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Calcio

TOP 11 dal 2 al 15 febbraio 2015 – 15 feb

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Diamo il via oggi ad una nuova rubrica, che sarà intervallata dalle mie consuete storie sul calcio e che uscirà quindi ogni quindici giorni. In questa “TOP 11” parlerò di undici argomenti che mi hanno colpito in questo periodo di tempo, ordinandoli in base al mio gradimento. Cominciamo!

11 – Maurizio Sarri
Nel calcio c’è chi misteriosamente non conosce la gavetta e chi invece la fa continuamente, aspettando una grande occasione che a volte non si manifesta mai. Conta il talento, certo, ma anche la fortuna, la capacità di vendersi, il nome e tante altre cose che Maurizio Sarri, napoletano cresciuto nella provincia fiorentina. Che non è stato un neanche discreto giocatore e che ha iniziato la sua carriera da allenatore così in basso che più in basso non si può: dal 1990 in cui siede sulla panchina dello Stia al 2012, anno in cui approda su quella dell’Empoli, ci sono oltre vent’anni di battaglie su campi impolverati, qualche soddisfazione e quelle cadute che rischiano di farti scomparire se hai paura. Ma Sarri non conosce la paura: allena per il gusto di allenare, lo ha sempre fatto e sempre lo farà, sia la promozione toscana o la Serie A. Il suo Empoli è a sua immagine e somiglianza, e ricorda il volo del calabrone: ha le ali inadatte al volo, ma non lo sa e vola. Beata incoscienza di un allenatore che punta sui giovani e che esige spensieratezza, conscio che nel calcio si gioca pur sempre in undici contro undici e che le idee contano, ma anche una società forte che crede in te e ti asseconda. Questo Empoli che raccoglie consensi più con il gioco che con i punti (attenzione) è una delle più belle realtà della A e dovrebbe servire da insegnamento a quei club che pensano che la soluzione a ogni male sia sempre esotica e milionaria.

10 – Zlatan Ibrahimovic World Food Program
Che Zlatan Ibrahimovic sia uno dei più grandi giocatori degli ultimi dieci anni non ci piove. Che sia tra i più grandi di sempre beh, sono opinioni: per me si, per altri no. Poco importa in fondo, mentre al mondo ci sono problemi molto più gravi e importanti. Giusto che quando si gioca a calcio e si parla di calcio si pensi solo al calcio, ma in ogni caso tra le tante cose che lo sport più amato al mondo può fare è quello di condividere messaggi positivi e aiutarci a riflettere, di tanto in tanto. Sarà la persona che è, Ibra, sarà arrogante e presuntuoso a volte – anche se ho sempre avuto il sospetto che sia il suo “personaggio” – ma di certo non ha dimenticato la sua infanzia, le difficoltà, il mondo “diverso” in cui è cresciuto. Ed ecco la sua ultima trovata: tatuarsi sul corpo i nomi di alcune delle persone che soffrono la fame nel mondo: “Sono tanti – ha dichiarato – oltre 800 milioni. Molti dei quali bambini. Se avessi potuto mi sarei tatuato tutti i loro nomi, ma non sono così grande. Grande, si, ma non così grande.” Per poi aggiungere che “così ogni volta che mi vedrete vi ricorderete di loro e di quelli come loro”. Iniziativa davvero lodevole.
 

9 – Bradford e FA Cup
Il campo era pesante, d’accordo. Ma può forse giustificare il fatto che una squadra di Premier cada contro una di Division One? Prima serie contro terza, Sunderland contro Bradford. Il Bradford vince, ed è ai quarti di finale. Siamo in Inghilterra, ovviamente, parliamo di FA Cup, naturalmente. Il più antico ed emozionante trofeo che esista al mondo, dove ogni squadra inglese può partecipare e sognare una vittoria, una sfida contro le grandi milionarie. Inghilterra, si, quel Paese dove giocano molti inglesi, dove si gioca a Santo Stefano e dove le coppe vengono prese sul serio. Forse perché contano qualcosa. Sono anni che me lo chiedo e ancora non lo capisco, per questo lo chiederò a voi una volta ancora: perché la Coppa Italia non può essere così? 

