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Meteore: Mika Aaltonen

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I soprannomi nel calcio possono essere più o meno azzeccati: alcuni ti condannano (come per la meteora rossoblù Meghni, di cui abbiamo già parlato), altri vengono spontanei vista la classe del giocatore (vedi “Maestro” per Pirlo), altri ancora derivano dal carattere o dall’esultanza dopo i gol segnati, uno su tutti Er Pupone.

Ebbene, il protagonista di questa nuova puntata si è certamente guadagnato il suo nomignolo, ma non grazie al suo talento calcistico, quanto per i suoi traguardi da studioso che lo hanno portato a diventare a tutti gli effetti… professore.

È la stagione 1987-1988, il campionato italiano è notoriamente il migliore al mondo, e sono in corso i sorteggi per i sedicesimi della Coppa UEFA. L’Inter di Trapattoni viene accoppiata al Turun Palloseura, una squadra finlandese di cui nessuno aveva mai sentito parlare. “Sono già passati”, è quello che pensano tutti.

Arriva il giorno della partita, precisamente il 21 ottobre 1987. San Siro è pieno di tifosi, fiduciosi di assistere a una goleada della propria squadra.

Perfino i telecronisti fanno fatica a distinguere i giocatori della squadra ospite. Tuttavia, ne balza all’occhio uno, il numero 10 del Turun, l’unico con i capelli castani, si chiama Mika Aaltonen.

L’Inter sembra in pieno controllo della partita, ma al minuto 11 Aaltonen riceve palla da quasi trenta metri e fa partire un missile che va a infilarsi nel sette della porta di Zenga.

Lo stadio si ammutolisce, squadra e allenatore non riescono a credere a propri occhi. Al ritorno i nerazzurri riescono poi a ribaltare il risultato, assicurandosi così il passaggio del turno, ma l’allora presidente Pellegrini era rimasto stregato da quel talento con la 10 sulle spalle.

In quegli anni, però, c’era il limite di due extracomunitari in squadra, dunque, Pellegrini è costretto a proporre al centrocampista un contratto da straniero in sovrannumero. Che sarà mai, si tratta comunque di un salto di qualità incredibile, la svolta per la carriera di un giocatore.

Aaltonen viene quindi girato in prestito al Bellinzona, in Svizzera, dove continua a mostrare un ottimo potenziale.

Alla fine della stagione fa ritorno a Milano. I posti in squadra, però, sono ancora occupati, e viene quindi ceduto nuovamente in prestito, questa volta in Italia, al neopromosso Bologna.

Come detto, la Serie A è il campionato migliore del mondo, e di conseguenza è anche il più difficile in cui ambientarsi. Lo capisce subito il tecnico Maifredi, che lo fa giocare appena 3 partite, tutte nel mese di ottobre, per un totale di 45 minuti giocati. Inutile dire che non viene riconfermato.

Aaltonen non sembra però turbato durante la sua permanenza a Bologna. Anzi, approfitta di una città famosa per la sua università per studiare alla Facoltà di Economia e Commercio, oltre che a perfezionare il suo italiano. Un caso straordinario. Non gli interessa divertirsi e fare baldoria, come al contrario della maggior parte dei suoi coetanei, Mika ha scoperto la sua vera passione: lo studio.

Lasciata l’Italia si dirige all’Herta Berlino, poi in Olanda e addirittura in Israele, senza mai mostrare quelle giocate che, pochi anni prima, stregarono la dirigenza neroazzurra.

A nemmeno trent’anni, Aaltonen fa ritorno in patria per concludere la sua non entusiasmante carriera. O meglio, la sua prima carriera.

Sì, perché in Finlandia, nella sua Turku, Mika completa un dottorato in economia, per poi intraprendere la carriera di ricercatore.

Sembra già abbastanza impressionante così, ma Aaltonen si è riuscito ad affermare nel campo scientifico anche grazie a numerose importanti pubblicazioni (che non citeremo perché tutte in finlandese).

Ad oggi, Mika Aaltonen non viene ricordato come l’ex calciatore che fallì in Italia, ma come il CEO della Research and Analysis Corporation of Finland, come membro del comitato scientifico del National Audit Office, e, se non bastasse, come fondatore e presidente della Al Strategy Company, una start-up nel campo dell’intelligenza artificiale.

Il pallone non è per tutti, anche se il talento ti assiste. Ne è una prova Mika, che, se non dovesse decidere di cambiare nuovamente carriera, potrebbe diventare il primo premio Nobel per l’economia nella storia ad aver segnato una rete a San Siro. Due sogni in uno, per il professore.

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