Bologna FC
La scelta di Italiano: niente stelle, solo una costellazione (Stadio)
Può sembrare un paradosso, viste le formazioni sempre diverse schierate da Vincenzo Italiano, ma il tecnico sta plasmando un Bologna dove nessuno è escluso.
Quando un allenatore predica coerenza e la mette in pratica, il risultato si vede. Vincenzo Italiano, alla vigilia di Bologna-Genoa, aveva lanciato un messaggio chiaro: «tutti in ballo». Non uno slogan di circostanza, ma un principio che voleva ribadire ai suoi uomini: in questa squadra nessuno è escluso e ogni giocatore conta. Il giorno dopo, sul prato del Dall’Ara, le sue parole hanno preso forma concreta.
Un Bologna costruito sul gruppo
A conferma di questa filosofia, Italiano ha schierato una formazione che, come sempre, non lasciava spazio a gerarchie consolidate: in difesa Vitik, Heggem e Miranda, mai insieme fino a quel momento; in campo anche De Silvestri, Bernardeschi e Dominguez. Scelte che, sulla carta, potevano sembrare azzardi. Eppure erano la dimostrazione più lampante della fiducia che l’allenatore nutre per l’intero gruppo, mettendo il concetto di squadra al di sopra delle singole individualità.
Il risultato? Non tutto ha funzionato alla perfezione, ma è secondario. Perché l’idea di Italiano non si misura soltanto con il tabellino finale: la vittoria è anche il rispetto dello spogliatoio. La coerenza, in un calcio che spesso nutrito da frasi fatte, diventa un collante più forte del risultato in sé.
La doppia vittoria di Vincenzo Italiano
Il passo successivo è stato naturale: dal «tutti in ballo» al «Bologna è di tutti». Non un nuovo motto, ma la realtà quotidiana di Casteldebole. La partita con il Genoa, infatti, non è stata solo un test tecnico, ma anche un messaggio rivolto ai suoi calciatori. Italiano aveva già storto il naso dopo Milan-Bologna, dove aveva visto un gruppo passivo e incapace di reagire.
Così, più che una semplice vittoria, quella contro il Genoa ha rappresentato una doppia affermazione per l’allenatore: sul campo e nello spogliatoio. Perché, anche se fosse arrivato un pareggio, il segnale trasmesso al gruppo non sarebbe cambiato. E questo è il punto: lo spirito deve restare lo stesso della scorsa stagione, quando chi giocava sapeva di rappresentare anche chi rimaneva in panchina, e chi non entrava non smetteva mai di sentirsi parte del progetto.
Fonte: Claudio Beneforti, Stadio
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