8 – Giampiero Ventura & Gian Piero Gasperini
Vederle lassù fa sorridere: il Torino e il Genoa rappresentano un pezzo di storia importante del calcio italiano, e il loro ritorno nelle posizioni che contano significa forse che si stanno recuperando anche antichi valori che oramai si ritenevano perduti. Esigenze di bilancio portano lontano dal Toro i due protagonisti della cavalcata, Cerci e Immobile: il primo rimbalza tra la panchina dell’Atletìco Madrid e un Milan che non convince, il secondo sprofonda con un Borussia Dortmund che per rinascere lo mette in panchina. Non sono due bidoni, ma forse non erano neanche così fenomeni come in granata, quando a guidarli c’era non a caso quella vecchia volpe di Giampiero Ventura, allenatore saggio ed equilibrato che ha avuto forse meno di quel che doveva. Al Torino il suo lavoro viene messo in discussione ai primi rallentamenti, quando sarebbe invece normale considerare una squadra completamente rifondata e che non ha sostituito Immobile nel migliore dei modi con Amauri e Larrondo. Cairo poteva fare il protagonista, ha saputo pazientare e ci ha visto lungo: il Toro è tornato in corsa per un bel torneo, gioca benino ed è solido. Fa quasi meglio di lui Gian Piero Gasperini, uno dei tecnici più sottovalutati del calcio italiano degli ultimi anni: profondo conoscitore, profeta del bel gioco, la sua organizzazione tattica esalta chiunque, e anche se a gennaio Preziosi gli ribalta come sua abitudine mezza squadra non si perde d’animo e riparte da capo con successo. Bravissimo nell’intuire lo spessore umano dei propri giocatori, ha rispolverato l’ex-talento Niang, che al Milan sembrava perduto. Ah già, “al Milan”. Hai visto  mai che non dipende sempre dall’allenatore quando le cose vanno male? Anzi.

7 – Sebastian Giovinco
Sono contento per Giovinco e per il ricco contratto che ha firmato con Toronto. Al di là del fatto che simpatizzo per la franchigia canadese e che apprezzo il giocatore, e sottolineato l’ovvio – ma mica per tutti – e cioè che sono soldi privati di cui il proprietario dispone come meglio crede, sappiano tutti quelli che dicono che non Giovinco non vale 7 milioni l’anno che in America sanno come far fruttare i propri personaggi e i loro punti di forza, concetto che ad esempio a Bologna sotto la guida di Saputo e Tacopina stanno cominciando a capire. Proprio il Bologna lo avrebbe voluto, ma è comprensibile che davanti a un’offerta irripetibile un giocatore decida di andare, anche perché andrebbe ricordato che i calciatori sono professionisti da oltre un secolo, e come in ogni professione ci sarà chi è libero di inseguire la gloria, chi l’esperienza di vita e chi i soldi e non sta a noi giudicare. E poi, del resto, si parla di un giocatore che anche quando segnava gol a grappoli veniva sempre, immancabilmente, definito “troppo leggero”. In America c’è un altro calcio, si, ma anche e soprattutto un’altra mentalità. Sebastian non si troverà male.

6 – Alessandro Florenzi
Giovane, talento e fisico, italiano. Troppo poco, a quanto pare, perché se ne parli. Eppure Alessandro Florenzi, scoperto da quello Zeman che sui giovani ci ha sempre visto lungo, è un giocatore davvero di sostanza e uno dei pochi motivi per sorridere in un 2015 che per ora regala solo delusioni ai tifosi giallo-rossi. Romano di Roma, prodotto del vivaio, il ragazzo si è imposto rapidamente in una squadra che eppure non lesina a far di tutto per metterlo in difficoltà. Da interno di centrocampo qual’era ha visto acquistare Strootman, Nainggolan, Keita e altri. La risposta: Garcia lo vede più nei tre davanti. Eh, ma poi arrivano Iturbe e Ljaic, viene ceduto Destro ed ecco che arriva a gennaio pure Doumbia, senz’altro abile a svariare sulla fascia. Risposta? Florenzi gioca in difesa, esterno destro basso, in luogo di un Maicon che dopo la bella stagione scorsa sembra aver imboccato la parabola discendente. Lo fa con onestà e applicazione, mai una polemica o quasi. Non ha il talento di un Cassano o di un Balotelli, questo no, ma per fortuna nemmeno una stilla della loro presunzione. È un giocatore che merita fiducia e considerazione, che deve diventare una colonna della Roma del futuro. Basta crederci. 

5 – Diego López
Il tecnico del Bologna dovrebbe decidere cosa fare da grande. Perché per diventare un grande allenatore bisogna necessariamente passare da piazze esigenti e da turbolenze societarie. I fatti: López, con alle spalle solo un anno e mezzo di panca a Cagliari, si è ritrovato in un Bologna appena retrocesso e con una forte crisi societaria, finendo per fare molto meglio del previsto. A ottobre sono arrivati a Bologna i nuovi proprietari americani: ambiziosi, decisi, con le idee chiare. Hanno mandato via Fusco, l’uomo-mercato scelto dalla vecchia gestione e che aveva fatto molto bene, hanno piazzato al suo posto una volpe come Corvino, che a gennaio ha messo a segno sei colpi di cui a occhio quattro o cinque erano buoni anche per la A. E ora che si trova questa fuoriserie sotto il sedere, ecco che López stenta, la squadra patisce in casa e fuori e da l’impressione di vincere più per lo spessore dei giocatori che per una precisa idea tattica. Più di tutto i tifosi lamentano l’assenza di gioco e lo pretendono, come simbolo di una rinascita dopo tanti – troppi – anni di vacche magre. Si, ma López sarà capace di darglielo? Le risposte devono arrivare a breve, anche perché la nuova dirigenza ha dimostrato di non temere eccessivamente i cambiamenti. 

