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Calcio

100 Storie Rossoblù: 58 Maschio, 57 Mayer, 56 Perin

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Un viaggio giornaliero lungo cento storie. Cento uomini, cento giocatori che hanno vestito la maglia del Bologna nella sua storia lunga oltre un secolo. Nato con l’idea di stilare una classifica dei più grandi rossoblù di sempre, questo progetto con il tempo ha virato verso un modo per raccontare in poche parole le storie di piccoli e grandi uomini. Tra loro c’è chi ha segnato un’epoca e chi invece è stato a malapena intravisto, tutti però hanno una storia da raccontare ed io ho pensato di raccoglierle qui, ogni lunedì, mercoledì e venerdì.  

PUNTATE PRECEDENTI:
– 100 (Bernacci), 99 (Womé), 98 (Dyego Coelho)
– 97 (Walsingham), 96 (Luciano), 95 (Meghni)
– 94 (Aaltonen), 93 (Vukas), 92 (Battisodo)
– 91 (Rubio), 90 (Macina), 89 (Matosic)
– 88 (Chiorri), 87 (Bellucci), 86 (Sarosi)
– 85 (Colomba), 84 (Bellugi), 83 (Turkylmaz)
– 82 (Antonioli), 81 (Binotto), 80 (Liguori)
– 79 (Jensen), 78 (Pilmark), 77 (Zagorakis)
– 76 (Kolyvanov), 75 (Gilardino), 74 (Demarco)
– 73 (Seghini), 72 (Marronaro), 71 (Rauch)
– 70 (Marazzina), 69 (Arnstein), 68 (Detari)
– 67 (Cusin), 66 (Eneas), 65 (De Ponti)
– 64 (Paris), 63 (Giordani), 62 (Fontolan)
– 61 (Cruz), 60 (Muzzioli), 59 (Pagotto)
 

58 – Humberto Maschio
Talento strepitoso, in patria formava con Omar Sivori e Antonio Angelillo il cosiddetto trio noto come “gli angeli dalla faccia sporca” che fu protagonista della vittoria della Copa America del 1957, dove fu capocannoniere. Giunto in Italia insieme ai compagni, si accasò al Bologna dove però mostrò solo a intermittenza i lampi di classe che lo contraddistinguevano. Arretrato il raggio d’azione, ebbe sicuramente minore impatto di Sivori e Angelillo nella storia calcistica del nostro Paese, pur fermandovisi quasi un decennio: dopo due anni a Bologna giocò anche nell’Atalanta, nell’Inter (con cui vinse uno Scudetto) e con la Fiorentina, con cui conquistò la Coppa Italia nel 1966, anno in cui tornò in patria. Persa, come tutti quelli che lasciavano il Paese ai tempi, la Nazionale Argentina, divenne “oriundo” giocando quindi i Mondiali del 1962 in Cile con l’Italia, e nella partita contro il Cile nota come “la battaglia di Santiago” si ruppe il naso dopo che Sanchez gli rifilò un pugno a gioco fermo. Tornato in Argentina a fine carriera vinse un titolo nazionale con il Racing de Avellaneda, che poi allenò oltre a essere (per un breve periodo) anche CT della Nazionale albiceleste.

57 – István Mike Mayer
Centravanti ungherese possente e dalla grande capacità realizzativa, arrivò in Italia voluto dal tecnico magiaro del Bologna Gyula Lelovics. In maglia rossoblù si distinse come un attaccante fenomenale, inserito purtroppo in una squadra incapace di lottare per lo Scudetto. Dopo un primo anno di assestamento si inserisce perfettamente negli schemi rossoblù, laureandosi per due volte consecutive miglior marcatore della squadra con 21 e 14 reti. Passa quindi alla Lucchese, poi al Napoli e quindi ancora al Bologna per altre due stagioni. Le polveri appena bagnate – anche perché si dice che sia più vecchio di quanto dichiarato – si distingue comunque per una presenza in area non indifferente che apre spazi ai compagni che si inseriscono da dietro. Chiude nel Genoa, quindi dopo aver allenato Salernitana e Scafatese si trasferisce in America, dove ha aperto un’impresa di costruzioni e dove cresce i due figli, entrambi futuri protagonisti del football americano dopo aver tentato anche con il calcio. Generoso e potente, gran realizzatore, si perde l’epopea della “Grande Ungheria” anche per aver abbandonato il Paese, scelta che ai tempi costa a chi la compie l’esclusione dalla Nazionale.

56 – Bernardo Perin
Ala (o centravanti al bisogno) dallo straordinario spessore tecnico, fu soprannominato “la Signorina” per via dell’eleganza del suo dribbling. Cresciuto nel Vicenza e stabilitosi dopo la Guerra nel Modena, fu lì che venne notato dal Bologna, che per averne i servigi lo pagò 2 Lire e i costi dell’apertura di un forno in città, in piazza Malpighi, che in seguito divenne punto di raduno per i suoi tanti tifosi. Dopo essersi dedicato al lavoro, Perin raggiungeva la squadra e puntualmente si rivelava uno dei migliori in campo, vera anima della squadra che vinse gli Scudetti del ’24/’25 e del ’28/’29 e che schierava anche Muzzioli, Della Valle e Schiavio. Se in Nazionale contò appena 4 presenze tra il 1921 e il 1923, in maglia rossoblù fu straordinario, giocando oltre 200 partite e segnando 75 reti. Chiuse la sua carriera insieme a Della Valle, proprio quando il calcio italiano si organizzò su un girone unico calcistico. Viene tuttora considerato uno dei più grandi calciatori di sempre del Bologna nonché un punto fermo dei primi anni di vittorie rossoblù. Morì poco prima della vittoria dello Scudetto del 1963/1964, evento che diceva di attendere con ansia dal giorno del ritiro.

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