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Di Vaio: ”Mercato? Non ci saranno stravolgimenti. Bologna è la mia città”

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crediti immagine: Bologna Fc

Questo pomeriggio il direttore sportivo del Bologna Marco Di Vaio è intervenuto a ‘Quasi Gol’, trasmissione radiofonica di Nettuno Bologna Uno condotta da Leonardo Vicari.
Di seguito l’intervista.

Marco tu sei un bolognese d’adozione, sono 14 anni che sei qui.

”Sono arrivato qui con la mia famiglia carico di speranze e volontà, venivo da un anno complicato. L’unica cosa che volevo era mettermi in gioco per dimostrare che valevo ancora la Serie A. Non pensavo che questa esperienza potesse durare così tanto”.

Sul gol al Vicenza.

”E’ una rete che è valsa molto, dopo una settimana abbiamo vinto a Milano. C’è stato subito feeling”

Quell’anno hai salvato una squadra insalvabile

”Sapevamo che avremmo dovuto fare qualcosa di importantissimo. Le altre squadre hanno commesso errori, per esempio il Torino non pensava di trovarsi immischiato nella lotta salvezza, noi ne abbiamo approfittato”.

Vi siete capiti subito con Bologna?

”Non subito, all’inizio sono state solo rose senza spine, poi le spine sono uscite solo dopo. E’ normale in una città con la storia di Bologna. Dopo 14 anni, posso dire che amo vivere a Bologna, rimango convinto che questa sia la città del mio cuore.
E’ cambiata molto in 14 anni, non sempre in meglio, però il problema del bolognese è che non si rende conto della fortuna che ha nel vivere in una città così”.

Sulla costruzione dal basso.

”La bellezza dei nuovi allenatori è che provano a giocarsela sempre, nonostante i limiti della squadra. Bisogna poi essere bravi a capire la propria squadra. Non bisogna però forzare la mano, capendo i limiti dei propri difensori. Bisogna portare gente che sappia giocare dal basso, partendo dal portiere. Servono giocatori che sappiano giocare la palla.
Far fare un passo in avanti al portiere è una buona moda, le nuove regole te lo impongono. E’ importante la parte tecnica ma anche saper riconoscere gli spazi”.

I 52 punti sono un desiderio legittimo del presidente, ma non sono una meta stringente per il giocatore. Forse non viene percepito come un qualcosa che svolta la carriera. Qual è l’obiettivo del Bologna?

”I 52 punti rappresentano il traguardo più importante degli ultimi anni del Bologna, questo sarebbe un primo step e non l’obiettivo finale. Servirebbero per mettere un primo step, per costruire qualcosa di importante. Sappiamo che la nostra gente e il presidente vorrebbero qualcosa di diverso. Questo obiettivo è solo per cercare di alzare il nostro livello nella continuità, che è la cosa che più ci è mancata negli ultimi anni”.

Cosa cambia da 46-47 a 53-54 punti?

”La nostra volontà è quella di dare stabilità a un livello superiore al club, superare i 53-54 punti vuol dire fare un salto. Sembrano pochi 5-6 punti ma ti danno una dimensione diversa, poi non deve finire lì. La nostra fortuna è la forza di Saputo e la sua serietà con cui affronta questa esperienza e le eventuali problematiche”.

Arrivare in semifinale di Coppa Italia significherebbe tanto per Bologna. Perché alcune squadre non puntano su questa competizione?

”Noi dobbiamo puntarci, siamo inciampati in brutte partite negli ultimi anni in Coppa Italia, questo non ce lo possiamo perdonare. La Coppa Italia ha una forma brutta ora, abbiamo provato con Fenucci a cambiarla, ma c’è la volontà di tenerla così perché in questo modo diventa una scappatoia per alcune squadre per migliorare l’annata. Noi adesso giocheremo a Roma e per noi è un turno complicato, sarebbe stato bello metterla con il sorteggio integrale per avere la possibilità di giocare davanti ai nostri tifosi. Sarebbe da riformulare.
Noi giocheremo con la miglior formazione il 19 gennaio”.

Sul gruppo attuale e sul mercato di gennaio.

”E’ un gruppo che va protetto insieme all’allenatore. Va aiutato a essere sfoltito leggermente e a migliorarlo. Non ci saranno stravolgimenti nel mercato invernale. Se dobbiamo prendere qualcuno saranno giocatori in cui crediamo, due giocatori che il mister possa ritenere utili. Numericamente siamo già messi bene. Thiago Motta è molto contento della qualità della squadra, per la sua idea di calcio vuole sfoltire la rosa e dare la possibilità ad alcuni ragazzi di andare a giocare con continuità e mettere dentro giocatori di livello”.

Prenderete un terzino sinistro?

”Piacerebbe a Motta, si”.

