Seguici su

Calcio

Dal vivaio al mercato globale: la metamorfosi del calcio europeo. E la Serie A?

Il calcio europeo è sempre più internazionale: dalle grandi leghe ai tornei minori, i confini tra scuole calcistiche si stanno sfumando. E in tutto questo, dove si colloca la Serie A?

Pubblicato

il

Pallone da calcio
Pallone da calcio (© Depositphotos)

Il calcio europeo non è mai stato così internazionale. Dai campionati di Andorra alla Premier League e alla Serie A, la presenza di calciatori stranieri è in costante crescita e sta ridefinendo l’identità dei tornei. I dati pubblicati da Transfermarkt mostrano un’Europa divisa tra globalizzazione e tradizione, dove alcune leghe aprono le porte al mondo mentre altre restano ancorate al proprio vivaio locale.

Le piccole leghe dominano la classifica

A sorpresa, al vertice non ci sono Premier League o Serie A, ma due piccoli mondi calcistici: la Primera Divisió di Andorra (88,3% di stranieri) e il Campionato Sammarinese (73,5%).
Numeri consistenti, sì, ma relativi ad una realtà diversa: in questi tornei semi-professionistici, quasi non esiste un vivaio locale sufficiente.
Molti club attingono logicamente giocatori da Paesi confinanti quali Spagna e Italia per completare le rose, trasformando i propri campionati in leghe dove convivono calciatori dilettanti e professionisti alla ricerca di spazio.

Premier League: motori della globalizzazione calcistica

Sul terzo gradino troviamo la Premier League (70,5%), l’unica “grande” a competere con questi numeri.
Con un valore complessivo di oltre 12 miliardi di euro, il campionato inglese è un laboratorio globale di talenti: dai norvegesi alle stelle sudamericane, ogni squadra è una selezione internazionale.
La Premier non importa solo giocatori, ma spettacolo e risorse globali: il brand viene prima del passaporto.
Il rovescio della medaglia? La difficoltà per i giovani inglesi di emergere in casa propria, tanto che la nazionale attinge sempre più a campioni cresciuti all’estero.

Serie A: equilibrio tra mercato e manifattura?

Subito dietro troviamo la Serie A (67%), una lega che negli ultimi anni ha trovato nell’estero la propria linfa vitale.
L’Italia vive una dinamica diversa rispetto all’Inghilterra: la Serie A continua ad attrarre calciatori stranieri per esperienza e competitività, ma spesso a scapito dello sviluppo dei vivai locali.
Un equilibrio delicato, per cui periodicamente ritorna il dibattito sul “made in Italy” calcistico.

I giganti più “nazionali”

Sorprende invece la posizione più bassa di leghe come Bundesliga (58,4%), Ligue 1 (61,9%) e soprattutto LaLiga (43,4%).
Qui, il peso dei settori giovanili è ancora fortissimo: club quali Borussia Dortmund, Real Sociedad o Rennes continuano a produrre talenti di casa, sostenuti da politiche federali che guardano ad un progetto proiettato nel futuro.
La Spagna, in particolare, resta l’eccezione tra le grandi: quasi un giocatore su due è spagnolo, segno di una cultura calcistica che difende la propria identità senza rinunciare alla competitività.

Per questo è bene ricordare che, anche in un calcio sempre più universale, l’identità resta la magia più difficile da comprare.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI

Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *