Tennis
Sir Andy Murray: il sogno britannico
Il grande campione Andy Murray appende la racchetta al chiodo: termina la sua lunga carriera con le Olimpiadi di Parigi.
Nel 1996, durante un comune giorno di scuola, a Dunblane, Scozia, Thomas Watt Hamilton estrasse quattro pistole nella scuola primaria locale. Una tragedia da 16 bambini uccisi, assieme alla loro maestra ed al killer, suicida alla fine dell’attentato. E almeno altri 12 feriti l’hanno scampata per poco. Proprio tra i sopravvissuti a questo tragico evento, figurano due volti noti al mondo dello sport: Jamie Murray, futuro doppista, ed il fratello Andrew, detto Andy.
I due ragazzi conoscevano bene il killer, e si sono salvati, fortunatamente, sotto ad una cattedra. Ma non è per questo che Andy merita di essere ricordato. Il suo contributo al mondo del tennis è stato più profondo di ciò che si pensa. Forse, sarebbe stato addirittura ancora più marcante, se non avesse convissuto con Federer, Nadal e Djokovic.
Una carriera titolata
Giocando in un periodo complesso per ogni tennista, lo scozzese è riuscito a farsi un nome. Chi non ne riconosce la presenza nei Fab 4 probabilmente non ricorda le sue qualità nel momento d’oro. Un contrattaccante da fondo dalle grandi doti difensive e dalle limpide soluzioni, che ha trionfato in 3 slam (solo Wawrinka è riuscito a raggiungerlo nella sua generazione, dietro ai Big 3), 2 Olimpiadi e 1 ATP Finals, alzando ben 2 volte il piatto di Wimbledon.
Proprio il suo trionfo nel 2013 a Londra ha significato la prima vittoria di casa nel Men’s Singles dopo 77 anni. 3 anni dopo si è saputo anche ripetere, guadagnando il titolo di Sir.
Infine, gli appassionati rammenteranno certamente anche la sua vittoria a Roma, in finale su Djokovic, surclassato in due set. Ma ricordarlo solo per le coppe alzate sarebbe ingeneroso verso un grande campione che ha dato tutto per il tennis.
Murray: una carriera di lotta
Nella lotta sul campo e contro il suo fisico è sempre stato ammirevole. Criticato per i suoi atteggiamenti, perché proprio quando sembrava finito, tirava fuori il meglio, anche nella vita lontana dallo sport ha conservato questa tempra.
Testimone di ciò è il celebre infortunio all’anca, dopo il quale nessuno sarebbe rientrato nel circuito. Invece Andy ha sempre lottato ed è rimasto tra i migliori al mondo per altri 4 anni, dopo 36 mesi di sfida con le sue stesse capacità e 3 interventi.
Probabilmente questo è uno dei migliori ricordi che si possa avere dello scozzese, un gladiatore vero, stoico nelle difficoltà e dal cuore enorme. Anche a costo di risultare antipatico agli avversari.
Il ritiro
«Arrivato a Parigi per il mio ultimo torneo: le Olimpiadi. Giocando per la mia nazione ho avuto di gran lunga le settimane più memorabili della mia carriera, e sono orgogliosissimo di poterlo fare un’ultima volta». Le parole di Murray, scritte su X, annunciano una notizia inevitabile, eppure i tifosi si accorgeranno della sua mancanza nel tour. Ad ogni modo, nessuno merita un ritiro tranquillo quanto il britannico.
L’impronta sul tennis moderno
Il suo grande tocco e le sortite a rete, in comune col fratello doppista, hanno ridato brio al tennis, che stava diventando sempre più statico e potente. Alcaraz, forse inavvertitamente, ne è un erede più completo, con smorzate micidiali che ricordano Andy. Anche in Medvedev si vedono sprazzi di Murray, con scambi iniziati da dietro per cercare il campo rapidamente e con aggressività. E questi sono solo degli esempi di un lascito più vivo che mai.
Goditi il ritiro, grande campione, e grazie di tutto.
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