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Orsolini: «Contro la Fiorentina siamo diventati un tutt’uno con lo stadio»

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Damiano Fiorentini / 1000cuorirossoblù.it


È molto emozionato Riccardo Orsolini, quando ricorda quegli ultimi momenti della partita contro la Fiorentina. Nell’intervista rilasciata al Corriere dello Sport il veterano del Bologna racconta i tanti aspetti magici di questo meraviglioso periodo dei rossoblù, passando dalla passione dei tifosi alla sua storia con la maglia dei felsinei, dallo stile di gioco di Thiago Motta ai suoi nuovi e vecchi compagni. Ecco in pillole il resoconto delle parole del nostro numero 7.

La partita contro la Fiorentina e quella di stasera contro il Verona

Innanzitutto, Riccardo ricostruisce quelle meravigliose immagini che l’hanno molto emozionato nella partita contro la squadra di Italiano: «Ho visto vecchietti piangere e bambini piangere insieme ai vecchietti. Ho visto giovani con le mani in testa e gente con la lacrima che scende. E ho visto gente con le parrucche alla Zirkzee in testa. Ho visto persone che si abbracciavano, quell’abbraccio vero, sentito, sincero. Io queste cose qua non me le ricordavo. Vogliamo che questo incanto non finisca più». Momenti indelebili nella mente di Orsolini, che a fatica riesce descrivere quelle sensazioni che il Dall’Ara gli ha fatto provare nella sfida contro la Fiorentina: «È una cosa strana da spiegare a parole. Siamo diventati un tutt’uno con lo stadio, mentre giochi vedi e senti la gente e dici “no, io non posso sbagliare, non posso deludere questa gente qui”. È una partecipazione totale. Prendi il lancio di Ferguson sul mio gol. Io sono stato accompagnato in area da loro. Le gambe andavano da sole, quel gol l’abbiamo fatto tutti e venticinque mila». Tutto questa spinta però l’esterno rossoblù si augura di sentirla anche nel match di stasera contro il Verona, in una partita che per Riccardo è tutt’altro che scontata: «Sarà complicata. Perché il Verona è una squadra che ha fame di punti, una squadra che si deve salvare a tutti i costi quindi deve macinare da qua a fine campionato. Viole venire a rovinare quello che è il clima che si è creato qua. Dobbiamo essere bravi a non far succedere questa cosa». Guai a sottovalutare la sfida contro i gialloblù quindi, sarebbe un grave errore, così come fare dolci previsioni sul futuro della squadra e della classifica: «È da novembre che non guardo la classifica. Non perché non mi interessi, ma sono focalizzato, anzi siamo focalizzati sul Verona, sulla prossima. Io non so nemmeno quante giornate mancano alla fine. Se mi chiedi quante partite mancano io ti dico boh: quattordici?, Quindici?, non lo so. Ci farò caso nelle ultime quattro, cinque giornate. Ripassate tra due mesi e ve lo dico».

L’Europa

Ovviamente, non potevano mancare le domande sull’Europa. Quando però viene nominata la Champions League, Orsolini diventa serio e replica così alla domanda: «Ditemi uno che all’inizio dell’anno avrebbe detto questa frase. Non c’è». In effetti, questa cavalcata ad agosto se la sognavano in pochi, e proprio per questo motivo per Riccardo la cosa migliore da fare è godersi il momento senza fare troppe previsioni: «Dire non siamo da Europa o sì siamo da Europa mi sembra un po’ riduttivo. Godiamoci quello che c’è, poi vediamo dove possiamo arrivare. C’è un bellissimo entusiasmo, una bella sinergia tra la squadra, la piazza, tutto l’ambiente. È uno dei pochi anni senza frizioni, senza malumori o problemi. Quando si vive sereni e tranquilli non cerchiamo complicazioni. Al di là di tutto, però, viviamo il momento. Tutti eh. Squadra e tifosi. Ma quanto è stata bella la coreografia coi telefonini? Sembrava il concerto dei Coldplay. Questo ti fa capire che anche uno solo può trascinare tutti. Sono d’accordo quando il mister dice che è giusto che la gente sogni l’Europa, ma la squadra è un’altra cosa. La squadra deve pensare a lavorare». La direzione quindi è la stessa per tutti, cambia però il fine ultimo del sacrificio di tutto il gruppo per l’esterno rossoblù: «Tutti remiamo dalla stessa parte, ma l’obbiettivo non è l’Europa: l’obbiettivo è far vedere a tutti che noi siamo una squadra che gioca a calcio. Quello è l’obbiettivo. Perché l’Europa, se sarà, sarà solo una conseguenza». Infine, per chiudere il discorso e dare un’idea della giusta mentalità da assumere, Orso prende in causa il modello dell’Atalanta: «Per loro l’obbiettivo Europa è ormai una realtà da cinque, sei anni. Noi stiamo cercando di fare quello scatto lì. Serve quello: uno scatto, una scintilla. E rimanerci, altrimenti è un fuoco di paglia. Una volta che parti poi secondo me cambieranno tante cose, tante dinamiche, avremo consapevolezze diverse. Entreranno in gioco altri fattori, io lo so com’è: ho vinto un girone di Europa League con l’Atalanta. Primi. Vi lascio immaginare l’entusiasmo quando siamo arrivati davanti a Everton e Lione».

