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Sliding doors – Bologna, dal sogno UEFA all’incubo retrocessione

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repubblica.it

«Noi invece a Pasqua (27 marzo 2005, ndr) sognavamo la UEFA, tanto che da capitano andai da Gazzoni a chiedergli il premio in caso di piazzamento europeo». Con queste parole l’ex portiere rossoblù, Gianluca Pagliuca, commentò l’incredula e dolorosa retrocessione in Serie B del Bologna nella stagione 2004-2005 (stagione coinvolta poi nello scandalo Calciopoli).

Ma cosa sarebbe accaduto davvero se il Bologna avesse vinto lo spareggio contro il Parma?

20 marzo 2005, 29esima giornata di Serie A. Il Bologna di un convalescente Carlo Mazzone, dopo una pessima prima parte di stagione, ha recuperato punti è si ritrova settimo in classifica, a pari merito con Cagliari e Roma. La squadra rossoblù ha conquistato dall’inizio del girone di ritorno ben 17 punti su 30 (una media di 0,56 punti a partita) che sommati ai miseri 21 punti dell’andata fa 38. Mancano solo nove turni al termine del campionato e, con un Bologna così lanciato, nulla lascia presagire al peggio. Tutti nell’ambiente felsineo, dai tifosi ai calciatori, sono convinti che continuando con questo passo raggiungere la qualificazione all’Intertoto, se non addirittura alla Coppa UEFA, non è più un’utopia.

E invece… dalla 30esima giornata fino all’ultima partita di campionato, contro la Sampdoria, il Bologna colleziona solo 4 punti, concludendo la competizione al terz’ultimo posto a quota 42, in ex aequo con Fiorentina (salva per classifica avulsa favorevole) e Parma. In due mesi si è passati dal sogno Europa all’incubo spareggio per evitare la retrocessione. I felsinei sfideranno nei playout, in un doppio scontro, i cugini crociati. I precedenti stagionali sono favorevoli al Bologna, infatti, nel corso del campionato appena concluso i rossoblù hanno battuto entrambe le volte il Parma, 1-2 all’andata e 3-1 al ritorno.  

Inizia lo spareggio. La prima gara, al Tardini, vede il Bologna imporsi per 1-0 sui gialloblù con un gol di Tare al 18’ del primo tempo. La salvezza ora pende della parte dei felsinei, al ritorno basterà un pareggio per confermare la permanenza in Serie A.

Stadio Dall’Ara, 18 giugno 2005. Tra i 32mila spettatori presenti sugli spalti spicca l’assenza in tribuna del ‘patron’ Giuseppe Gazzoni Frascara rimasto a casa per scaramanzia, presente invece da una postazione televisiva, ma non fino alla fine, lo squalificato Mazzone. Alle 20:30 l’arbitro Pierluigi Collina si appresta a dare inizio al match (per il fischietto bolognese si tratta della sua ultima direzione di gara in carriera in A). Il Bologna parte forte ma è il Parma a passare inaspettatamente e fortunosamente in vantaggio al 17’ con l’ex Cardone. Simplicio batte un corner che Morfeo di testa prolunga nell’area piccola, la difesa rossoblù respinge in malo modo la palla che carambola sullo stinco del difensore ducale e va in rete. I felsinei non demordono e provano a reagire, sanno che basta un gol per affondare psicologicamente i giocatori del Parma. Ma a pochi secondi dalla fine del primo tempo Bresciano va sul fondo e crossa, Legrottaglie manca clamorosamente la respinta e Gilardino, da solo, di ginocchio batte Pagliuca. Cala il silenzio su tutto lo stadio. Tra i tifosi rossoblù l’iniziale sentimento di fiducia passa il testimone alla paura. Nella ripresa gli esausti giocatori di casa non riescono a costruire azioni degne di nota se non un gol annullato per tocco di mano a Capuano. Finisce il match, il verdetto è chiaro: Bologna in Serie B. Esplode la rabbia sugli spalti, i tifosi in lacrime iniziano la contestazione.

Per il Bologna si consuma l’ennesima dramma sportivo degli ultimi anni. Nelle partite che contano i rossoblù non riescono a dare il meglio, è già successo qualche anno prima contro il Marsiglia, così come contro il Brescia.

Nel caso in cui lo spareggio contro il Parma fosse stato vinto, i felsinei avrebbero dovuto rifondare sia l’intera squadra, ormai giunta a fine ciclo, nonché l’organizzazione interna della società. Senza il groppone della B sarebbe potuto cominciare un nuovo capitolo per il Bologna, magari anche vincente.

Dopo la retrocessione un amareggiato Gazzoni decise di cedere la società ad Alfredo Cazzola. Nell’interrogarsi sull’operato della fallimentare stagione il presidente uscente epigrammaticamente chiosò: «C’è stata una gestione delle risorse non all’altezza delle risorse stesse».

 

 

 

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