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A TU per TU – Intervista esclusiva a Carlo Nervo: “Bologna è una regola. Gazzoni come un padre, Mazzone…”

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“Corre se piove, corre dentro al sole Tre più tre per lui fa sempre sette”.

Cantava così l’eterno Lucio Dalla nella sua “Nuvolari”, e questo pensiero potrebbe essere esteso a chi, su quella dannata fascia di un campo di calcio, non si fermava mai.

417 presenze, è il terzo calciatore con più gettoni in gare ufficiali con la maglia del Bologna: davanti a lui solo Giacomo Bulgarelli e Tazio Roversi. Carlo Nervo è uno dei simboli della storia felsinea, leader genuino di una squadra e di una famiglia vera. Abbiamo ripercorso insieme la sua gloriosa esperienza al Bologna, soffermandoci sul suo rapporto con altri simboli dei felsinei, tra tutti Giuseppe Gazzoni.

Come e quando è nata la trattativa con il Bologna?

“Con i rossoblu ho avuto il piacere di giocarci contro, ai tempi del Mantova in Serie C; giocai qualche partita di grande livello. Sono stato notato dal grande presidente Gazzoni che mi ha voluto fortemente. Il mio procuratore ha iniziato a lavorare con la società felsinea e, in poco tempo, la trattativa ha avuto esito positivo”.

Lo ha voluto fortemente Gazzoni, che ricordo ha di lui?

“Sì, mi ha voluto fortemente e per me è sempre stato un orgoglio. Per me era come un secondo padre, è stata una delle persone più importanti della mia vita. Con lui ho vissuto un’esperienza durata 11 anni, e insieme ci siamo tolti grandi soddisfazioni. Era un signore, sotto tutti i punti di vista”.

Il suo primo allenatore invece è stato Renzo Ulivieri.

“Ha sempre avuto un carattere molto forte ed era molto preparato; ha dato un grande segnale alla città e alla squadra. Ho avuto la fortuna di essere allenato da lui per 4 anni, mi ha insegnato molto, regole che ancora oggi mi porto nel bagaglio perché resteranno sempre attuali. Anche lui, come Gazzoni, mi ha influenzato in maniera determinante”. 

Dalla C alla A in maniera incredibile, che salto di categoria è stato?

“In Serie C eravamo fortissimi, non c’era nessuno come noi. Avevamo una squadra costruita per ambire alla promozione. In Serie B, all’inizio, nessuno ci vedeva nelle prime posizioni di classifica: ribaltammo il pronostico. Siamo tornati in Serie A, l’unica categoria in cui il Bologna merita di giocare.”

Ha giocato con Kolyvanov, che calciatore era?

“Il più forte giocatore con cui io abbia mai giocato. Era un qualcosa di incredibile. Aveva un estro, una fantasia, fisicamente era possente. Non ho mai capito se fosse destro o sinistro, non vedevi la differenza quando giocava”.

L’arrivo di Roberto Baggio cosa ha significato per il Bologna e, lo spogliatoio, come vive un arrivo del genere?

“Fu un trasferimento inaspettato anche per noi. Quando in squadre come queste arriva un fuoriclasse così è normale che inizialmente c’è un po’ di imbarazzo, ti scombussola un po’ i piani. A livello mediatico crescemmo molto, arrivammo a 20 mila abbonati al Dall’Ara ma, soprattutto, ci fu un entusiasmo pazzesco. Giocare con Baggio ha fatto crescere tutta la squadra”.

Da Ulivieri a Mazzone, da Baggio a Signori. Passaggi di consegne niente male?

“Assolutamente no, perché Signori, come Baggio, ha lasciato un segno indelebile in rossoblu. Mazzone fu un’altra vittoria per tutta Bologna, lui è uno degli allenatori italiani più bravi di sempre. Lui ci faceva sentire tutti importanti allo stesso modo, anche chi non giocava: aveva creato una famiglia e tutte queste sensazioni positive si vedevano anche in campo. Con questi arrivi importanti il Bologna era una squadra ancora più rispettata di prima”.

In campo urlava più Ulivieri o Mazzone?

“Ulivieri, anche perché, giocando sulla fascia, la sua voce mi accompagnava in ogni mia azione. Entrambe erano due persone carismatiche in campo, ci tenevano alla partita e guai a sbagliare”.

La vittoria della Coppa Intertoto fu un grande traguardo.

“Era la mia prima esperienza a livello europeo, quindi all’inizio sentivo la pressione. In quel torneo giocammo alla pari con tutte, siamo riusciti a costruire qualcosa di importante e la vittoria finale è stato il giusto premio per noi”.

Dalle gioie ai rimpianti, come quella finale maledetta con il Marsiglia.

“Una cosa pesante da digerire, non meritavamo la sconfitta. Se avessimo raggiunto la finale avremmo vinto la Coppa, perché eravamo in un momento in cui la squadra era carica al massimo. Un rigore ci ha distrutto, ci ha tagliato le gambe. Abbiamo fatto un bel percorso quell’anno, ci è mancata la ciliegina sulla torta”.

Se quella gara fosse stata ripetuta, come sarebbe finita?

“Avremmo vinto”.

Il gol più importante con il Bologna ha un sapore europeo?

“Esatto, quello a Lisbona contro lo Sporting. Era il mio primo gol in terra europea e fu un’emozione incredibile, anche perché poco tempo prima giocavo in Serie C. Un ricordo bellissimo”.

Un altro momento indimenticabile?

“Quando sono stato convocato in Nazionale, un traguardo che ho raggiunto soprattutto grazie al Bologna, e per questo motivo sarò sempre grato ai rossoblu”.

Il rapporto con la tifoseria?

“Ottimo, dall’inizio alla fine. Bologna è una piazza importante dove il tifo si fa sentire. C’è una passione importante che ti trascina. Le persone, a Bologna, ti fanno star bene”.

Luca Carboni dice che Bologna è una regola, ha ragione?

“Sì. Ho fatto l’errore di non trasferirmi a Bologna, ma ogni volta che posso ci torno. C’è tutto quello che serve per poter vivere bene: Bologna è una regola”.

 

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