La sua storia al Bologna

In Emilia dal 2018, quest’anno con la maglia dei felsinei ha realizzato 9 gol e fornito un assist in 1217 minuti giocati. Non solo, Riccardo con 206 partite disputate può tranquillamente ritenersi uno degli “anziani” del Bologna: «Io posso permettermi di dire che ho visto il Bologna in tutte le salse. Anni quantomeno strani, senza reali obbiettivi. Anni belli, anni difficili. L’anno più bello fino ad ora è stato il primo di Sinisa, con l’acqua alla gola e poi quella cavalcata incredibile fino ad arrivare addirittura decimi. Quella è stata una rinascita. Sono contento che finalmente quest’anno ci sia stata questa svolta, ma attenzione non stiamo vivendo un sogno: è la realtà fatta di lavoro e sacrificio». Col senno del poi, si può dire che Orsolini ha fatto la scelta giusta quando ha deciso di restare la scorsa estate: «E che cavolo, mi sono detto, speriamo che questo sia l’anno buono. Per il momento è così, e non è stata solo fortuna. Quella te la devi anche un po’ creare, magari proponendo un calcio propositivo come facciamo noi». Il numero 7 su questo e sulla qualità della propria squadra infatti, non ha dubbi: «Penso che prima di tutto noi ci vogliamo divertire e far divertire. Proponendo un calcio spumeggiante. In questo momento in Italia siamo una di quelle squadre che a mio avviso produce uno dei migliori giochi della Serie A».

Il gioco di Motta

Proseguendo, Riccardo spende due parole, non molte, anche sulle indicazioni tattiche che il mister riserva alla squadra: «Per noi esterni ci sono due o tre cose davvero imprescindibili. Lui si accorge di tutto. È proprio una ricerca maniacale della perfezione. Ma il mister ha gli occhi ovunque: magari sta guardando da un’altra parte, ma ti ha già visto. In più, certe volte quando sono in campo, mentre corro e sono un po’ isolato e vedo fare le uscite dal basso mi dico: “Oh, siamo forti. E belli, pure”. La cosa stupenda è che ci assumiamo le responsabilità. A volte sembra che usciamo con il brivido, ma se sbagliamo perché volevamo giocare la palla al mister questo va bene. Quando fai l’errore ti dice: la prossima di nuovo, fallo ancora, la palla non si butta. I nostri portieri qualche anno fa erano insicuri di giocare, appena avevano la palla la buttavano via. Adesso succede una volta su quindici. Possiamo sempre giocare».

I compagni, nuovi e vecchi

Infine, se alla domanda su chi arriverà prima ai dieci gol tra lui e Zirkzee Orsolini non risponde, sottolineando come l’unica cosa che importa sia solamente segnare tanto, quando gli viene chiesto di parlare dei suoi altri compagni Riccardo non si risparmia nei complimenti: «Abbiamo due grandi portieri. Federico io l’ho visto crescere, quando sono arrivato era un ragazzino di manco diciotto anni. Si sta meritando tutto. Lukasz è stato sempre una certezza tra i pali. Ultimamente è migliorato tantissimo coi piedi. Il primo anno non era così forte». Ma anche l’arrivo nel mercato di gennaio di nuovi attaccanti come Castro e Odgaard piace molto all’esterno rossoblù, anche perché adesso che si è alzata la concorrenza tutti sono più stimolati nel dare il massimo: «A livello numerico siamo tanti, chiunque gioca fa bene e con la concorrenza sana si alza il livello. Però se vuoi giocare devi far meglio dell’altro perché sennò non vedi il campo, sia che ti chiami Orsolini, Calafiori o Ferguson. Se prima mettevo il 101% in allenamento, adesso ci devo mettere il 110. A Motta piace il cambiamento che vede in te, quella corsa in più, quel contrasto in più. Vuole undici animali in campo».

 

Fonte: Claudio Beneforti, Giorgio Burreddu, Il Corriere dello Sport – Stadio

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