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L’Uomo della Domenica: Roberto Donadoni – 20 mar

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Passi la prestazione ottima di Blerim Dzemaili (a discapito di un primo tempo un po’ rinunciatario) condita dalla pesantissima doppietta, passi la partita a tutto campo di Simone Verdi impreziosita da quella botta tremenda all’angolo alto che non ha lasciato scampo a Sorrentino, passi l’ingresso da urlo di Federico Di Francesco che, in una manciata di minuti, ha dapprima servito l’assist per il vantaggio rossoblù a firma di Dzemaili e successivamente, dopo una sgroppata di 50 metri di Mimmo Maietta, ha trasformato in gol il passaggio del difensore calabrese con un destro secco. Passi tutto questo. Passi perché, secondo me, il vero protagonista della vittoria di ieri è Roberto Donadoni, spesso, troppo spesso criticato (a volte anche in modo ingiusto) e capace, pur senza stare sotto i riflettori, di cambiare completamente l’andamento delle partite, come visto ieri. All’inizio, al momento della comunicazione delle formazioni ufficiali, in molti avevano storto il naso guardando il modulo di gioco, quel 3-5-2 tanto osannato quanto criticato prima della partita contro la Lazio, uno dei picchi in negativo del campionato rossoblù. le differenze tra il modulo di quella partita e quello visto ieri: gli interpreti. Fuori Marios Oikonomou, dentro Capitan Daniele Gastaldello, difensore che ha leggermente più esperienza del greco, capace, insieme al già citato Domenico Maietta, di guidare una difesa sicuramente più attenta a determinate situazioni. Poi, che altro? La sostituzione di un avulso e sciupone Mattia Destro (stimolato da Mister Donadoni in settimana ma incapace di dare continuità al gol contro il Sassuolo di settimana scorsa) per fare entrare Bruno Petkovic, non al top fisicamente ma bravo a dare il là all’azione del quarto e ultimo gol; la decisione di cambiare un buon Krafth (unica pecca l’errato posizionamento sull’azione del vantaggio clivense) con Di Francesco, esterno decisamente più offensivo; la decisione di concedere all’instancabile Krejci una meritatissima standing ovation facendolo rilevare da Ibrahima Mbaye, dando al terzino senegalese l’opportunità di riassaggiare il campo dopo qualche partita fuori; la consapevolezza di aver capito che era troppa la distanza in fase difensiva tra Helander e Krejci ed essere riuscito, dopo l’intervallo a sistemare questo particolare. Dalle piccole cose si capisce la grandezza di un allenatore.

L’Uomo della Domenica per Bologna – Chievo Verona è Roberto Donadoni.

Del Donadoni giocatore non parlerò soprattutto per limiti temporali: quando sentii per la prima volta il suo nome Lui era già un buon allenatore che si apprestava a diventare il Mister della Nazionale Italiana. Da buon cinno non ero quasi per niente a conoscenza della sua eccezionale carriera, scoperta poi qualche anno più tardi nel girovagare tra il Calcio Italiano degli anni ’90. Ecco perché ho deciso di concentrarmi solamente, o quasi, sulla carriera da allenatore, per poterla descrivere con maggior precisione.

Nato a Cisano Bergamasco entra da subito nelle giovanili dell’Atalanta, squadra che lascerà qualche stagione più tardi, dopo quasi 100 presenze con la formazione bergamasca per accasarsi, e questa è la svolta della sua carriera, al Milan. «Il miglior giocatore italiano degli anni Novanta» dirà di Lui Michel Platini,  e Noi non stentiamo a crederci. Uno dei primi calciatori a provare l’avventura all’estero, in America, salvo poi tornare a Milano, sponda rossonera.

Appese le scarpe al chiodo, nel 2001, la sua carriera in panchina inizia dal basso, nel Lecco, in Serie C1. Dopo qualche mese burrascoso tra esoneri e chiamate arriva l’occasione che non t’aspetti: il Livorno, in cadetteria, cerca un allenatore e l’ex giocatore rossonero sembra il candidato ideale, tanto che viene ingaggiato da Spinelli. Nonostante il decimo posto finale, la società amaranto non gli da fiducia e lo lascia libero di cercarsi un’altra squadra. È il 2003 quando Enrico Preziosi si affida a Lui per provare a risalire la china con il Genoa, anch’esso in Serie B. Ma da quelle parti basta poco per “farsi cacciare” e così accade: bastano tre partite e scatta l’esonero. Ora, un piccolo salto in avanti che ci porta addirittura al 2005, gennaio. È passato più di un anno da quando Donadoni ha allenato per l’ultima volta una squadra agonistica quando il Livorno decide di chiamarlo nuovamente sulla panchina: la situazione è differente, la squadra toscana è in Serie A e, alla fine del campionato si posiziona nona in campionato, con Cristiano Lucarelli capocannoniere della squadra. La stagione seguente termina anzitempo per Mister Donadoni: le critiche al Presidente gli costano caro ed è costretto a dimettersi lasciando i toscani al quinto posto. Ecco, qui accade qualcosa: Marcello Lippi, dopo la conquista del Mondiale del 2006, lascia la panchina della Nazionale vacante, e la scelta ricade su Donadoni. Della sua avventura si ricorda l’esordio di alcuni capisaldi della formazione azzurra come Chiellini e Quagliarella, protagonisti del successivo Europeo (giunti fino ai quarti dove incontrammo l’imbattibile Spagna che da lì a poco avrebbe trionfato nella competizione) e anche dei successivi anni. Dopo la decisione da parte della Federazione Azzurra di concludere il rapporto l’occasione si chiama Napoli: l’avventura partenopea si dilunga su due campionati ma, sostanzialmente non dura nemmeno un anno; difatti, arrivato a marzo lascio Napoli ad ottobre dello stesso anno, il 2009. Dopo una breve parentesi in quel di Cagliari (addio dovuto al mancato acquisto di David Suazo) arriva la chiamata del Parma: qui, dal 2012 al 2015 Roberto Donadoni costruisce il suo regno. In quattro anni la squadra ducale ha toccato il sesto posto, ha ottenuto una salvezza in anticipo, ha conquistato l’Europa (poi negata a causa di problemi finanziari) ed è sprofondata nell’abisso del fallimento. Poi, il 28 ottobre 2015, la nuova avventura: Bologna chiama, Donadoni risponde. Come finirà questa storia? Nessuno lo sa, nessuno lo può sapere. Giusto esonerarlo secondo alcuni dopo qualche pessimo risultato: e poi chi arriverebbe sulla panchina? Perché accontentarsi di poco al posto di portare pazienza e credere in un progetto ottimo e futuribile?

Ai posteri l’ardua sentenza

L’Uomo della Domenica: Roberto Donadoni.

 

 

 

Foto: Corriere dello Sport

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