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Amarcord – 29 novembre 1998, Bologna-Juventus 3-0

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Magari finisse di nuovo così. A denti stretti, se lo ripeteranno i tifosi rossoblù dopo aver fatto un tuffo nel passato e ripescato immagini e ricordi risalenti al 29 novembre 1998, quando il Bologna mazzoniano superava con un rotondo e devastante 3-0 la Juventus del traballante Lippi. Oggi, vedendo lo stato di forma bianconero e la rosa felsinea ancora in fase di rodaggio, appare molto difficile ripetere l’impresa. Ma chissà che, nella settimana che piange la scomparsa di Carletto, una delle squadre a cui fu più affezionato non possa rendergli onore andando a giocare una grande partita proprio in quel di Torino.

Il 1998 delle due squadre

Certo, quello era un Bologna di una certa caratura. Che aveva giocato e vinto l’Intertoto nell’estate precedente, conquistandosi di diritto un posto in Coppa UEFA. E che poi, per lo stesso motivo, pagando una preparazione forse troppo anticipata si trovò a faticare ad inizio torneo, non trovando la vita della vittoria sino al 3-1 casalingo contro il Piacenza datato fine ottobre. Poi però, la squadra aveva dato netti segnali di ripresa, incominciando a fare punti importanti in campionato (ben 8 nelle 4 gare seguenti il successo sui Lupi) e arrivando, pochi giorni prima della partitissima contro la Juve, a strapazzare per 4-1 il Betis del fuoriclasse Denilson.

La Juve, invece, al match del Dall’Ara ci arriva malino. Giunta a quello che Lippi definirà “il periodo più difficile nei cinque anni in cui è stato con la squadra”, in campionato è reduce da appena due punti racimolati in tre gare, su cui pesa il netto KO rimediato a Roma contro i giallorossi. In Champions, se possibile, va anche peggio, con le Zebre mai vittoriose nei primi quattro incontri, capaci di abbattere diversi record e di rimediare figure dimenticabili come quella di Trondheim con il Rosenborg.

Le formazioni

Lippi deve fare fronte a diversi infortuni, oltre che alla pressante situazione doping e a quella (politicamente) complessa relativa alla UEFA, che vede la squadra ancora titubante circa la trasferta che la attende ad Istanbul (sponda Galatasaray) pochi giorni dopo. Il tecnico opta per avanzare Birindelli e impostare la difesa a tre (mossa che si rivelerà fatale), affidandone le chiavi al trio Iuliano-Ferrara-Tudor, agenti a protezione di Peruzzi. Il variegato centrocampo bianconero vede invece Di Livio e per l’appunto Birindelli sulle fasce, con Tacchinardi e Conte a supporto di Zidane. In attacco, Inzaghi si appoggia ad Amoruso.

Mazzone, invece, schiera i suoi con un più ufficiale 4-4-2 che vede Antonioli tra i pali, Tarantino-Mangone-Bia-Paramatti a formare la linea di difesa, Fontolan-Ingesson-Marocchi-Binotto quella di centrocampo, e infine il tandem delle meraviglie Anderson-Signori davanti. In seguito proprio Giovanni Bia, che di mestiere oggi fa il procuratore, interrogato sulla partita dirà: “Nella fase di riscaldamento Mazzone venne da noi e ci disse: ‘Regà, oggi vi vedo proprio bene, dai che nel giro di mezz’ora saremo due o tre a zero. Voi fate le cose per bene e quello che ci siamo detto: rubiamo palla sulla trequarti e allarghiamo il gioco’”.

La partita

Detto fatto, perché nel giro di appena tre minuti il Bologna è già in vantaggio. Punizione di Signori, Paramatti salta più in alto di tutti – sicuramente più di Ferrara – e insacca lambendo il palo alla sinistra di Peruzzi. Al 5’, Binotto mette nuovamente in apprensione la retroguardia juventina con un cross basso che taglia l’area e si spegne solo tra le braccia del portiere. La confusione evidenziata è il preludio a ciò che accade quattro minuti più tardi: campanile alzato in area da un indiavolato Signori, spizzata di testa di Andersson e intervento grottesco di Tudor che, difatti, serve nuovamente la palla al numero 10 rossoblù; tutto solo, l’attaccante deve solo depositare in rete, per poi lanciarsi sotto la curva a poter festeggiare il suo quinto goal in campionato.

La Juventus sembra proprio non esserci, e il Bologna sfiora il 3-0 su un colpo di testa di Bia che esce di pochissimo. Al 28’, poi, la definitiva resa della Vecchia Signora: Ferrara si incespica in un improbabile controllo a metà campo, facendosi rubare palla da Fontolan; il 18 prosegue la percussione, scambia con Andersson, e come fosse la cosa più facile del mondo spedisce alla sinistra di Peruzzi per il definitivo 3-0. Definitivo solo perché Binotto, con l’errore davanti al portiere di qualche minuto dopo, grazia gli avversari ed evita il quarto goal. E il tabellino potrebbe cambiare ancora nel secondo tempo, quando Mangone sfiora il goal della vita con una rovesciata che non va troppo lontana dall’incrocio dei pali.

Della Juve non c’è traccia, e il tabellino rimane quello, perché Antonioli con un miracolo toglie anche la possibilità del goal della bandiera a Zidane e compagni: il suo riflesso sulla girata di Inzaghi gli valgono la parata del giorno.

A 5’ dalla fine, arriva il cambio Kolyvanov-Signori, salutato dal Dall’Ara con una fragorosa standing ovation. I 36.000 presenti allo stadio applaudono per la verità l’intera squadra, capace di uscire da un periodo vorticoso con delle prestazioni sempre in crescendo, a cui ha fatto da ciliegina sulla torta il roboante successo contro gli uomini di Lippi.

Un nuovo ricordo

Una partita storica, che entra negli annali sostituendo il ricordo del lontano 1974, quando i rossoblù avevano superato la Juventus per 2-1 sempre tra le mura amiche. L’entusiasmo in città è tanto, data anche la splendida partita affrontata in Coppa UEFA dal suo Bologna, ma Mazzone ci metterà poco a smorzarlo nel suo stile, invitando tutti quanti a mantenere i piedi per terra: “C’era un amico mio che divenne miliardario vendendo le mele. Poi si mise a costruire palazzi, e fallì. Ci siamo capiti?”.

Sull’effetto prodotto dallo stare così in alto, in una frase probabilmente capace di condensare molto di quello che fu, Carletto invece risponderà: “L’effetto è che sarà il caso che io mi metta a giocare la schedina, di ‘sti tempi, perché le sto azzeccando tutte. Tanto lo so che prima o poi la botta arriverà. È solo che stiamo lavorando per fare in modo che sia poi, anziché prima. Volete vedere frenare questa squadra? Bene, allora mettetele sulle spalle un bel fardello di responsabilità, e vedrete che a fermarsi ci metterà poco. Io però, prima che questo succeda, una cosa la vorrei dire: ma chi ce lo fa fare d’inseguire dei traguardi, non sarebbe meglio continuare a vivere così?“.

 

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