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Virtus Segafredo: per ora è ancora un bruco, ma diventerà farfalla se potrà svilupparsi in armonia. L’editoriale del lunedì

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Non sembrerebbe esserci tanto da dire, dopo la quarta sconfitta interna in campionato della Virtus Segafredo, un record che eguaglia quello dell’anno disgraziato degli spareggi e dell’ormai mitico Doug Cook, se non parlare di crisi. Ed invece mi sento di andare controcorrente e di invitare tutti alla calma, a cominciare dal coach, la società, ed in seguito i tifosi, anche se ognuno per ragioni diverse.

Il coach, in primis, perché la scelta di sbottare come ha fatto ieri – sempre che scelta sia stata – si è già visto che non porta a niente di buono, col sistema arbitrale italiano. L’inadeguatezza del settore fa sì che i classici stratagemmi relazionali non producano alcunché di ragionevole, come un ripensamento su quanto accaduto e magari un briciolo di autocritica: il protagonismo che affligge alcune star del fischietto nostrane le rende immuni dal benché minimo senso di colpa, quindi la provocazione generata con la sfuriata finisce pressoché sempre per ritorcertisi contro. Lo aveva già sperimentato nel recente passato. Se viceversa si è trattato di uno scatto d’ira, allora è anche peggio: la squadra in certi momenti di evidente sbandamento ha la necessità di trovare un timoniere titanico non nell’irruenza bensì nella saggezza, tutto il contrario di quello che si è visto ieri contro Sassari e in presenza di un arbitro come Paternicò.

La società, perché non deve pretendere che i risultati arrivino come le somme su un pallottoliere. Non è che basti aggiungere giocatori ad un roster per renderlo immediatamente migliore, se no sarebbe assai facile e Milano vincerebbe da anni tutto ciò che si può vincere. Ma non è così. La Virtus della scorsa stagione era un gioiellino con determinate caratteristiche che potevano anche rivelarsi un limite col moltiplicarsi degli impegni primaverili, perché un po’ corta in panchina. Questa situazione aveva pregi e difetti: il difetto, appunto, era di non garantire durata nel tempo; il pregio invece era quello di avere dinamiche interne infinitamente più semplici da gestire, per cui sia le gerarchie che lo sviluppo dei giochi si erano potuti sistemare con relativa immediatezza. Partendo, tra l’altro, da zero. Ora, inserire elementi in una macchina che poteva apparire perfetta (ma che poi non lo era, se si ricordano le sconfitte in Intercontinentale e coppa Italia, a differenza di Eurocup e campionato) è estremamente complesso e bisogna dare alla squadra il tempo di metabolizzare i cambiamenti, avvenuti fra l’altra in questa pazza stagione condizionata dalla pandemia. Ci si concentri, nelle valutazioni attuali, più sui successi in Europa al momento molto più importanti, non per sminuire il valore del campionato, ma perché oggettivamente non è adesso che si decidono le cose e non escluderei che questo possa condizionare psicologicamente l’atteggiamento dei giocatori soprattutto in casa, perché in trasferta è stato per ora diverso. Ci sta, dunque, una strigliata nello spogliatoio per richiamare concentrazione, ma non si comincino ad alimentare dubbi sul progetto, che ora come ora sarebbero assolutamente prematuri, intempestivi.

I tifosi, perché non è ancora il momento del lancio delle uova marce. Ci sta la delusione, ci mancherebbe, ma attualmente essere pazienti non significherebbe restare indolenti. Questa Virtus Segafredo rimane un progetto ambizioso al di là di incidenti di percorso che alla lunga potrebbero anche non rivelarsi così determinanti. Si guardi alla storia della Reyer negli ultimi anni. L’importante è farsi trovare pronti nei momenti che contano, play off e final-8, chiaramente dopo che ci si è qualificati. Non escluderei che nei giocatori dopo la “sbornia” negativa della passata stagione si fosse insinuato un po’ questo tarlo. In ogni caso, andiamoci piano con le sentenze apodittiche nei confronti di questo o quell’altro giocatore: anche qui, lasciamo che la storia ci insegni qualcosa: bisogna sempre ricordare quali fossero i giudizi in tribuna su Driscoll e Van Breda Kolff a novembre, nell’anno del loro scudetto? E di Walsh, che sembrava viceversa dio in terra prima di Natale? Poi, fin qui non si è già presentata una analoga situazione, con riscatto immediato in Eurocup a suscitare entusiasmo? Si aspetti allora una eventuale débacle a Monaco prima di trinciare sentenze.

Questa Virtus rimane una squadra di ottime prospettive, al di là di queste sconfitte (che poi tanto casalinghe non sono, visto che con la spinta del pubblico non si può dire cosa sarebbe davvero accaduto). Deve migliorare innanzi tutto l’approccio alla gara, certo, e questo è un fatto psicologico – che non è che si risolva dicendo fai così, e basta – sicuramente da indagare. Poi, però, parrebbe un problema la difesa (27 punti in un quarto sono quasi ridicoli…) che invece si rivela ben più che solo a tratti l’arma migliore della squadra. Parrebbe un problema il tiro dall’arco, ed invece si è visto, statistiche alla mano, che non è propriamente così, e comunque l’arrivo di Belinelli dovrebbe aiutare a migliorarlo. Già Belinelli: c’è anche chi ha imprecato per il suo mancato utilizzo ieri. A parte il fatto che già Djordjevic sabato aveva premesso che al 99,9% non avrebbe giocato per tutelarne l’integrità fisica in una fase per lui molto delicata, avrebbe forse potuto cambiare qualcosa viste le dinamiche createsi nel finale? Piuttosto, diciamolo, la giornata stortissima del dio Milos si è rivelata disastrosa e forse bisognava avere il coraggio di tenerlo fuori in quegli ultimi istanti, dopo aver trovato un -1 insperato. Ma col senno di poi…. Fosse rimasto fuori, e la Virtus avesse perso, in quanto sarebbero partiti col forcone contro lo staff tecnico, fra l’altro orfano del primo responsabile?

Insomma, restano decisamente margini di miglioramento per questa Virtus Segafredo, che deve, ad esempio, anche essere più produttiva contro le difese a zona, e non può permettersi di rinunciare ad un’alta percentuale di contropiedi o alla velocità di un giro-palla capace di stordire gli avversari; che deve, molto probabilmente, mettere da parte certa ingiustificata supponenza nell’affrontare taluni avversari, ma andiamoci piano col dichiarare precoci fallimenti, perché questa è una squadra che manterrà le promesse se verrà lasciata lavorare, soprattutto ora che sta inserendo nel mosaico un tassello fondamentale quanto complicato, sia sul piano tecnico che su quello psicologico, come quello di Marco Belinelli.

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