4 – Roma
Doveva essere l’anno della Roma. Che forse Allegri ci avrebbe messo un po’ a prendere il controllo della Juve, forse i giocatori non lo avrebbero accettato e i tifosi ancor meno. E invece alla Roma: tutti con la squadra e con il tecnico, lanciati sulla scia di un ottimo campionato e con un gioco spumeggiante. Regina del mercato, la squadra giallo-rossa, con rinforzi importanti in ogni settore oltre alla ciliegina-Iturbe. E invece, dopo la scoppola presa dal Bayern Monaco in Champions League è stato un lento ma inesorabile calare: poche buone prestazioni, molte battute a vuoto, giocatori involuti o mai arrivati (Iturbe, Cole) e centravanti dalle buone medie realizzative che, con un attacco spento, sono stati sbolognati come Destro. La Roma gioca male, non segna più, il suo tecnico non sembra indovinarne più una e si ostina a seguire un’unica strada. Azzardo: ultimamente i giallorossi raccolgono persino più di quel che meritano. Mi sbaglio? 

3 – Il Milan
Partendo dal presupposto che bisognerebbe domandarsi come mai in un modo o nell’altro tutti finiscano continuamente per fare regali al Milan da alcuni anni a questa parte (Cerci – arrivato in cambio di un altro regalo, Torres – Destro e Paletta sono solo gli ultimi esempi) davvero, cosa succede al Milan? Possibile che Berlusconi e Galliani abbiano perso ogni sorta di tocco magico? Il Milan di oggi è imbarazzante, un “vorrei ma non posso” tra ricordi di una grandezza ormai alle spalle ed un presente a dir poco incerto. Il tutto non nasce da oggi, ma ha radici lontane, nei mercati condotti alla ricerca dei parametri zero (ma con alto ingaggio, come Mexes e Essien) e votati sempre al rinforzare l’attacco. Che i difensori faranno sostanza, ma non audience. Ed ecco un Milan capace di bruciare un tecnico e mezzo e di farlo in modo tale che alla fine risulti colpa loro e non della società. Ma i tifosi non sono degli sprovveduti e se ne sono accorti. E ora? 

2 – Il Parma
Quello che sta accadendo al Parma è roba che non si augura nemmeno ai peggiori nemici. Una squadra con una certa tradizione, espressione di una città certo non qualunque, con una storia recente importante, ridotta così. Ma si può? Forse si, forse il punto è proprio che per diversi anni il calcio a Parma ha vissuto ben oltre i propri limiti grazie a magheggi poi svelati (Tanzi, Parmalat) e ad altri che stanno pian piano emergendo: rimane difficile da credere infatti che tutto nasca, come vogliono far credere in tanti ex-dirigenti, dall’esclusione dell’Europa la scorsa stagione per quell’IRPEF non pagato. Magari bisognava non avere un paio di centinaia di giocatori sotto contratto, esercitare una finanza così tanto creativa. Probabilmente, però, doveva esserci una federazione seria e attenta che non permettesse a chiunque di fare quel che voleva fin quando voleva. Ed eccoci qui: qualcuno crede che i giallo-blù si salveranno? Qualcuno pensa sia normale che un club cambia 5 presidenti in due o tre mesi? Qualcuno pensa, soprattutto, che questo sarebbe potuto succedere in Germania, Inghilterra o Spagna? Ecco.  

1 – Claudio Lotito
Scontato? Forse. Ma il presidente della Lazio, intercettato dal collega dell’Ischia mentre sosteneva che il Carpi promosso in A sarebbe stato una disgrazia, è davvero indifendibile. Vado controcorrente e condanno Lotito principalmente per la miopia con cui analizza la situazione del calcio in Italia: anche fosse vero che ragionava “nell’interesse di tutti” rimane il fatto che è assurdo non capire che il problema del calcio nostrano non è rappresentato dai (pochi) soldi elargiti dalle TV, che anzi per troppo tempo hanno coperto gli errori delle nostre società e che ora non possono diventare un alibi. Il calcio non è solo soldi, è programmazione, idee, regole chiare e fiducia nei giovani, pene certe per chi sbaglia. Tutto il contrario di quello che accade da noi, e la riprova è che in tanti in FIGC si siano affannati a condannare chi ha registrato la telefonata e non le cose che dall’altro capo del telefono sono state dette. Ennesima figura imbarazzante che facciamo agli occhi del mondo. Avanti così, facciamoci del male. 

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