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Calcio

Monday Night – Mister Eric “The King” Cantona – 21 mar

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Denis Law, Bobby Charlton e George Best, la “santissima trinità” che portò per la prima volta il club sul tetto d’Europa; prima di loro Duncan Edwards, il campione morto nel disastro aereo di Monaco di Baviera; dopo David Beckham, Ryan Giggs, Paul Scholes, Peter Schmeichel. Questi sono solo alcuni dei grandissimi calciatori che hanno indossato la maglia del Manchester United, coprendosi di gloria e trofei ed entrando con prepotenza nell’immaginario collettivo, vere e proprie icone immortali.

Eppure, quando alla fine del XX° secolo ai tifosi venne chiesto chi, tra i tanti, fosse stato il più straordinario campione nella storia dei “Red Devils”, quasi nessuno ebbe esitazioni. Emerse così il nome di Eric Cantona, “King Eric”. Perché proprio lui? Certo, Cantona ha vinto non poco nei cinque anni che ha trascorso all’Old Trafford: quattro campionati, due FA Cup, numeri importanti ma che impallidiscono di fronte ai trofei nazionali e continentali conquistati da chi è venuto prima e dopo di lui. La risposta forse risiede nel fatto che mentre tutti gli altri sono stati grandissimi giocatori e basta, Cantona ha saputo fare del suo football un’arte da condividere con i tifosi, traghettando con il suo carisma una generazione di compagni, un club, la stessa tifoseria, dall’anonimato in cui era caduta a una dimensione europea che poi avrebbe portato vittorie anche dopo il suo ritiro. Forse non sarà stato il più forte, il più veloce, il più tecnico, ma ha saputo essere comunque fortissimo in tutte queste caratteristiche, esaltate da un carattere d’acciaio e per niente incline ai compromessi.

Ricordarlo per il calcio rifilato a un tifoso nel gennaio del 1995, quando scavalcò i cartelloni pubblicitari per punire l’irriverenza di chi pagando il biglietto si sente momentaneamente padrone degli uomini in campo, sarebbe riduttivo: eppure allo stesso tempo ne descriverebbe perfettamente la figura a chi, povero lui, non ha potuto seguirne le imprese sul campo. Campione, quindi, ma soprattutto, più di questo, uomo vero, che seppe capire come nessuno il desiderio di rivalsa dei suoi stessi tifosi e trasferirlo sul campo, traendone forza e allo stesso tempo rinforzandolo in uno scambio reciproco che per anni lo rese il simbolo per eccellenza di una squadra che tornava grande, grandissima.

Cantona nasce il 24 maggio del 1967, figlio tipico di quell’incredibile ‘melting pot’ culturale che è Marsiglia: la madre è figlia di rifugiati catalani che trovarono riparo in Francia dopo la presa di potere del Generale Franco, il padre invece ha origini sarde e una grande passione per il calcio che lo ha portato ad essere portiere di alcune squadre amatoriali. Anche Eric inizia la sua carriera tra i pali, per poi essere spostato quasi immediatamente in attacco: non solo ha velocità e tecnica individuale, ma anche quella sfrontatezza e quella sicurezza in se stesso che lo portano a geniali intuizioni, quelle capaci di cambiare una partita. Se ne accorgono all’Auxerre, dove giunge nel 1981 dopo essere stato snobbato dall’Olympique Marsiglia, la grandissima compagine cittadina. Tra la sua città natale e la provincia c’è differenza come tra il giorno e la notte, ma si parla pur sempre di una compagine di tutto rispetto, famosa per il suo florido settore giovanile: la prima squadra è allenata da Guy Roux, santone locale che siede sulla panchina del club da vent’anni dopo esserne stato anche giocatore e che per oltre vent’anni continuerà ad esserne l’allenatore, per un totale da record di 44 anni consecutivi. Saggio e fine conoscitore di calcio, Roux intravede subito nel giovane le qualità che servono per emergere, e quando Cantona ha appena 17 anni lo fa esordire nel calcio professionistico.

Giocatore esagerato nel bene e nel male, Eric è capace di risolvere le partite più difficili con una giocata straordinaria così come di essere un limite per se stesso e per la squadra: accade quando la sua personalità forte e indipendente, che non conosce compromessi né limiti, lo porta a scontrarsi con i compagni più anziani o con gli avversari che presto capiscono che l’unico modo per fermarlo è provocarlo, innervosirlo, contando su una sua immancabile reazione. Nel 1988 arriva quella che poi incredibilmente sarà l’unica gioia in campo internazionale: inserito in una squadra di buonissimo spessore tecnico, Cantona conquista il Campionato Europeo Under 21 distinguendosi in particolare nella doppia sfida contro l’Inghilterra valida per l’accesso alla finale, segnando una rete all’andata e un’importantissima doppietta al ritorno in terra d’Albione. I presupposti per una carriera ad altissimo livello, insomma, ci sono tutti, ma emergono anche tutte le problematiche caratteriali di quello che non può essere soltanto un calciatore: il CT della nazionale maggiore Henri Michel lo ha già da tempo convocato con i “grandi” – esordio con gol ad appena 21 anni contro la Germania Ovest – la stampa si spella le mani ad applaudirne le giocate, ma ecco che quando per una volta non viene convocato Eric pensa bene di dire in TV che Michel non capisce niente di calcio e che finché sarà alla guida dei “Bleus” lui non risponderà più ad alcuna chiamata. È soltanto il primo strappo di un rapporto, quello tra Cantona e la Nazionale, che sarà complicatissimo e avaro di soddisfazioni.

