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Moduli del calcio: Catenaccio, Forcone e Zona Mista

Moduli del calcio. Parliamo di tre moduli del passato: Catenaccio, Forcone e Zona Mista

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Terzo appuntamento con i moduli del calcio, ed anche oggi abbiamo un misto di moduli ormai inutilizzati ed altri che invece vengono ancora proposti, anche se magari con piccole modifiche dettate soprattutto dall’ormai imperante marcatura “a zona” invece che “a uomo”. Anche oggi i moduli sono leggermente eterogenei e collegati ad altri moduli di cui abbiamo già parlato precedentemente, perché ovviamente ogni novità deriva da una modifica della realtà precedente.

Prima di lasciarvi alla lettura dei moduli di cui discutiamo oggi, eccovi i link per recuperare tutti gli articoli di questa rubrica:

  1. Moduli: dalla Piramide alla Clessidra
  2. Moduli: il 3-4-3 moderno e le sue varianti
  3. Moduli: Catenaccio, Forcone e Zona Mista
  4. Moduli: il 4-4-2 e le sue varianti
  5. Moduli: il 3-5-2 e le sue varianti
  6. Moduli: 4-3-3 o 4-5-1?
  7. Moduli: Il Calcio Totale e il Tiki-Taka

 

Il Catenaccio (1-3-3-3)

Catenaccio 1-3-3-3Il “Catenaccio” è un modulo fondamentalmente difensivo, e viene definito tale più che per il modo in cui sono distribuiti in campo i giocatori, per la mentalità e l’atteggiamento del reparto difensivo e del centrocampo, che è quasi totalmente impegnato alla difesa della porta ed al non subire reti; non a caso l’aggettivo “catenacciaro” viene affibbiato a quegli allenatori che, a prescindere da quanti difensori inseriscano in campo, puntino comunque prima alla difesa che all’attacco, difendendo a volte anche solo lo 0-0 ad oltranza, rinunciando a creare gioco pur di impedire agli avversari di segnare.

Sebbene questo modo di giocare sia conosciuto nel mondo col termine italiano di “Catenaccio”, la sua origine è Svizzera, e fu il tecnico austriaco Karl Rappan a proporlo nel 1932 con il suo Servette denominandoloVerrou”, ovvero “Chiavistello”. Egli prese come modulo di partenza quello de “Sistema” (di cui abbiamo parlato nell’articolo: Moduli: dalla Piramide alla Clessidra) ed andò a coprire ulteriormente la difesa, togliendo uno dei due mediani inserì alle spalle dei tre difensori (che avevano compiti di marcatura a uomo) un libero che poteva andare ad aiutare in marcatura, chiudere su eventuali errori dei tre marcatori e recuperare palloni non ben calibrati sugli attaccanti avversari. Rappan usò questo modulo anche nel Mondiale francese del 1938 facendo arrivare la Svizzera ai quarti di finale ed eliminando la più rinomata Germania.

Nel suo “La Piramide Rovesciata” però, Jonathan Wilson riporta una pittoresca e romantica storia sulla nascita del “Catenaccio” in Italia, così come la raccontò il suo stesso “inventore” Gipo Viani:

La flotta di pescherecci avvolta ancora nell’oscurità sul mare invece leggermente irradiato dal sole. Lungo il litorale tirrenico, un allenatore particolarmente stressato, che non riesce proprio a prendere sonno, decide di fare una passeggiata quando ormai sta albeggiando. Dimentico degli strepitii dei gabbiani e del vociare dei venditori presenti sul molo, procede con passo spedito, chiedendosi più e più volte quale possa essere il modo migliore per riuscire a far esprimere al massimo delle possibilità la sua squadra, oltre ad esaminare le varie opzioni possibile per potenziare una difesa che, per quanto si sforzasse, continuava ad essere disastrosamente porosa. Mentre sta camminando lungo il porto, analizzando all’infinito il problema nella sua testa, un’imbarcazione attira il suo sguardo. I pescatori tirano su una rete, piena di pesce, e subito dietro ne vece un’altra: una rete supplementare. Ecco, quello fu il momento della sua folgorazione. Alcuni pesci giocoforza sfuggivano alla prima rete, ma venivano immediatamente intrappolati dalla seconda. Quell’allenatore si rese conto così che la sua squadra aveva bisogno di un difensore supplementare, aggiunto, che potesse agire dietro la linea difensiva tradizionale, per occuparsi di quegli attaccanti che erano riusciti a superarle. E quell’allenatore altri non era che Gipo Viani, mentre la sua squadra era la Salernitana. La sua invenzione passo alla storia con il nome di “Catenaccio“.

