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Cambiaghi, Pobega e la fame di Supercoppa

Cambiaghi e Pobega raccontano un gruppo che non vuole fermarsi: dalle parole dei due rossoblù emerge una squadra consapevole, profondamente legata alla città e pronta a giocarsi tutto, perché “in partite come queste può succedere di tutto”.

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Nicolò Cambiaghi crediti Bologna Fc 1909
Nicolò Cambiaghi (© Bologna Fc 1909)

Ascoltando Nicolò Cambiaghi e Tommaso Pobega ai microfoni della Lega Serie A c’è un dettaglio che colpisce: nessuno dei due parla di impresa. Parlano di voglia, di segni da lasciare, di un percorso che non è ancora completo. Perché il Bologna ormai è una squadra che ha imparato a stare in alto senza sentirsi arrivata.

Vincenzo Italiano durante Bologna-Juventus (0-1)

Vincenzo Italiano durante Bologna-Juventus (0-1) (© Damiano Fiorentini)

Pobega lo dice subito, senza giri di parole:

“Arriviamo con tanta voglia. Voglia di vincere e voglia di lasciare un segno anche in questa coppa.”

Non è una frase di circostanza. Il Bologna si trova a Riad perché ha vinto la Coppa Italia 2024/25, e oggi vive la Supercoppa come un altro terreno su cui misurarsi. È Cambiaghi a sottolineare questo concetto:

“In questo torneo può succedere di tutto, quindi sono convinto che prepareremo la partita al meglio.”

Dentro quel “può succedere di tutto” c’è l’umiltà di chi sa che il calcio non garantisce nulla, ma anche la fiducia di un gruppo che sente di potersela giocare contro chiunque, adesso.

Il rispetto per gli altri è una forma di forza

Quando si parla di avversari, c’è solo ammirazione e voglia di imparare. Cambiaghi e Pobega raccontano il calcio partendo proprio da quelli, ma senza complessi. Pulisic, Rabiot, Barella, Lautaro: grandi nomi, grandi qualità. Non idoli, piuttosto riferimenti concreti. Il Bologna li affronta così: studiandoli, rispettandoli, ma senza snaturarsi. È un dettaglio che dice molto della maturità raggiunta. Non copiare, ma osservare. Non imitare, ma adattare. È un atteggiamento che somiglia molto al percorso del Bologna stesso.

Cambiaghi e Pobega, testimoni di città che abbraccia e una squadra che restituisce

Quando il discorso si sposta su Bologna, le parole si fanno più morbide. Cambiaghi la descrive come “accogliente, vivace e verde, una città da vivere anche fuori dal campo, in quelle passeggiate quotidiane. Pobega insiste prorpio sull’aspetto umano:“È accogliente perché è molto facile stringere amicizia… le persone sono veramente alla mano.” e sulla tradizione – soprattutto culinaria –, che “il bolognese ci tiene a far conoscere.”

Tommaso Pobega in Udinese - Bologna (© Bologna FC)

Tommaso Pobega in Udinese – Bologna (© Bologna FC)

Poi c’è il Dall’Ara, e qui Cambiaghi usa forse l’immagine più potente di tutta l’intervista:

“Ci sentiamo spinti e abbracciati dal nostro pubblico”.

Abbracciati. Non trascinati, non trascinatori. Un rapporto reciproco, che spiega perché questo Bologna sembri sempre giocare con qualcosa in più.

Verso la finale di Supercoppa, senza limiti di velocità

Tra una partita a “l’impostore” giocato in aereo, un rito scaramantico (i tre tiri di Cambiaghi, l’ultima canzone di Pobega dedicata a “una persona molto cara”) e una metafora finale che paragona la carriera a un viaggio in autostrada, c’è un messaggio che viene fuori chiaramente: godersi le tappe, ma senza limiti di velocità.

Il Bologna è in finale di Supercoppa contro il Napoli non per caso, ma per coerenza. E se davvero “il calcio dimentica in fretta”, come dice Cambiaghi, questa squadra sembra aver imparato l’unico antidoto possibile: continuare a camminare, partita dopo partita, con la voglia – dichiarata, ripetuta, autentica – di lasciare un segno.

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