Da poco è arrivato il trasferimento all’Olympique Marsiglia, che per ovviare all’errore fatto pochi anni prima e ottenerne le prestazioni ha sbancato il mercato interno aggiudicandosi quello che viene considerato il più grande talento francese. Il ritorno a casa però non è felice, Eric è inviso a molti compagni e all’allenatore, e i prestiti al Bordeaux e al Montpellier portano reti e grandi giocate ma anche tantissimi problemi. L’ultima di queste esperienze è significativa: sul campo aiuta la squadra a conquistare la Coppa di Francia, ma prima di questo rischia di finire a marcire in tribuna per aver colpito in faccia un compagno durante una rissa: rimane al suo posto soltanto perché i giocatori più carismatici del club, che hanno capito cosa può dare con un pallone tra i piedi, intercedono per lui nei confronti dell’allenatore. Il Marsiglia lo riaccoglie piuttosto bene, convinto di poterne ancora fare un campione, ma deve arrendersi quando l’allenatore Goethals dimostra di non volerlo tra i titolari: viene ceduto al Nimes, ma durerà pochissimo, visto che durante una gara di campionato prima Eric si fa espellere per aver scagliato un pallone contro l’arbitro, poi davanti alla commissione d’inchiesta chiama gli uomini chiamati a giudicarlo idioti. Uno per uno. Il risultato? Tre mesi di squalifica, una sentenza a cui Cantona risponde annunciando il suo ritiro ad appena 25 anni.

Può finire tutto così? No che non può, anche se in quel momento è chiaro che la storia rimane un momento con il fiato sospeso. A rimettere tutto a posto ci pensa Michel Platini, “Le Roi”, il grande campione francese che da poco si è ritirato e che è diventato CT della Nazionale. Lui vuole fortissimamente Cantona tra i suoi, ma non può convocarlo se non ha una squadra. Il consiglio è quello di lasciare l’esagono, cercare fortuna in Inghilterra, e dopo averci pensato a lungo Cantona accetta di rimettersi in gioco. Sono momenti in cui la storia del calcio per come la conosciamo vacilla, insomma, momenti in cui il grande talento di Marsiglia deve scegliere se diventare un grande calciatore oppure no. La risposta sarà evidente a tutti già da subito: sbarcato in Inghilterra accetta un provino con lo Sheffield Wednesday, ma quando il manager Trevor Francis – ancora dubbioso – gli chiede un bis rifiuta sdegnato. Prima Platini ha provato a piazzarlo al Liverpool dell’amico Souness, che però ha rifiutato conoscendone la fama e non riconoscendone, evidentemente, il valore tecnico. Niente di cui stupirsi, visto che si parla dello stesso tecnico che anni dopo tessererà un dilettante al Southampton, tale Ali Dia, convinto da una telefonata di un finto George Weah. Al Leeds invece non fanno tanti problemi, sanno che il giocatore c’è e per giunta non costa quasi niente: perché non provarci? La scommessa riesce piuttosto bene: Cantona aiuta la squadra a conquistare il campionato del 1992, quindi si vendica del Liverpool nella Supercoppa Inglese segnando una memorabile tripletta e diventa un leader vero, capace di segnare e far segnare. Il carattere però è ancora quello di sempre, ed è così che quando il manager Howard Wilkinson si trova davanti l’offerta di Alex Ferguson, che vuole Cantona per farne il terminale offensivo del suo Manchester United, accetta senza pensarci su troppo. In quel momento nessuno lo sa, ma la storia del calcio inglese sta per cambiare, e ciò avverrà per merito di quel pazzo e talentuoso francese.