Cercherete titolari?

”Proveremo ad alzare il livello, e per farlo ci vogliono giocatori che si possano almeno giocare la titolarità”.

Oltre al terzino?

”Un esterno alto, se dovessimo riuscire a piazzare Sansone che sta avendo poco spazio ed eventualmente Vignato che però vorremmo tenere per il futuro”.

Servono gol?

”Ci mancano i gol di Barrow, Musa può e deve fare di più”.

Quando si deve smettere di aspettare un giocatore?

”E’ questione di atteggiamento e di voglia. Quando un giocatore non vede più possibilità di migliorare in un posto ci puoi fare poco. Per Barrow e Orsolini non è così, anche se sono stati vicini ad andare via, avevano richieste e con il vecchio modulo sarebbe stato difficile trattenerli. Poi hanno capito la nostra volontà di tenerli e alla fine hanno trovato quello che cercavano, ma non è stato semplice. Molto fa anche la città. Non è facile mandare via i giocatori da Bologna, non è difficile invece portarli qui perché abbiamo dato credibilità al nostro club e adesso c’è la volontà da parte dei giocatori di venire a giocare qui”.

Malinovskyi è impossibile?

”Ha numeri impossibili per noi. E’ molto complicato per il livello in cui gioca, è destinato a restare a giocare l’Europa. Abbiamo cominciato a portare qui giocatori poco conosciuti e li abbiamo fatti crescere, ora dovremo alzare il livello”.

Il Bologna è riuscito a convincere Medel e Arnautovic a venire qui per diverso tempo.

”Dovevano rilanciarsi, volevano tornare in Italia e noi ci siamo fatti trovare pronti. Le nostre parole sono state credibili, se sono qui vuol dire che comunque ciò che proponiamo è qualcosa di credibile”.

Parola ai radioascoltatori.

Qual è la giornata tipo tua e di Sartori?

”La mattina arriviamo molto presto perché Motta e la squadra si allenano alla mattina. Seguiamo la seduta e al pomeriggio parliamo con l’allenatore, guardiamo alcune partite di giocatori che seguiamo e poi diamo spazio ad appuntamenti vari. Giovanni è perennemente al telefono, sono 30 anni che fa questo lavoro e ha tante persone che lo chiamano”.

Su Carnesecchi.

”L’Atalanta non lo avrebbe mai dato, lo ha mandato a giocare in B anni fa. Abbiamo provato a prenderlo quando era molto piccolo, prima che andasse a Bergamo”.

Vedremo mai Zirkzee e Arnautovic insieme?

”Bisogna vedere cosa decide Motta. Secondo me possono giocare insieme e li vedremo, sarebbe una soluzione interessante”.

Sulla scelta di Thiago Motta.

”Il primo mese è stato il peggiore da quando sono dirigente, è stato complicato l’inizio. Mi dispiaceva per lui perché l’ambiente era teso, l’unica ricetta che funziona in questi casi è il lavoro e lui l’ha seguita. Ha acquisito credibilità e ora abbiamo ottenuto questi risultati. Sono convinto che andremo avanti a lungo”.

Come è stato scelto Motta?

”Era disponibile, abbiamo fatto valutazioni per lui, De Zerbi e Ranieri. I confronti con loro si sono avviati dopo l’esonero di Sinisa. Con Mihajlovic abbiamo avuto una storia importante e per questo abbiamo dato priorità a risolvere la situazione con lui. Per questo abbiamo perso quella settimana. Dopo i confronti Thiago ci ha dato la sensazione di poter costruire un progetto”.

Un giudizio su Santander.

”E’ stato scelto in un momento particolare dal punto di vista delle punte. C’era Destro che era in fase calante e in campo non riusciva a dare sostegno alla squadra perché ha altre caratteristiche. Avevamo un budget non altissimo, Federico poteva darci presenza come ha dimostrato il primo anno. Dopo Federico non è giudicabile perché ha giocato poco per via di problemi fisici, è sempre stato un grande professionista però. Non ha segnato tanto, ma regalava comunque emozione. Ha visto sempre in noi serietà e ha capito che le scelte erano tecniche. Ci siamo salutati e abbracciati, è stato importante”.

Chi ha preso Ferguson?

”Lo seguivamo da un anno. Poi anche Giovanni lo aveva nel taccuino, ci serviva un centrocampista e siamo andati su di lui. Abbiamo accelerato perché lo voleva anche il Lecce. E’ stata anche una questione di status, inoltre Hickey ha parlato a Lewis di Bologna e questo sicuramente ha aiutato”.

C’è stato un momento in cui hai capito che Bologna era la città giusta?

”Da subito l’ho capito. Amo Bologna per il centro, ci vivo. E’ un posto dove sto molto bene e quando vedo San Luca mi sento a casa”.

