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Un circuito al mese – Indianapolis: “The Greatest Spectacle in Racing”

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Sono le due miglia e mezzo più famose del mondo dell’automobilismo. Tra tutti gli autodromi in attività realizzati appositamente per le corse motoristiche, non ce n’è nessuno che può vantare una storia di durata simile a quella dell’Indianapolis Motor Speedway, aperto nel 1909. Ogni anno, a fine maggio, da più di un secolo, trentatré piloti percorrono per duecento volte le quattro curve a 90° gradi a sinistra, lottando per stabilire chi sia il più veloce a completare la distanza. E così prende vita la corsa più prestigiosa d’America, la 500 miglia di Indianapolis, la quale rientra tra le gare (insieme al Gran Premio di Monaco e alla 24 ore di Le Mans) che meglio rappresentano l’essenza dell’automobilismo su pista, nelle sue varie declinazioni. Ad oggi, un solo pilota si è fregiato della Triple Crown, riuscendo a centrare il bersaglio in tutte e tre le competizioni: Graham Hill. Con i suoi 250.000 e passa posti a sedere, è la sede sportiva che può ospitare il maggior numero di spettatori al mondo.

Storia e tracciato

L’ideazione del tracciato si deve a Carl G. Fisher, imprenditore americano nell’allora nascente settore delle automobili. Avendo assistito ad alcune corse in Europa, decise di costruire vicino a Indianapolis, dove lavorava, un autodromo permanente per gare e test. Le prime competizioni si svolsero nel 1909 sul tracciato che all’epoca era sterrato. Data la pericolosità di un fondo del genere, venne presa la decisione di pavimentarlo con dei mattoni. A partire dagli anni ’30 si cominciò ad asfaltare alcune sezioni del circuito. L’asfaltatura venne completata nel 1961, ma venne lasciata una striscia di mattoni spessa una iarda, in corrispondenza della linea di arrivo, ancora visibile e nota come “Brickyard”, nome col quale in precedenza ci si riferiva a tutta la struttura. Per quanto riguarda la tracciatura, diversamente dal tri-ovale di Daytona, è un ovale ottenuto a partire da un rettangolo, in cui angoli sono stati smussati. È composto quindi da quattro rettilinei: quello principale e quello opposto misurano 1000 m, mentre i due più corti 200 m ciascuno. Le curve sono geometricamente identiche, a 90° e misurano 400 m ciascuna. Il banking in curva è di 9° 12’, mentre non vi è pendenza alcuna lungo i rettilinei.

La 500 Miglia

La corsa si svolse per la prima volta nel 1911, nel giorno del Memorial Day, nel quale gli americani ricordano i militari caduti nel prestare il loro servizio alla nazione, che si celebrava il 30 maggio. Dal 1974 tale festività cade l’ultimo lunedì di maggio, e da allora l’evento è fissato la domenica che precede immediatamente questa ricorrenza. A partire dalla seconda edizione, il campo partenti è limitato a trentatré vetture, che si schierano per la partenza lanciata in undici file da tre. La gara è attualmente parte del campionato Indycar Series, la massima espressione dell’automobilismo americano a ruote scoperte. Dal 1950 al 1960 la gara ha fatto parte del campionato mondiale di Formula 1, senza però attrarre i costruttori europei. Solamente un pilota che partecipava al resto delle gare del campionato prese parte alla 500 miglia: Alberto Ascari su Ferrari nel 1952. In quegli anni venne effettuato anche un tentativo di far sbarcare in Europa i costruttori americani, con le due 500 miglia svolte nell’ovale di Monza.

L’evento, pieno zeppo di tradizioni, coinvolge complessivamente due settimane. La prima è riservata alle prove libere, delle quali alcune sessioni sono dedicate esclusivamente ai rookies, cioè a chi, per la prima volta, affronta le insidie di tale gara. Il primo weekend è dedicato alla lotta per la pole position, e, nel caso gli iscritti siano più di trentatré, anche alla battaglia per ottenere un posto in griglia. Ne sa qualcosa Fernando Alonso, che, nel 2019, nella più sfortunata delle sue tre apparizioni in Indiana, non riuscì a superare il taglio e venne escluso dalla gara. Nel corso della seconda settimana sono previste altre prove libere, l’ultima delle quali avviene il venerdì, detto Carb Day, nel quale dal 2003 si svolge anche la gara di Indy Lights, la serie propedeutica più importante tra le formule americane. Per la domenica è previsto un fitto cerimoniale a precedere la bandiera verde. Al termine della gara il vincitore, oltre al trofeo “Borg Warner” sul quale verrà rappresentato il suo volto in basso rilievo aggiunto a quello di tutti i trionfatori delle precedenti edizioni, riceve una bottiglia di latte da bere appena sceso dall’auto. (A seguire )

Altri eventi

Dal 2000 al 2007 l’autodromo ha ospitato il Gran Premio degli Stati Uniti di Formula 1. Il circuito adottato per tali occasioni era un misto tra l’ovale, del quale si percorrevano, in senso opposto a quello normalmente utilizzato, la prima curva e il rettilineo di partenza, e un circuito stradale ricavato all’interno della struttura. L’edizione del 2005 è nota per essere stata disputata da sole sei vetture, in quanto le scuderie che montavano gomme Michelin dovettero far rientrare ai box i propri piloti dopo il giro di formazione, non avendo il consenso da parte della casa francese per disputare la gara, per problemi di sicurezza che avevano portato ad alcuni incidenti durante le prove. La figura rimediata non contribuì di certo alla popolarità della Formula 1 negli Stati Uniti, che fece ritorno, ma in altra location, ad Austin, soltanto nel 2012. Su tale configurazione, rivista nel corso degli anni, si disputa annualmente anche un’altra gara di Indycar, due settimane prima della 500 miglia. Anche il Motomondiale ha fatto tappa all’Indianapolis Motor Speedway tra il 2008 e il 2015. Il tracciato utilizzato era molto simile a quello della Formula 1, ma veniva percorso in senso opposto, inoltre vennero aggiunte delle chicane all’interno per evitare che le moto transitassero sulla curva dell’ovale.

 L’incredibile volata finale della 500 Miglia 2006 (Eyan Holman su YouTube)

 

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