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Road To Imola: 2006, l’ultimo San Marino, l’ultimo di Michael

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Credits: SkySport


“L’unico difetto di questa canzone è che finisce”, e il 2006 fu l’ultima strofa di quella canzone che porta il nome di “GP di San Marino”, ma non una strofa qualsiasi, l’esperienza sanmarinese in Formula 1 si concluse con un ritornello, suonato dalla Ferrari e cantato da Michael Schumacher. 

E’ il 23 aprile dell’anno del mondiale di Cannavaro, Totti e Pirlo, del ritrovamento a Oslo de “l’urlo” di Edvard Munch, trafugato due anni prima, e, soprattutto, dell’ultima stagione di Michael Schumacher a bordo di una monoposto targata Ferrari.
 
Per quanto riguarda il Mondiale di Formula 1, il 2006 fu l’anno della conferma del nuovo trend ascendente Alonso-Renault e della ripresa della Ferrari dopo il deludente 2005 in cui per la Scuderia del cavallino rampante si chiuse il ciclo di vittorie a cavallo del millennio: Schumi concluse terzo, Barrichello addirittura ottavo.
 
Arrivo alla gara. Siamo al quarto appuntamento di quel mondiale, la Ferrari ha bisogno di una scossa e l’arrivo del circuito di casa non può che essere provvidenziale e determinante per una stagione i cui obbiettivi sembrano poter già scappare di mano dopo appena tre gare. Alonso e la Renault hanno già dimostrato di voler chiudere la partica mondiale nel minor tempo possibile: due primi ed un secondo posto per l’ asturiano in tre gare, un primo posto per il compagno di squadra Fisichella (ultima vittoria di un italiano in un Gp di Formula 1), mentre Schumacher e Massa, dopo un podio nella gara inaugurale hanno collezionato due ritiri e tre anonimi arrivi tra i primi 10.
 
Le qualifiche di quel sabato di primavera danno ragione a chi questa pista l’ha già vissuta e guidata per 15 volte nella sua carriera, Michael Schumacher arriva a conquistare la 66° pole in carriera. Alle spalle del tedesco la sorpresa è non vedere Fernando Alonso, distanziato di quasi un secondo (5°), ma le due Honda (che da lì a tre anni sarebbe diventata quella macchina da guerra diretta da Ross Brawn) di Button e Barrichello e l’altra Ferrari dell’allora giovane Massa, al primo anno in Ferrari.
 
La Gara. Schumi parte bene e tiene la posizione su Button che a sua volta non sbaglia il rilascio del gas, dietro Barrichello non ha invece i riflessi pronti, fa da tappo ad Alonso e si fa affiancare da Massa: Alonso si prova ad aprire una porta andando completamente sull’esterno affiancando i due avversari, i tre arrivano insieme al tamburello con Barrichello in posizione di svantaggio in uscita di chicane che permette al ferrarista e alla renault di guadagnare una posizione. In fondo al gruppo, sempre nel corso del primo giro, Ide stacca troppo tardi l’acceleratore all’entrata di una curva a 90 gradi andando a cercare spazio dove non c’è e finendo per travolgere Albers; la Midland viene catapultata in aria ribaltandosi diverse volte prima di finire la propria corsa nella ghiaia con fortunatamente nessuna conseguenza per la sua salute del pilota. Alla fine a pagarla cara è proprio il giapponese Ide a cui viene sottratta la superlicenza per tutto il campionato e concluderà quindi la sua stagione dopo appena 3 gare e un giro.
 
La gara riprende dopo breve e anche se Schumi riesce a mantenere la leadership della gara non riesce mai ad allungare sugli avversari. Al 19° giro è il momento del il primo pitstop Ferrari: è il momento di Massa, mentre Schumi rientra il giro dopo, la tattica Ferrari sulle due soste è chiara fin da subito. Cerca invece di sorprendere gli avversari la Renault che decide di far rientrare Alonso solo dopo 27 giri, quasi a metà della gara. Al contrario chi fa le cose di fretta, troppo come dirà poi il risultato finale e la Honda: sono passati appena 31 giri quando Button rientra per il secondo pit stop: l’obbiettivo è quello di fare arrivare molto scarico e veloce l’inglese alla fine della gara. I piani sono già complicati e a mettersi di mezzo è anche il meccanico del “lollipop” che avverte Button di avere strada libera quando il bocchettone della benzina è invece ancora aperto e incastrato. L’inglese accellera strappando via il tubo della benzina portandoselo dietro per diversi metri prima di fermarsi e permettere ai meccanici di sistemare. Nella frenesia del momento, il meccanico responsabile del “lollipop”, alla disperata, prova a fermare Button frapponendo il proprio bastone al casco del pilota, spezzando in due il bastone.
 
Nel frattempo Alonso, con gomme più fresche, si avvicina al sette volte campione del mondo della Ferrari che sta ancora guidando la gara, recuperandogli 3.5 secondi in 3 giri e cominciando a tallonarlo dal 33° al 40°. Alonso, dopo un arrivo in cavalcata che pareva dovesse sbrigare la “questione Schumacher” in poche curve, si adagia sui tempi della Ferrari, prova a farsi vedere negli specchietti dell’avversario, ma tanto per la bravura del tedesco, quanto per il timore reverenziale dello spagnolo non riesce ad affondare l’attacco.
 
A 22 giri dalla fine la Renault prova il tutto per tutto e richiama ai box Alonso cercando l’undercut. La Ferrari è sul pezzo e in un giro fa rientrare ai box entrambi i piloti. Al rientro in pista Michael è ancora davanti allo spagnolo della Renault e le due monoposto, questa volta, possono duellare ad armi pari. Alonso però ha perso le energie mentali e fisiche di prima permettendo a Schumacher di accumulare quel minimo di vantaggio che gli permetterà poi di concludere la gara senza ne sbavature ne preoccupazioni in testa alla gara della Motor Valley.
 
Alonso chiuderà quindi secondo, alle sue spalle, staccato di 15 secondi una buona prova per Montoya, poi Massa e Raikkonen, al fotofinish. Fisichellla chiude con un deludente ottavo posto, chi fa peggio però sono le Honda con Button settimo e Barrichello decimo: strategia di giornata completamente sbagliata per la casa giapponese.
 
Schumi sale così, per l’ultima volta in carriera, sul gradino più alto del podio di Imola, sollevando il trofeo in onore della folla festeggiante in un mare di trombette da stadio, suono inequivocabile che fa tornare agli eventi sportivi di quegli anni. E ancora una volta l’immagine più bella di quella giornata è l’abbraccio liberatorio e fraterno tra il tedesco e Jean Todt. La gara imolese farà infatti da spartiacque a quella stagione restaurando la fiducia in Schumi quanto nell’intero team ferrarista.
 
Da quella domenica alla fine del mondiale, Schumacher e Massa riusciranno a chiudere in 2° e 3° posizione, con Schumi che dominerà la parte centrale del campionato centrando cinque vittorie su sette gare, e cedendo il passo ad Alonso solo alla penutlima giornata, in quel maledetto Gp del Giappone, in cui l’iberico chiuderà primo, mentre il ferrarista non concluderà la gara per un problema al motore. E se molti indicano come il 2005 la fine dell’era Ferrari, il 2006 vede, oltre la conclusione del rapporto con Schumacher, anche quella con guida tecnica di Ross Brawn seguita nel 2007 da quella di Jean Todt: i tre che formavano il core, il dream Team della Ferrari di quegli anni.
 

 

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