26 novembre 1992: Eric Cantona, il campione vissuto due volte, firma per il Manchester United. Prima di lui Ferguson ha tentato di prendere Alan Shearer, poi ha preso Dion Dublin ma questi si è subito infortunato. Disperato, “Fergie” si è visto respingere un’offerta di 3 milioni di sterline per David Hirst, quindi ha ripiegato sul francese, pagato appena un milione. Questa operazione, probabilmente figlia del caso e di situazioni contingenti, si rivelerà la migliore del futuro “Sir” Ferguson, che pure sul mercato avrà notevoli intuizioni ma nessuna grande – e fortunata – quanto questa. Cantona cambia la storia, intanto perché appena arrivato allo United conquista il campionato dopo aver vinto quello precedente con il Leeds: il suo contributo alla causa sono 9 reti, che diventano 25 la stagione successiva, dove per i “Red Devils” arriva una doppietta importante: al bis in campionato infatti si aggiunge la vittoria in FA Cup ottenuta ai danni del Chelsea a Wembley, con i “Blues” travolti da un perentorio 4 a 0. Cantona ha anche ritrovato la Nazionale da protagonista, ma dopo molte illusioni la Francia finisce per cadere e perdere la qualificazione a USA ’94 in favore della Bulgaria, che poi in America sarà protagonista. Con il nuovo CT, Jacquet, i rapporti non saranno mai ottimi e in pratica l’avventura con la Nazionale terminerà qui, con ancora un pugno di partite poco convincenti e poi la svolta verso una nuova generazione d’oro, che porterà al clamoroso trionfo ai Mondiali casalinghi del 1998. Poco male, Cantona a Manchester è ormai idolatrato, la squadra gira intorno a lui, e dopo ogni anno diventa più forte con l’ascesa di tanti giovanissimi campioni, quelli della “classe del ’92”: Beckham, Scholes, Giggs, i fratelli Neville. Questi si uniscono a una compagine dove giocano alla grande talenti affermati e che soprattutto viene guidata carismaticamente da Cantona, sempre più protagonista, sempre più eroe. Arriveranno titoli su titoli, torneranno quei media che lo avevano abbandonato e che adesso che è maturo, che è finalmente chi voleva essere, Eric può gestire come gli pare e piace. È così che la sua fama varca i confini nazionali: finisce testimonial di videogiochi e di pubblicità, il tutto mentre continuano ad arrivare soddisfazioni e reti, magari non tantissime ma quasi tutte di una bellezza persino poetica, tipica dell’artista che gioca per il pubblico cercando sempre di accontentarlo.

Ma Cantona è sempre Cantona, non lo cambi. 25 gennaio 1995, Selhurst Park: dopo essere stato sostituito, ed in piena trance agonistica, viene insultato da un tifoso presente a bordo campo e perde la testa. Scavalca i tabelloni pubblicitari, lo colpisce con un calcio, lo devono portare via a forza. C’è chi lo condanna per questo gesto, ma chi lo conosce sa che non c’è follia, non c’è istinto: c’è convinzione, quella di un uomo che rifiuta di sottostare a certe leggi non scritte, di un uomo vero che per i suoi ideali è pronto a pagare le conseguenze più estreme. Squalificato nove mesi vede i compagni perdere clamorosamente il campionato, unica occasione da quando lui è all’Old Trafford in cui lo United non si impone – e non è certo un caso. Quando torna in campo i tifosi stravedono per lui, nessuno si è arrabbiato, tutti hanno capito, hanno imparato ad amarlo e conoscerlo e gli tributano un lunghissimo applauso. Quelle del 1995/1996 e del 1996/1997 sono le ultime stagioni da calciatore di Eric Cantona, che in seguito dichiarerà di aver sempre vissuto con il terrore che quella splendida magia potesse finire: il boato della folla, la connessione con il pubblico, le vittorie. Meglio smettere subito, bruscamente, ritirarsi da campione affermato, da vincente quale in fondo è sempre stato: nelle ultime due stagioni infatti arrivano ancora due titoli nazionali, un totale di quattro in cinque anni con l’unica eccezione arrivata guarda caso mentre lui era squalificato e indisponibile. Si ritira a 31 anni, appena quattro stagioni e mezzo giocate con i “Red Devils”, 185 partite e 82 reti. Eppure si tratta del più grande calciatore di sempre ad aver vestito la maglia dello United, lo diranno appunto i tifosi in un sondaggio di pochi anni dopo: di Cantona resteranno sempre impresse le parole di fuoco rivolte ai giornalisti accorsi per sapere la sua reazione alla squalifica e paragonati a quei gabbiani che inseguono il peschereccio sperando che vengano gettate in mare delle sardine, una frase poetica e iconica che è una dura accusa al modo che hanno i giornalisti di calcio di cercare la notizia. Rimarranno sempre le magie, i gol e gli assist, la carica che sapeva trasmettere a compagni e tifosi, il terrore che faceva provare con un solo sguardo agli avversari che già sapevano che fermarlo sarebbe stata un’impresa. Resterà sempre l’immagine del più inglese dei francesi, del più poetico e rissoso dei calciatori, del campione che seppe ridare dignità a un popolo, quello dei tifosi dello United, che oggi è uno dei più numerosi al mondo soprattutto grazie a lui, il genio anarchico che permise a una squadra di ritornare grande.

Nel 1966 l’Inghilterra, la patria del calcio, ha ottenuto il suo unico trionfo come Nazionale. Bene, pochi anni fa lo United mise in vendita nel suo shop una maglia con l’immagine di Cantona e una scritta: “Il ’66 è stato un grande anno per il calcio inglese. È nato Eric.” Blasfemia? Forse. Ma nessuno ha mai chiesto di ritirarla.

“We’ll drink a drink a drink
To Eric the King the King the King
He’s the leader of our football team
He’s the greatest
Centre forward
That the world has ever seen”

(foto: fansshare.com)

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