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L’analisi di Atalanta-Bologna 1-0 – 24 ott

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Ormai siamo vicini alla sfida contro la Lazio di Simone Inzaghi, ma torniamo per un attimo alla partita giocata domenica contro l’Atalanta. 

La sconfitta si può dire senza problemi che il Bologna se la sia meritata per quanto visto in campo, e l’atteggiamento troppo rinunciatario non deve farci subire una grossa ridimensionata, ma sicuramente serviva per un bel bagno di umiltà. Dico questo non per affermare che la squadra sia stata troppo spavalda rispetto alle sue qualità, ma mi riferisco più all’ambiente che già inneggiava all’Europa. 

Donadoni contro i bergamaschi ha presentato il 4-3-3 con i soliti interpreti, con il cambio obbligato Torosidis per Mbaye. Il greco però è dovuto uscire anzitempo per un problema muscolare che ieri si è rivelato una lesione. 

Cos’ha funzionato?

Certamente in fase difensiva abbiamo lavorato molto bene. I due esterni Spinazzola e Castagne poche volte sono riusciti a raggiungere il fondo, e tra le linee abbiamo lasciato pochissimo spazio.
Anche domenica c’è da sottolineare il lavoro straordinario di Verdi e di Di Francesco che si sono ancora una volta dimostrati molto generosi nella fase di non possesso. In mezzo Pulgar ha protetto molto bene la difesa, e la coppia di centrali ha assorbito al meglio i movimenti di Petagna. 
In fase offensiva ha funzionato ancora una volta Rodrigo Palacio. Quando riusciva a puntare il difensore e la porta, poche volte faceva giocate scontate, e l’infortunio patito verso la fine del match è una brutta mazzata per il Bologna.

Nell’immagine a fianco sono rappresentate le posizioni medie dei rossoblu in fase di non possesso. Si possono notare le linee strettissime e il baricentro molto basso.

Cosa non ha funzionato?

Siamo stati bravi dietro, ma eccessivamente timidi quando c’era da ripartire. Il baricentro della squadra era sui 41 metri, troppo basso per sperare di riuscire a ripartire con energia verso la porta. L’unica volta in cui siamo riusciti a effettuare un’azione in transizione è stata gettata al vento da Verdi, che con un eccesso di altruismo ha cercato Palacio in mezzo invece che tirare verso la porta, dopo uno splendido assist di Pulgar. 

Donadoni ha messo in campo una squadra forse eccessivamente corta (19 metri), che non riusciva a supportare Palacio quando riceveva palla, costingendo il trenza a giocate individuali e dispendiose. 

Il passaggio alla difesa a 3.

Molti hanno dibattuto su quel fatidico cambio al 59° De Maio per Di Francesco, con conseguente passaggio al 3-5-2. Chi non era d’accordo lo riteneva un cambio troppo rinunciatario e inutile per produrre una fase offensiva degna di nota. Io penso che l’idea non fosse così errata per due motivi: il primo è per fronteggiare al meglio due punte fisiche come Petagna e Cornelius, che in area di rigore fanno della fisicità la loro arma migliore; il secondo è perchè con questo modulo si toglievano compiti difensivi a un Verdi che dietro alla punta poteva rendersi molto pericoloso. 
I difetti di quel modulo erano gli esterni Krafth e Masina, troppo timidi e difensivi.

Un problema invece che sta diventando molto grande, sono i troppi infortuni muscolari che costringono sempre Donadoni a dei cambi obbligati. Ad esempio dopo il vantaggio dell’Atalanta siamo stati costretti a togliere Palacio per un problema muscolare, con già alle spalle l’infortunio di Torosidis al 25° del primo tempo. 
Non poter cambiare le sorti della partita con cambi ragionati è un aspetto molto problematico, che alla lunga potrebbe costare. Contro i nerazzurri non è stato l’unico episodio, visto che era già capitato contro il Benevento e nel derby con la Spal, in cui erano dovuti uscire per infortunio Mbaye e Poli. 

Domani sera arriva la Lazio al Dall’Ara, una sfida proibitiva, anche per via della forma impressionante di Immobile e compagni. Noi ci proveremo, rialzando la testa dopo l’incidente di percorso di Bergamo.

 

(Fonte immagine: ANSA)

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