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SBK | Phillip Island 2000, la vittoria di Gobert sulla Bimota

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worldsbk.com


Anthony Gobert sulla Bimota SB8KIl 23 aprile del 2000 fu una data storica per il motociclismo e la Motor Valley. Fu il giorno dell’ultima vittoria della Bimota in un campionato mondiale, nella prima tappa del secondo round stagionale del Mondiale Superbike, sul circuito di Phillip Island.

Il ritorno della Bimota

A cavallo tra il secondo e il terzo millennio, il Mondiale Superbike viveva un periodo d’oro, con grandi campioni e marchi in gara, nonché la possibilità delle wild card che spesso sparigliavano le carte. Inoltre, il campionato era aperto alle piccole case che volevano pubblicizzare i propri modelli di punta attraverso un programma sportivo. Bimota, che di certo poteva essere annoverata tra queste realtà, decise di tornare al mondiale SBK per la stagione 2000, dopo una parentesi nel campionato Supersport. Per farlo, la Casa riminese, che ha sempre deciso di acquistare sul mercato i motori per le proprie moto, decise di montare il propulsore della Suzuki TL1000R, bicilindrico a V sviluppato dall’azienda giapponese e che poi non venne mai montato, in gara, su una motocicletta di Hamamatsu. La moto, che fece un ampio uso di carbonio, era la leggerissima SB8K, che venne affidata al team MVR che, come team manager poteva contare su Virginio Ferrari.

Un’altra possibilità per Gobert

Ferrari decise di puntare su un pilota ancora giovane ma lasciato perdere da tutte le realtà più importanti. Anthony Gobert, classe 1975, era infatti un “enfant prodige” delle due ruote: soprannominato “The Go Show” per la sua guida funambolica, aveva però bruciato tutte le possibilità di avere delle buone selle a causa di uno stile di vita sopra le righe, a base di alcool, droghe e altre sostanze, che gli causarono una squalifica per doping e il licenziamento nel 1997 da parte proprio della Suzuki, di cui era pilota ufficiale nella classe 500 del motomondiale. Ferrari scelse comunque Gobert come suo pilota, riuscendo a costringerlo a rimettersi in forma, arrivando a Kyalami, sede della prima gara dell’anno, in forze. La Bimota pagava molto in velocità di punta, nonostante ciò Gobert riuscì a terminare undicesimo nella seconda manche.

La gara della resurrezione

Mentre il mondo cattolico festeggiava la Pasqua del 2000, la SBK era in Australia, a Phillip Island, la pista di casa di Gobert, per il secondo round del campionato. Poco prima della partenza, sul tracciato iniziò a piovere, costringendo la direzione gara a ritardare di oltre dieci minuti la partenza, per permettere ai meccanici di montare gli pneumatici da bagnato. Troy Corser conquistò la pole position con la sua Aprilia e fu affiancato da Pierfrancesco Chili sulla Suzuki GSX R750, Colin Edwards sulla Honda VTR1000 e Juan Borja sulla Ducati 996 RS privata del team Ducati NCR. Noriyuki Haga partì quinto con la sua Yamaha, seguito da Carl Fogarty sulla Ducati ufficiale, mentre Gobert si classificò undicesimo e occupò la terza fila. All’australiano bastarono pochissimi chilometri per imporre la sua legge. Al via, con la sua Bimota numero 501 partì molto bene, mentre altri piloti furono alle prese con vari slittamenti e traversi. Gobert risalì così lo schieramento superando metro dopo metro quasi tutti i suoi avversari, inseguendo Corser. Alla quarta curva, l’Honda Corner, il centauro della Bimota sorpassò il connazionale portandosi al primo posto, mentre Corser, nel tentativo di inseguirlo, cadde due curve più tardi, non concludendo nemmeno il primo passaggio.

In quel primo giro Gobert sembrò fare totalmente un altro sport e lo concluse con nove secondi di vantaggio su Borja, suo più prossimo inseguitore. Un giro più tardi il divario tra i due fu di ventuno secondi mentre, alla conclusione del terzo giro sui ventidue totali, Gobert ebbe trentuno secondi di vantaggio su Haruchika Aoki, mentre anche Chili cadde mettendo fine alla sua corsa. Al termine del quinto giro Gobert potè contare già di quaranta secondi di vantaggio sui suoi insegutori, mentre al settimo giro Borja, in lotta per il podio, fu vittima di un highside che lo proiettò a terra. Gobert iniziò i primi doppiaggi, tra cui uno su Haga, non accennando ad abbassare il proprio ritmo. Dopo un terzo di gara era primo, con cinquantadue secondi su Lucio Pedercini, secondo con la sua Ducati privata, e cinquantacinque su Fogarty. Fu a quel punto che la pista iniziò ad avere una traccia asciutta e l’inglese iniziò a recuperare su Gobert, portandosi a quarantesei secondi al termine del tredicesimo giro. Il vantaggio di Gobert tendeva ancora all’infinito, ma se la pista si fosse asciugata, la seconda parte di gara avrebbe potuto garantire diverse sorprese. Così non fu, perchè il cielo australiano mandò ancora la pioggia su Gobert e sui suoi avversari. L’australiano sulla Bimota iniziò ad amministrare il suo vantaggio, perdendo progressivamente terreno su Fogarty ma rimanendo comunque imprendibile, tagliando il traguardo sotto la bandiera a scacchi con ventinove secondi di vantaggio sul ducatista e quarantuno su Vittoriano Guareschi, terzo con la Yamaha ufficiale.

Dopo la vittoria

Quello fu l’ultimo trionfo della Bimota e di Gobert, e il futuro non sorrise ad entrambi. Il team MVR non concluse la stagione per via di problemi finanziari, mentre il pilota australiano disputò l’ultima gara dell’anno in SBK, dopo aver conquistato un punto nel motomondiale sulla modesta Modenas di Kenny Roberts, con due ritiri. Nulla però può cancellare quella meravigliosa gara 1 di Phillip Island, che riportò per un momento sia Gobert che la Bimota sul tetto del mondo.

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