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Calcio

I PROTAGONISTI DEL MONDIALE (3^ puntata): Francia 1938

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Prosegue il racconto dei Mondiali di calcio: trovate QUI l’edizione del 1930 e QUI quella del 1934. 


#IL MONDIALE

La terza edizione della Coppa del Mondo si gioca nella patria del suo ideatore, Jules Rimet, e la mancata alternanza (stabilita in origine) tra Europa e Sudamerica causa la mancata partecipazione di Argentina e soprattutto di Uruguay, che già aveva saltato l’edizione precedente in Italia. Al via si presentano sedici squadre: i campioni in carica italiani, i padroni di casa della Francia e altri quattordici team che vengono fuori (per la prima volta) da qualificazioni a base regionale. Ancora assenti le britanniche; abbiamo però la prima asiatica di sempre, l’attuale Indonesia, allora chiamata Indie Orientali Olandesi.


Il torneo vede la conferma come squadra campione dell’Italia di Vittorio Pozzo, quasi completamente rinnovata rispetto a quella di quattro anni prima e che nel frattempo aveva vinto anche la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino del ’36: una conferma che la vittoria in casa non fu casuale, bensì figlia di un movimento calcistico all’avanguardia che univa perfettamente classe, sapienza tattica e carattere, necessario quest’ultimo per superare il clima ostile del pubblico verso il regime fascista che gli Azzurri rappresentavano.

#GLI EROI
L’Italia schierava un attacco fenomenale, con Meazza e Piola cardini centrali e Ferrari, Colaussi e Biavati pronti a innescarli, mentre in regia giostrava Andreolo. In porta Aldo Olivieri si dimostrò un vero campione nella sorpresa generale – doveva essere riserva di Ceresoli, che si infortunò.
Attesa dai tifosi era anche l’Ungheria, che davanti vantava Sarosi (ai tempi considerato uno dei tre migliori giocatori europei insieme a Meazza e Sindelar) e l’ottimo Szengeller. Altri due bomber attesi e che non delusero le aspettative furono il ceco Nejedly, già capocannoniere quattro anni prima in Italia, e il polacco Wilimowski, autentica macchina da reti.


Capocannoniere del torneo fu il brasiliano Leonidas, che nel torneo precedente era stato una comparsa insieme alla sua squadra e che in questo torneo siglò ben sette reti: i sudamericani furono eliminati in semifinale dall’Italia, quando Leonidas non giocò. Altri campioni che si distinsero furono lo sfortunato svizzero André Abbeglen, autore di 3 gol nella doppia sfida che sancì l’immediata eliminazione della Germania e che morirà sei anni dopo appena 35enne in un incidente ferroviario con la sua squadra, ed il cubano Héctor Socorro, autore di 2 gol contro la Romania.


#L’EPISODIO
L’Austria, indicata da tutti gli esperti come un’ovvia favorita, dovette ritirarsi appena qualche mese prima dell’inizio del torneo a causa dell’Anschluss, l’annessione da parte della Germania nazista. Di fatto la nazionale scomparve, inglobata in quella degli invasori, dove però i “nuovi tedeschi” non riuscirono a giocare secondo le aspettative. La Germania fu subito eliminata, anche perché il miglior giocatore austriaco, Matthias Sindelar, rifiutò la convocazione. Apparirà durante la finale, da semplice spettatore, causando il canto della marsigliese da parte del pubblico che in lui vedeva un simbolo dell’anti-nazismo, quindi morirà l’anno successivo in circostanze misteriose.


Altro episodio degno di nota è la semifinale tra Italia e Brasile: i sudamericani sono sicuri della vittoria, tanto da aver già acquistato i biglietti aerei per Parigi, dove si svolgerà la finale. L’allenatore lascia fuori diversi elementi di valore tra cui il bomber Leonidas, ma l’Italia ha la meglio grazie ai gol di Colaussi e Meazza, che realizza un rigore tenendosi con la mano il pantaloncino cui si è rotto l’elastico. Indispettiti, i brasiliani rifiutano di cedere i biglietti agli italiani, che sono così costretti a raggiungere Parigi in treno dove affronteranno l’Ungheria e vinceranno, conquistando così il trofeo.