Il Bologna in futuro potrà trovare un altro Medel o Arnautovic?

”Saremo sempre pronti a vedere queste possibilità. Sono situazioni particolari che si creano nel tempo e bisogna avere la forza e la fiducia di riportarli al loro status di grandi giocatori. Questa città dà questa possibilità”.

Altri over 30 hanno fatto molto bene, per esempio Maietta, Matuzalem e Palacio.

”Lo stesso Dzemaili ha fatto molto bene qui. Rodrigo è stato il campione perfetto”.

Su Skov Olsen.

”Dal punto di vista economico non abbiamo perso soldi anche se lui non ha dimostrato il suo valore come invece sta facendo ora. Dal punto di vista tecnico è un mio rimpianto personale.
Noi abbiamo trovato il vantaggio con Verdi, lo abbiamo preso al momento giusto e lui ha espresso qui la sua massima bellezza calcistica. Andreas sta facendo vedere ciò che sa fare perché arriva dopo due anni di sofferenza di Bologna. Ha sofferto molto e questa sofferenza l’ha fatto maturare”.

Sul settore giovanile.

”Le nostre giovanili stanno facendo bene, se si pensa anche ai risultati ottenuti lo scorso anno. Ci vuole molto coraggio e bisogna condividere le cose con l’allenatore. Con Sinisa avevamo deciso di portare in ritiro alcuni giovani nella scorsa estate, poi però ci sono state difficoltà perché ci vuole la presenza dell’allenatore. Thiago si guarda tutte le partite della Primavera e farà le sue valutazioni”.

I sei gol di Milano bruciano ancora?

”Bruciano, perché perdere in quel modo non piace a nessuno. Ha interrotto un momento positivo, abbiamo avuto la sensazione di averla buttata all’aria e ci siamo fatti condizionare. C’è stato rammarico ma Motta ha saputo comunicare bene con il gruppo e si è preso la responsabilità dell’accaduto. Ciò ha permesso di vincere con il Sassuolo”.

Il tuo rammarico più grande?

”Ho avuto la fortuna di giocare con una grande nazionale, ho fatto un Europeo. Peccato per non essere andato al Mondiale del 2002 che forse avrei meritato più dell’Europeo. Ho giocato con dei campioni che hanno fatto la storia del calcio italiano”.

Perché questo distacco della società verso i tifosi?

”Per parlare bisogna capire i momenti giusti, il dialogo con il tifo ci deve essere e Bologna ha bisogno di questo. Quando sono arrivato qui c’era la tribunetta al centro sportivo ed erano presenti sempre alcuni tifosi. Bisogna stare vicino alla gente e comunicare con i tifosi”.

Ti sei sentito un personaggio divisivo negli ultimi anni?

”Si, ci ho pensato molto. Non ero pronto a fare il dirigente perché per farlo occorre un percorso. All’inizio mi occupavo molto della parte umana dei calciatori, è stato un percorso difficile allontanarsi dal campo. Sono sempre stato rispettoso dei ruoli, ho fatto un percorso netto e ora sono direttore sportivo. Non mi ha regalato niente nessuno, io ho parlato a Saputo ma lui conosceva già la storia del Bologna e lui ha fatto tutto da solo. Ci siamo conosciuti a Montreal e lì c’è meno distacco tra allenatore e presidente e così abbiamo legato. Lui poi mi ha chiesto di occuparmi della parte sportiva del Bologna, in seguito lui ha preso potere nel club e ha iniziato ad avere un rapporto completo con Fenucci. Io mi sono costruito le cose da solo. Il Presidente parla con Fenucci e poi ci confrontiamo e spesso facciamo riunioni. Io non avevo idea di cosa volesse dire diventare direttore sportivo, sapevo solo che volevo vivere a Bologna. Io da quando sono qui sono tifoso del Bologna e mi sono costruito questa opportunità, lavorando con grandi direttori sportivi. Penso di fare questo lavoro con passione ma anche con la mia responsabilità. Prima non ho mai smentito alcune responsabilità che mi sono state date, forse sbagliando ma davanti avevo persone che comunque dovevano essere loro di fronte al pubblico. Io lavoravo con loro, ero un supporto, adesso è diverso: il responsabile sono io, anche a livello comunicativo. La gente si aspettava di più rispetto al mio ruolo reale. Mi sono preso più responsabilità di quelle che effettivamente avevo, ma non ho mai voluto smentirle. Ho avuto il vantaggio di vedere lavorare diversi direttori sportivi importanti.
Ho lavorato i primi quattro anni gratis perché ho spalmato un bonus che avevo a Montreal, ma questo non lo sa nessuno. Io lo faccio con amore, non è facile questo lavoro. C’è molta passione dietro a questo”.

(Fonte: Radio Nettuno Bologna Uno)

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