandi occasioni create dagli azzurri, il Bologna ne ha costruita una soltanto: troppo poco per ribaltare una finale contro una squadra che vive di tecnica e precisione. Gli episodi hanno fatto il resto, con un errore in fase di impostazione che ha spianato la strada al raddoppio e indirizzato definitivamente il trofeo.

Riccardo Orsolini e Vincenzo Italiano (© Damiano Fiorentini)

Riccardo Orsolini e Vincenzo Italiano (© Damiano Fiorentini)

Statistiche che insegnano a lottare

In realtà, il Bologna non è mai sembrato passivo. Ha difeso, accettando il duello fisico: quindici contrasti tentati, contro i nove del Napoli, e un numero più alto di falli commessi (15). Una squadra praticamente costretta a rincorrere ma anche determinata a non mollare. La linea difensiva ha lavorato senza fermarsi, con 29 chiusure e cinque parate di Ravaglia, una delle quali davvero decisive.

I rossoblù hanno vinto più duelli aerei (53%), hanno retto nei contrasti a terra e hanno provato a spezzare l’ordine partenopeo, anche attraverso iniziative individuali. Nel finale, quando le energie sono calate e gli spazi si sono aperti, è emersa la stanchezza, non la resa: il Bologna ha continuato a cercare il gol fino all’ultimo pallone, senza mai abbassare la testa.

La Supercoppa è sfumata, ma il Bologna torna in terre emiliane con una certezza: questa squadra sa stare su questi palcoscenici. Ha giocato una finale vera, pagando a caro prezzo la differenza di qualità. Non è bastato per alzare il trofeo, ma è abbastanza per rafforzare un’identità che, numeri alla mano, ha le carte in regola per essere grande anche in questa stagione.

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