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Bologna

Grandi Pensieri di Mattia Grandi

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Si potrebbe cadere facilmente nella trappola del disfattismo dopo una serata da nulla cosmico in zona Fuorigrotta, Napoli. Effettivamente non è semplice commentare una partita nella quale fatico terribilmente a stanare elementi utili per arrampicarmi sullo specchio della fiducia. Le ragionevoli preoccupazioni della vigilia trovano riscontro sul manto erboso del San Paolo dinanzi ad una delle dichiarate pretendenti al tricolore stagionale. Non saranno tutte trasferte vesuviane ma l’alibi del macroscopico sbilancio tecnico al cospetto del blasonato avversario non calza ad un Bologna nullo per l’intero match. Mancano idee, schemi e, soprattutto, interpreti. Manca anche quella reattività psicologica capace, nella passata stagione, di spronare la truppa nelle giornate meno rosee. Come a dire, un senso interno di arrendevolezza, scoramento, vorrei ma non riesco. I cronisti Sky raccontano di un dialogo Pioli-Moscardelli del tipo: “Mosca, tienine uno però…”, “Quale tengo Mister, sono in tantissimi…”. Robe da Juvenilia-Tozzona per chi abita dalle parti di Imola. Ma tralasciamo. C’è poco da girarci attorno, tutti i reparti godono di lacune lampanti. Curci malissimo, insicuro e colpevole sul vantaggio griffato Callejon. Difesa improponibile nei centrali e sugli esterni. Antonsson-Natali è un biglietto di sola andata per gli inferi, Garics in qualsiasi altra squadra partirebbe dalla panchina, Cech è arrivato da due giorni, buona grazia che i magazzinieri hanno approntato la maglia. Khrin-Della Rocca non accendono mai la luce (perchè non sono nati calcisticamente con quel piglio), Diamanti è controllato a vista dagli 007 in maglia azzurra, i greci latitano (Lazaros da matita rossa) e Rolandone Bianchi è un’entità dispersa nel mare in burrasca rossoblu. In panchina non c’è nulla. Stefanino prova il jocker barbuto Moscardelli e il figliol prodigo Perez. Il game over è già comparso sullo schermo nero. Alziamo il velo. Il Bologna visto oggi è una robetta da cadetteria. Poi ce ne sono altre simili ma poco importa. Se l’omino con il 23 sulla schiena non gira siamo ai canditi, se da qui a sette giorni non arrivano rinforzi adeguati si rischia una partenza in stile Pordoi. Considerando anche una tipologia di preparazione incentrata sullo scatto iniziale in campionato ed un centrocampo, per esempio, rodato sulle movenze tattiche di un ragazzo che milita nell’Inter. Giusto per rimembrare l’attualità di scelte societarie che in qualche modo si ripercuotono inevitabilmente sugli assetti tecnici-tattici-psicologici del gruppo. Comprare per alleviare il malumore generalizzato non ha senso, servono uomini pronti e funzionali nell’Emmental emiliano. Esterno d’attacco subito, Lazaros è un buon panchinaro. Centralone difensivo immediato se Sorensen si deve operare. Servirebbe anche una punta o un corso avanzato di autostima per Acquafresca affranto da un veto tecnico onestamente inspiegabile. Poi c’è da sfoltire la rosa per un monte ingaggi, quello sì, da Europa League. Domenica debutto al Dall’Ara e primo crocevia stagionale. Affermativo, già alla seconda di campionato. Si rischia la crisi di identità, i primi segnali sono eloquenti. La squadra di Rossi ferita dalla freccia dell’Apache Tevez è una compagine quadrata di tutto rispetto con un Gabbiadini in più, loro. Invidio a Pioli solo lo stipendio mensile, tutto il resto è un castello di carta che potrebbe crollare al primo soffio di Tramontana.

Mattia Grandi  

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