La grande differenza tra il “Catenaccio” ed il “Sistema”, da cui era nato, era ovviamente il passaggio da 3 a 4 difensori e da 4 a 3 centrocampisti, che però metteva in inferiorità numerica le squadre “catenacciare” nella zona nevralgica del campo. Per ovviare a questo problema, col passare degli anni spesso un attaccante veniva sacrificato in fase di copertura, da qui nacque il ruolo di “ala tornante”, o veniva direttamente fatto giocare come centrocampista esterno. Nasceva anche il “terzino fluidificante”, che era il terzino opposto al “tornante”, che aveva a volte libertà di spingersi in avanti visto che poteva avanzare per marcare il proprio uomo di riferimento.

Catenaccio 4-2-2-2Più o meno contemporaneamente alla Salernitana di Gipo Viani, in Italia il “Catenaccio” venne usato e reso celebre dalla Triestina di Mario Villini, ma i più grandi interpreti di questo schema in Italia furono Nereo Rocco ed Helenio Herrera. Quello di Rocco viene definito come il “vero Catenaccio” ed il suo modulo “in numeri” era un 1-3-3-3, ma come detto non c’era un vero e proprio schieramento fisso, infatti spesso vennero usate variazioni come ad esempio quella che vediamo a lato, che apre le porte alla “Zona Mista. La grandissima forza difensiva, se unita ad un regista basso in grado di lanciare veloci e precise ripartenze – come nel caso degli straordinari Gianni Rivera nel Milan di Rocco e Luis Suarez nell’Inter di Herrera – fece di questo modulo una vera e propria carta vincente per le squadre che lo utilizzarono.

Helenio Herrera e Nereo Rocco

Il terzino fluidificante: il terzino “fludificante” nacque in Brasile, diretta conseguenza della mentalità offensiva brasiliana e della necessità, in un modo di giocare che lentamente perse l’uso delle ali classiche, di coprire l’intera fascia di competenza. In Italia trovò uso principalmente nel “catenaccio”, ed il suo più grande interprete fu senz’altro Giacinto Facchetti, che nella Grande Inter agiva spesso come ala se non addirittura da attaccante aggiunto, potendosi permettere grandi scorribande grazie a mezzi fisici e tecnici di prim’ordine e ad una disposizione tattica (il “Catenaccio” appunto) che garantiva alla squadra che pur senza Facchetti l’equilibrio difensivo non sarebbe stato intaccato. Mentre infatti Facchetti a sinistra agiva da fluidifcante, sulla fascia opposta Burgnich, più roccioso, restava bloccato in difesa e agiva quasi da centrale. In questo modo il vero centrale, Guarneri, dotato di grande senso dell’anticipo e della posizione, poteva spostarsi a sinistra coprendo l’eventuale “buco” lasciato da Facchetti, mentre alle incursioni centrali provvedevano il libero Picchi ed il mediano Bedin, di solito “ancorato” davanti alla difesa.

Il 5-4-1

5-4-1Inseriamo il 5-4-1 in questo punto, perché spesso viene interpretato come un modulo è estremamente difensivista e quindi spesso è paragonato in modo improprio al “Catenaccio”, solo perché vi sono un grande numero di giocatori pronti a difendere e la tendenza a giocare in fase offensiva con soli contropiedi. Effettivamente il 5-4-1 prende comunque spunto dalla difesa del “Catenaccio”, posizionando quasi sempre un libero alle spalle dei due marcatori centrali e posizionando solitamente due centrocampisti centrali che abbiano soprattutto capacità di interdizione.

Quello che differenzia di più i due moduli sono i quattro esterni, e soprattutto i due terzini. Gli esterni di centrocampo, devono essere pronti ad aiutare l’unica punta ed allo stesso tempo aiutare in copertura in fase difensiva, mentre i due terzini non solo devono garantire copertura sulle fasce in fase difensiva, ma devono spingersi in avanti sovrapponendosi all’esterno di centrocampo come se si trattasse di un esterno del 3-4-3 (di cui abbiamo parlato in questo articolo: Moduli: il 3-4-3 moderno e le sue varianti).

Il Forcone (3-3-1-3 e 3-1-2-1-3)

Forcone 3-3-1-3Il “Forcone” è il nome di un modulo utilizzato in due epoche differenti, è direttamente imparentato con il 3-4-3 (di cui abbiamo parlato in questo articolo: Moduli: il 3-4-3 moderno e le sue varianti) visto che si schiera a livello numerico come un 3-3-1-3 (o con un 3-1-2-1-3 nella versione più moderna) e prende il nome da come si sistemano in campo il “trequartista” e le tre punte, che hanno una forma simile al forcone. Nella sua prima versione, il “Forcone” nasce per contrastare la difesa del “Catenaccio”: il trequartista, allora chiamato mezzapunta, giocava tra le linee di difesa ed il centrocampo costringendo a rientrare un mediano oppure facendo uscire il libero.

