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GP Ungheria 2004, l’apice del dominio Schumacher in Ferrari

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formula1.com


Nella Formula 1 contemporanea si parla tanto del dominio Red Bull. Spesso gli osservatori si lamentano della mancanza di pathos, con gare che vedono spesso Max Verstappen come vincitore. Alcuni esaltano il Circus del passato, quello di Bernie Ecclestone e dei primi anni 2000, caratterizzato dal ciclo di vittorie della Ferrari. Quel periodo, a dire la verità, non fu tanto differente rispetto a quello vissuto oggi, né nei confronti dei cicli vincenti precedenti a questo. Una delle gare che coronò questo periodo fu il Gran Premio d’Ungheria 2004, corso il 15 agosto di quell’anno e vinto dalla Ferrari con una perentoria doppietta.

Michael Schumacher conquistò il suo dodicesimo successo stagionale, il settimo consecutivo, alla tredicesima gara del campionato, che condusse dal primo all’ultimo giro. Secondo arrivò Rubens Barrichello, fedele scudiero del tedesco. Con quell’en-plein la Ferrari si assicurò la vittoria del campionato costruttori, la sesta di fila, con cinque gare d’anticipo. In merito alla classifica piloti, al termine dell’appuntamento magiaro Schumacher conduceva il campionato con 120 punti e 38 di vantaggio sul compagno di squadra Barrichello. I ferraristi erano gli unici matematicamente in corsa in quanto Jenson Button, terzo a quota 65, non poteva più raggiungere il tedesco, calcolando i 50 punti ancora a disposizione, nell’epoca dei 10 punti a vittoria.

2004, l’anno del dominio totale

Nel 2004, ultimo anno del dominio della Ferrari di Luca Cordero di Montezemolo, Jean Todt, Ross Brawn e Schumacher, lo strapotere tecnico della Casa di Maranello fu senza precedenti. La F2004 si rivelò una vettura riuscita sotto tutti i punti di vista e che stupì anche gli ingegneri della rossa durante le prime uscite invernali. In più, l’azienda modenese poteva contare su pneumatici Bridgestone dedicati, cosa che si rivelò un punto di forza unico e, ad oggi, irripetibile. All’epoca c’era il regime di concorrenza tra i gommisti e Ferrari poteva infatti vantare un rapporto privilegiato e quasi di esclusiva con il costruttore giapponese che cercava di rispondere in toto alle esigenze degli uomini di Todt.

Su questo tema Gian Carlo Minardi raccontò più volte un episodio accaduto durante i test pre stagionali di Imola, nel 2003, quando chiuse da poco un accordo con la Bridgestone, dopo la rottura del precedente contratto con la Michelin. I giapponesi non avevano a disposizione pneumatici per la scuderia di Faenza, così Minardi acquistò un paio di treni di gomme dalla Ferrari. Con quelle coperture, le vetture romagnole fecero registrare tempi di poco più lenti dei primi. Nell’aprile successivo, con le gomme fornite direttamente da Bridgestone, quelle prestazioni non vennero più raggiunte. Uno dei tanti misteri della Formula 1.

La gara

Schumacher e Barrichello partirono in modo eccellente, mantenendo il controllo della corsa. Barrichello, tuttavia, dovette difendersi dalle avanzate di Fernando Alonso, partito dalla quinta posizione sulla sua Renault. Juan Pablo Montoya (Williams) iniziò bene e si posizionò dietro Alonso, mentre Takuma Satō (Bar-Honda) perse terreno fino all’ottavo posto. Alla fine del primo giro, Schumacher era in testa, seguito da Barrichello, Alonso, Montoya, Button (Bar-Honda), Jarno Trulli, Kimi Raikkonen (McLaren) e Sato.

Non ci furono sorpassi fino alla prima serie di pit stop, iniziata da Alonso al decimo giro. Al 12º passaggio, Raikkonen rientrò ai box, venendo costretto al ritiro poco dopo a causa di un guasto al motore. Le posizioni di testa rimasero stabili, con i piloti della Ferrari che guidarono con un ampio margine sull’asturiano. L’unica lotta significativa in pista fu tra Sato e Antonio Pizzonia su Williams per il settimo posto, oltre a quella tra Coulthard (McLaren) e Mark Webber (Jaguar) per il decimo posto, conclusasi con un testacoda dell’australiano al 25º giro.

Dopo tre giri, Sato effettuò il primo pit stop della seconda serie. Anche le soste successive non portarono cambiamenti significativi, tranne Trulli che scese dall’ottava alla decima posizione a vantaggio di Sato e Pizzonia, che continuarono a battagliare. A metà gara, Schumacher aveva un vantaggio di circa quaranta secondi su Alonso e cinquanta su Montoya.

Fino al 42° giro non ci furono colpi di scena, finchè Trulli effettuò il primo pit stop, dovendosi tuttavia ritirarsi poco dopo per la rottura del suo propulsore Renault. Questo permise a Giancarlo Fisichella (Sauber) di entrare in zona punti. Le soste ai box non portarono ulteriori cambiamenti. Schumacher conquistò così la vittoria, seguito a quattro secondi dal compagno di squadra Barrichello. Completò il podio Alonso, che giunse sotto la bandiera a scacchi circa quarantacinque secondi dopo il vincitore, seguito da Montoya e Button. Sesto arrivò Sato, poi giunsero Pizzonia e Fisichella, tutti staccati di un giro.

Quello ungherese fu il sesto e ultimo Grand Chelem (pole position, vittoria, giro più veloce e gara condotta dal primo all’ultimo giro) della carriera di Schumacher. Una delle ultime pennellate della sua incredibile carriera-capolavoro.

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