Bologna FC
Un pesce prelibato dalla testa
Quando qualcosa è buono, lo si vede al primo impatto. E a vedere la dirigenza del Bologna, ciò che ha costruito, la sensazione è proprio la stessa.
Probabilmente nessuno aveva mai utilizzato questo detto al contrario, ma c’è sempre una prima volta. Ed è normale dire così, quando si parla del Bologna. Già, perché spesso, quando le cose vanno male – e non serve guardare troppo lontano, ma spesso anche per le altre squadre – vien facile dire “il pesce puzza dalla testa”, per sottolineare le colpe della dirigenza, dal presidente in giù.
Invece, quando si parla del Bologna, è sempre il contrario: i meriti vanno subito ai giocatori e alla loro guida (prima Thiago Motta, ora Vincenzo Italiano). Poi, però, è immediato il passo “precedente”: chi ha costruito tutto questo? Un presidente non esente da critiche negli anni precedenti (eufesimo). Un AD sempre con i piedi per terra (ma con un sogno), e due dirigenti di campo di alto livello, e uno dei due è probabilmente il migliore di tutti.
Vincenzo Italiano e la dirigenza del Bologna (© Bologna FC 1909)
Il Bologna parte da lontano e arriva piano…
«Entro dieci anni arriveremo in Europa». Più gli anni passavano, più arrivavano salvezze e una “piatta”, se così si può dire, che non lasciava contento nessuno. Men che meno colui che aveva pronunciato quella frase, Joey Saputo. Perché l’italo-canadese, nel Bologna, ci credeva davvero. Anche quando in molti lo contestavano, credendo di aver davanti un mero business-man, interessato solo ai soldi. I suoi, però, in quegli anni li metteva per risanare la società, e permettere di rimanere a livello. Certo, anche con cessioni mal digerite dalla piazza: il calcio, però, da una decina d’anni a questa parte, richiede anche questo.
Joey si circonda di persone fidate. Come Claudio Fenucci, un dirigente navigato per la Serie A. Un dirigente che sa come funziona la Serie A e sa come si può arrivare al successo. Nessuno è perfetto, però, e la montagna non è semplice da scalare. Proprio in quel periodo di magra, dove si teme il peggio, arriva sulla panchina Rossoblù un ambizioso allenatore, ruvido ma buono allo stesso tempo. Uno che quella panchina la conosce già: Sinisa Mihajlovic. E da quel momento il Bologna, pur non sapendolo, cambia marcia.
Claudio Fenucci (© Damiano Fiorentini)
…ma festeggia, e rende merito alle idee
La storia la conosciamo tutti. Come è andata con Sinisa, e quando quell’uomo abbia lasciato alla società e alla città di Bologna, ai suoi abitanti e seguaci della squadra. Nella sua ultima estate, però, l’ambizione trasmessa e recepita a pieno da una dirigenza che intravedeva i frutti del lavoro porta al nome più importante di tutti: Giovanni Sartori. Si, colui che aveva costruito il Chievo dei miracoli e un’Atalanta capace di arrivare ai vertici della Serie A. E la storia cambia completamente. È il momento del salto in avanti anche per Marco Di Vaio, uno che conosce a menadito Bologna e sa cosa vuole, sa di campo e sa, soprattutto, di giocatori buoni.
È una premiata ditta il duo Sartori-Di Vaio, ma è una coesione totale ai vertici del Bologna. Allenatori giusti, giocatori giusti, ambiente sano e la conseguenza diretta: i successi. Fuori dal campo, con un movimento Rossoblù sempre più in crescita proprio per quello che trasmette questa squadra. Dentro al campo, con record di punti, Europa e Coppa Italia, proprio quella che sognava quell’AD arrivato tempo prima. Ora sembra tutto bello a Bologna, dove addirittura gli esterni alimentano un sogno proibito. Ma, come ben sappiamo noi altri di città e non solo, il pesce è prelibato perché ha una testa buona.
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