I difensori tornavano tutti e tre in marcatura rigida, i tre mediani spesso aiutavano la difesa senza spingersi in avanti ed i due esterni di attacco, spesso tornavano a centrocampo in fase di copertura. Il centrale d’attacco era una torre o centravanti di sfondamento. Il vero ruolo rivoluzionario fu la mezzala centrale, paragonabile all’odierno trequartista, vero fulcro di gioco, con il compito di fare il cosiddetto “ultimo passaggio”. Nereo Rocco, uno dei più grandi artefici del “Catenaccio”, usò spesso anche questa contromisura, quando voleva avere la meglio su di una squadra che giocava anch’essa con il “Catenaccio”, ma il “Forcone” ebbe comunque vita breve nella sua prima edizione.

Forcone 3-1-2-1-3La seconda vita del “Forcone”, si deve a Louis Van Gaal, che spostò il libero del “calcio totale” olandese (di cui parleremo in un prossimo articolo) come mediano arretrato, in funzione di regista arretrato, un po’ come il centromediano metodista (abbiamo parlato del “Metodo” in questo articolo: Moduli: dalla Piramide alla Clessidra) e schierò i centrocampisti “a rombo” (che iniziò ad essere usato grazie a questo modulo) andando a disegnare sul campo una specie di 3-1-2-1-3.

Praticamente i tre difensori erano quasi bloccati, e molto centrali, ma giocavano alti andando ad aiutare il centrocampo in fase di impostazione; il regista arretrato gestiva il pallone, i due centrocampisti potevano allargarsi, oppure spingersi in avanti in aiuto del trequartista; le due ali d’attacco, stavano molto larghe, per facilitare gli inserimenti dei due centrocampisti e lasciare libertà al trequartista di poter servire loro sulle fasce o la punta centrale, spesso cercata anche dal regista arretrato, che solitamente dotata di buon fisico assecondava gli inserimenti e fungeva da terminale offensivo.

La Zona Mista (il primo 4-4-2)

La “Zona Mista” è uno dei primi moduli a schierare quattro difensori e primo tentativo di 4-4-2, sebbene la sua asimmetricità lo rende tecnicamente non proprio un vero 4-4-2 come lo intendiamo oggi, dato che difesa e centrocampo sono fondamentalmente a 3 con l’aggiunta di un terzino “fluidificante” e di un’ala “tornante”, così come erano stati pensati dal “Catenaccio” (1-3-3-3), modulo da cui prende spunto la “Zona Mista”, e che era il vero perno di ogni formazione schierata in Itala negli anni Sessanta e Settanta.

Ad un classico libero, che non aveva compiti di marcatura specifici, erano affiancati uno stopper ed un terzino di marcatura (solitamente il destro) mentre il terzino sinistro, pur aiutando la difesa accentrandosi, era anche incaricato di sostenere l’azione spingendo sulla fascia. Il libero non serve solo come aiuto per i compagni, detta anche i tempi per il fuorigioco e spesso esce palla al piede per diventare un regista basso, in aiuto al centrocampo.

A centrocampo, c’era il mediano, giocatore che serviva da raccordo tra difesa e zona mediana e che aveva soprattutto compiti di rottura e di filtro. A fianco a lui c’erano le due mezzali, di cui uno solitamente fungeva da regista, creando il gioco mentre l’altro aveva il compito di inserirsi in avanti e di difendere.

L’ala “tornante”, aveva il compito di sopperire la mancanza di un terzino largo, dato che giocava nella fascia in cui il terzino faceva il marcatore, ma anche quella di dare una mano al centrocampo ed spingersi in avanti nel caso ce ne fosse la possibilità.

In avanti c’erano solitamente due giocatori con caratteristiche differenti e complementari, uno faceva il vero e proprio centravanti, mentre l’altro era una seconda punta di movimento, che poteva anche tornare a dare una mano al centrocampo.

Giovanni TrapattoniSi chiama “Zona Mista” perché ad una marcatura “a uomo” e rigida dei due “centrali” di difesa, si affianca una marcatura più libera sulle fasce ed a centrocampo, questo per riuscire ad affrontare squadre olandesi che con il loro “Calcio Totale” (di cui parleremo in un articolo più avanti) che avevano un movimento continuo che ava pochi riferimenti agli avversari. Uno dei grandi interpreti della “Zona Mista” in Italia è stato Giovanni Trapattoni, con la sua Juventus anni 70/80.
Come detto prima, la “Zona Mista” altro non era che una rivisitazione riveduta e corretta del “Catenaccio” di Rocco e Herrera, solo con un’interpretazione diversa, attenta ma meno difensivista. Ennesima riprova che non solo una tattica si definisce dal come si dispongono in campo i giocatori ma anche da come questi interpretano, insieme ed individualmente, il modulo che l’allenatore richiede loro.

Fonte: Wikipedia; Jonathan Wilson “La Piramide Rovesciata” (2011)

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