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Zanetti, Milano, Petrucci e il Re nudo

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foto Virtus Pallacanestro

 

 

Tutti, bene o male, conosciamo la fiaba di Andersen del Re nudo (che sarebbe poi “I vestiti nuovi dell’imperatore”), con la gran massa delle persone che non si azzarda a denunciare la nudità del sovrano per timore di non essere considerate all’altezza. In quel caso, era la voce dell’innocenza a smascherare il narcisismo del sovrano. Ecco, oggi sta accadendo qualcosa di simile nel mondo del basket italiano: da un lato un sistema arroccato su una sorta di torre d’avorio, dalla quale viene diretto autocraticamente in teoria per il bene del movimento, nella pratica per il mantenimento del proprio privilegio verticistico; dall’altra, vi è qualcuno che sta osando denunciarne il monopolio, che tutto fa fuorché bene alla crescita della pallacanestro, come d’altra parte è dimostrato dall’involuzione che questa sta vivendo sul piano del gradimento mediatico. È chiaro che sto parlando di quanto avvenuto durante i playoff e tutt’ora agita giornali, social e bar. Non so se corrisponda al vero quanto scritto da alcuni, ovvero che Luca Baraldi avrebbe disertato l’assemblea di Lega per protesta contro il Milanocentrismo, certo è che la Virtus Segafredo ha bandito una sorta di piccola crociata contro qualcosa di assai evidente, il peso “politico” dell’Olimpia Milano sull’ambiente, certificato, fra le altre cose, dalla “casualità” della nomina a responsabile tecnico della nazionale del vice di Ettore Messina (oltre tutto, durante i playoff ed esonerando l’allenatore che aveva ottenuto il prestigioso risultato olimpico della scorsa estate), immediatamente seguita dalla voce dell’inserimento nello staff dell’Olimpia di Peppe Poeta, prossimo vice di Pozzecco in Nazionale. Scelte tutte dettate da motivazioni anche tecniche (non mi sentirete mai dire male di Poeta, uomo e atleta che stimo come pochi); certo che la nomina in nazionale di Gianmarco Pozzecco, che in quanto a palmares come primo allenatore non è che sia così ricco, al posto di un pluridecorato ed esperto quale Sacchetti può risultare qualcosa di più che solo sorprendente, anche senza rincorrere le voci di corridoio diffusesi per l’occasione che, sinceramente, trovo del tutto insignificanti.

Ma vogliamo parlare del sistema cestistico italiano? Da un lato una FIP restia a promuovere qualsiasi rinnovamento, sempre uguale a sé stessa da decenni nonostante il mondo le si stia trasformando attorno, con un presidente confermato in effetti tale col 92% dei voti che è l’emblema dell’immobilismo dell’ambiente; dall’altro una Lega che naviga a vista, in difficoltà nel dialogo coi media principali (vedi i rapporti con le tv, ma non solo) rispetto ai quali appare più succube che propositiva e di conseguenza di scarsissimo appeal per l’imprenditoria che, sola, potrebbe risollevare le sorti di un campionato risvegliato dal letargo per lo più grazie alla discesa in campo del gruppo Segafredo. Il quale, acquisendo la Virtus Bologna, si è proposto quale antagonista dell’Olimpia Milano. Sul piano sportivo, ovvio, ma è proprio sotto questo aspetto che emergono le problematiche: è credibile che il “sistema” risulti in qualche misura condizionato, anche solo psicologicamente, dalla corazzata milanese? Che questo possa in qualche misura riverberarsi sui risultati sportivi?

Partiamo dal fatto che Milano ha diversi piedi, non uno solo, nelle strutture federali; ultimo, il nuovo C.T. È concepibile che questo risulti condizionante? Ne dico solo una: Massimo Zanetti è sotto indagine federale per le dichiarazioni post gara5. E Ettore Messina perché no, dopo che in conferenza stampa ha testualmente detto: “ci sono stati due metri diversi nella situazione che ha coinvolto un giocatore della Virtus, che ha insultato gli arbitri protestando veementemente,… e il nostro giocatore che per aver detto qualcosa che non si è capito ha preso un tecnico, decisivo per la partita, a due minuti e mezzo dalla fine”? Questo, al di là dei toni usati, sul piano del contenuto è tanto diverso da quanto contestato a Zanetti, che ha detto “abbiamo vinto nonostante l’arbitraggio, perché è ora di smetterla di subire questa sudditanza psicologica nei confronti di Milano e di Messina”? Su questa frase si sono costruiti ponti, lanciati anatemi, pronunciate censure di ogni genere, come per dimostrare quanto, in nome dello sport, si debba accettare il risultato sul campo a prescindere, facendo a gara per dimostrare di essere superiori al rilevamento di qualsiasi difetto nell’ingranaggio istituzionale. Vietato, insomma, gridare “Il re è nudo”. Certo, spetterebbe ora alla dirigenza Virtus dimostrarlo in pieno, ma io credo che sia sufficiente rivedere ogni partita di questi playoff azione dopo azione, con occhio critico, si intende, per rendersene conto. Aggiungo solo una cosa: il basket italiano vorrebbe proporsi come ambiente di alta professionalità, mettendo sul piatto realtà quale Olimpia/Armani e Virtus/Segafredo, dietro cui cercano di crescere Tortona, Venezia, Sassari, Brescia e forse altri; società in mano a grandi professionisti, che si dedicano h.24 alla costruzione di un gioco all’altezza, gestendo giocatori milionari. Poi, a giudicarne i gesti sportivi, ci sono arbitri che non possono dedicarsi professionalmente solo alla pallacanestro, pieni anche di buona volontà ma strutturalmente impossibilitati a votarsi con analoga profondità allo studio del gioco e la cui carriera è legata all’apprezzamento di una struttura che ripete bonsai le dinamiche politiche tipicamente italiche. Sinceramente non ho mai creduto alla malafede dei nostri arbitri ed insisto in tal senso, anche se un passato non così antico mi ha anche smentito. Ma che non possa esistere un condizionamento psicologico, quindi inconscio, mi suona altrettanto poco credibile.

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