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Chiacchiere da Bar…bieri – Bagnaia, ora è vietato sbagliare

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mediahouse.ducati.com


Come si suole dire nel linguaggio web, gli articoli di giugno su (e contro) Francesco Bagnaia sono “invecchiati malissimo”. Allora, dopo la caduta del Sachsenring, per Pecco non c’erano più speranze mondiali. Era il 19 giugno, quasi quattro mesi fa. In 119 giorni è cambiato il mondo. Chi era involato verso il secondo iride consecutivo, Fabio Quartararo, da allora ha incassato tre ritiri, non tutti per colpa sua, salendo una sola volta sul podio, per un totale di solo 47 punti messi in saccoccia. Togliendo la caduta di Motegi, Bagnaia è al contrario sempre andato sul podio, vincendo quattro volte di fila e conquistando ben 152 punti. Il piemontese, complice la flessione inesorabile del francese, ha recuperato lo svantaggio di 91 punti ed ora è avanti con due lunghezze sul pilota Yamaha. Che, in questo momento, vive un periodo buio, segnato dal nervosismo, palesato dalle dichiarazioni concesse alla stampa, quando parla, e dalla sospensione dei suoi profili social.

Al nizzardo il mondiale gli è scivolato via letteralmente come sabbia tra le dita. Mi sento però di non dare a lui tutta la colpa. La sua Yamaha non si è dimostrata all’altezza del compito e Quartararo è spesso sembrato l’unico in grado di togliere il sangue dalla rapa marchiata con i tre diapason. La M1 non è una moto competitiva e in questo 2022 la crisi tecnica già emersa nelle scorse stagioni non ha lasciato scampo neanche al campione del mondo uscente. È presto però per darlo per battuto. Ci sono ancora due gare da correre, con cinquanta punti in palio. Con un Bagnaia che ha dimostrato di essere falloso, soprattutto nei momenti che contano, non si può dare nulla per scontato.

Pecco sa già come si vince un mondiale, avendo conquistato un alloro in Moto2 nel 2018 proprio a Sepang, sede della prossima gara. È quindi consapevole del suo momento di forza e dell’enorme difficoltà che sta vivendo il suo avversario, un momento non dissimile da quello vissuto dallo stesso Bagnaia nella prima parte di stagione. È evidente che il GP della Malesia sarà pressoché decisivo ai fini dell’assegnazione del titolo. Domenica, infatti, Bagnaia non si può permettere di spezzare la sua inerzia positiva. Non è necessario conquistare il mondiale alla prima occasione utile, ma è indispensabile non buttarlo via. Un errore del ducatista, infatti, potrebbe mettere a repentaglio sia la sua serenità che quella del suo box, entrambe già messe a dura prova durante la stagione, e riproporre così i dubbi di molti alla vigilia di questo campionato sulla validità del binomio Pecco-Ducati.

L’arma in più di Ducati si chiama Desmosedici. Che sia una GP 21 o una GP 22, è una moto ultracompetitiva, che sta consentendo al marchio di Borgo Panigale di dominare lo schieramento. Nel team ufficiale, quindi, sanno di poter contare su un esercito di sette scudieri pronti, ormai si può dirlo senza schernirsi e senza apparire ridicoli, ad aiutare Bagnaia nella conquista di un mondiale che passerebbe alla storia, a cinquant’anni dall’ultimo successo nella massima categoria di un pilota italiano su una motocicletta italiana. E a quindici anni di distanza dall’unico successo Ducati in MotoGP, targato Casey Stoner. Di contro, la casa nipponica non può fare questo, a meno di miracoli. Le Yamaha, che già sono solo quattro, lottano costantemente nella parte bassa della classifica. Il massimo che possono fare è rallentare il più possibile e ostacolare il doppiaggio delle Ducati. Ovviamente si parla per assurdo. Ho dimenticato di menzionare Aleix Espargarò e la sua Aprilia. Non me ne voglia il nostro corregionale Massimo Rivola, ma la scuderia di Noale è in flessione costante in questa seconda parte di campionato. Nonostante il catalano sia ancora matematicamente nei giochi per l’iride, mi sembra improbabile un colpo di scena nelle ultime due gare. Sono pronto a smentirmi il 7 novembre prossimo, all’indomani dell’ultimo atto del campionato.

Tornando in casa nostra, ora sì che Ducati può e deve fare gioco di squadra. Quegli ordini di marchio, più che di scuderia, osteggiati anche dal sottoscritto poche settimane fa, ora devono assolutamente arrivare, se necessario. Perché questo cambio di opinione? Lo scenario è radicalmente cambiato. Bastianini è quasi fuori dai giochi, distante 42 punti dalla vetta. Se Ducati non sfruttasse a vantaggio di Bagnaia la sua ampia rappresentanza ai vertici della classifica, si rischierebbe di riproporre la frittata indigesta già cucinata in Superbike nel 2009, quando una vittoria di Michel Fabrizio a Imola ai danni di Noriyuki Haga contribuì a, conti fatti, a consegnare il mondiale a Ben Spies, avversario del giapponese. Anche allora, come oggi, era Ducati contro Yamaha. Speriamo che la conclusione sia opposta.

 

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