#IL PROTAGONISTA
Il più grande bomber della Serie A di tutti i tempi. Il miglior marcatore della Nazionale per quasi trent’anni, record conseguito quando le rappresentative nazionali giocavano un pugno di gare all’anno. Tuttora il migliore per quanto riguarda la media gol/partite giocate. Questo, e molto altro, fu Silvio Piola.
Esordisce a 16 anni nella gloriosa Pro Vercelli, un tempo squadra più forte d’Italia ma già allora all’inizio di una fase calante che proseguirà inesorabile fino ai giorni nostri. Alto, per l’epoca, e forte fisicamente, fa esaltare i tifosi e il presidente delle bianche casacche, che dopo avergli visto siglare due splendidi gol, ancora minorenne, in un’amichevole con il Red Star di Parigi, non ha dubbi. “Questo ragazzo diventerà il centravanti che Vercelli non ha mai avuto”. Non si sbaglia. La prima rete la segna, ironia del destino, contro quella Lazio di cui vestirà la maglia per nove lunghe stagioni: un passaggio fortemente voluto dal regime fascista, e che ha numerosi intoppi. Intanto la Pro Vercelli stessa, che non intende cederlo: “Mai lo cederemo, neanche per tutto l’oro del mondo. Perché il giorno che saremo costretti a cederlo, quel giorno segnerà il tramonto della Pro Vercelli”, dirà ancora il presidente Ressia. Parole profetiche, visto che Piola sarà l’ultimo grande giocatore della Pro, che dalla sua partenza conoscerà un inesorabile declino. Parole inutili, la squadra è in forte difficoltà economiche e Silvio non vuole giocare in un club che non punta al titolo. È già in parola con l’Ambrosiana-Inter, ma all’ultimo interviene il regime: Piola farà il militare a Roma, quindi sarebbe proficuo per lui accettare il (ricchissimo) contratto offerto dalla Lazio.


Dubbioso, è costretto ad accettare. Il calcio vincente, però, ai tempi si gioca in alta Italia: Piola lo sa, teme di non poter conquistare la Nazionale e di non vincere alcun titolo. Avrà ragione sul secondo timore, ma è tortuosa anche la strada che lo porta in azzurro. Salta i Mondiali del 1934, perché Pozzo preferisce Schiavio come centravanti, ma nel 1938 è il titolare dell’attacco azzurro in Francia, con “Angiolino” ormai anziano. Ai Mondiali segna cinque reti, di cui una decisiva doppietta in finale: è il trionfo, e sarà l’unico titolo conquistato in carriera dal miglior bomber italiano di tutti i tempi.


Già, perché nella Lazio in nove stagioni arriva a sfiorare il titolo solo in due occasioni ma personalmente segna ben 143 reti in 227 gare, tra l’altro non giocando sempre di punta ma venendo saltuariamente schierato anche come interno di centrocampo per via della prestanza fisica notevole. Il suo bottino di gol gli vale ancora oggi il titolo di miglior marcatore di sempre dei Biancocelesti.


Con la guerra e l’Italia divisa in due, si trova al Nord e gioca per una stagione con il Torino FIAT, la base di quello che diventerà il Grande Torino: segna 27 gol in 23 gare, ma i granata perdono sorprendentemente il titolo in finale contro la rivelazione dei Vigili del Fuoco di La Spezia. Chiede e ottiene, una volta che il calcio è tornato alla normalità, un trasferimento al nord: lo acquista la Juventus, che però deve inchinarsi proprio al Torino nella corsa allo Scudetto: sono due stagioni amare; segnerà comunque un gol ogni due gare ma per qualcuno è vecchio, finito o giù di lì. I bianconeri lo scaricano, e lo ingaggia il Novara: subito dimostra al mondo calcistico italiano che ha ancora delle cartucce da sparare. Anzi. Con il Novara giocherà per sette stagioni, segnando la bellezza di 86 reti in 185 gare. Naturalmente il titolo nazionale rimane una chimera, ma si toglie la soddisfazione di ritrovare la Nazionale alla soglia dei quarant’anni, in un Italia-Inghilterra.


L’ultima rete è contro il Milan, Piola ha quarant’anni e mezzo e segna di rovesciata, pur furiosamente marcato. Si ritira nel 1954, quarantuno anni compiuti e nessun titolo nazionale vinto. Il suo più grande rimpianto, quello di non essere mai stato campione d’Italia. Ma quel 19 giugno del 1938, allo stadio “Colombes” di Parigi, quando l’Italia si confermò Campione del Mondo, gran parte del merito fu suo: non solo stese gli ungheresi con una doppietta, ma trasformò anche i fischi del pubblico antifascista in convinti applausi di ammirazione. 
Uno dei tanti miracoli, forse il più importante, del più forte attaccante italiano di tutti i tempi: Silvio Piola, che di professione gonfiava la rete.

 
Fonti: “Storia dei Mondiali di Calcio” (S. Bocchio – G. Tosco, ed. Sestante),
Wikipedia 

Editing: Eleonora Baldelli 

 

 

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