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Zirkzee: «Mi ispiro a Bergkamp e Van Basten, ma è Ronaldinho il vero motivo per cui ho iniziato ad amare il calcio»

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Damiano Fiorentini / 1000cuorirossoblù.it


In un’intervista a DAZN condotta da Giampaolo Pazzini, il numero 9 rossoblù Joshua Zirkzee ha raccontato qualche retroscena dello straordinario periodo di forma suo e dei suoi compagni. Dal gioco di squadra al suo passato al Bayern, dai suoi idoli al suo stile di gioco: ecco le parole dell’attaccante olandese.

9 e mezzo

Qual è la posizione del campo in cui sei più a tuo agio?

«Sicuramente nella metà campo avversaria. Naturalmente mi trovo a mio agio in area di rigore, perché mi sento libero di poter provare tutte le giocate che voglio senza correre troppi rischi. In più è anche la posizione in cui si segnano la maggior parte dei gol. Fuori dall’area invece forse mi piace stare sulla fascia sinistra, soprattutto quando iniziamo ad attaccare».

Dato che ti piace anche fare assist, ti senti più un 9 puro o un 9 e mezzo?

«Alla fine sono pur sempre un attaccante, quindi se non riesco a segnare non sono contento, esattamente come tutti gli altri. Sai anche tu come ci si sente quando non riesci a segnare in una partita in cui vorresti farlo. Non penso di essere un attaccante egoista, ma penso anche che sia qualcosa su cui debba lavorare ancora».

Gioco di squadra

Qual il primo movimento a cui pensi per liberarti meglio dalla marcatura e prenderti più spazio?

«Vado un po’ ad istinto, ma dipende anche da chi ha il pallone in quel momento. Se Beukema ha il pallone io so che ha un buon cross, quindi non andrò incontro al pallone, ma in profondità, perché è una giocata che proviamo in allenamento. È importante avere questo tipo di connessione con i tuoi compagni. Se Kristiansen si trova in una certa zona del campo io so che posso correre in profondità anziché tornare e lui sa che io farò questo tipo di movimento. In più mi piace ricevere la palla non in verticale. La voglio addosso, così che possa guardarmi attorno e capire come muovermi».

Se capisci che non hai il difensore addosso però ti giro subito e punti l’uomo, giusto?

«Sì, alcuni difensori giocano molto bene perché sanno che cerco il contatto. Ma di solito preferisco correre avanti e poi tornare indietro per crearmi un po’ di spazio. Penso che la corsa iniziale sia molto importante, perché crea dei problemi alla difesa avversaria. È quello che faccio quando corro verso la palla, mentre Kristiansen la controlla, e poi se c’è spazio corro in profondità sperando che lui me la passi, altrimenti ho corso per niente (ride, ndr)».

Se ti marcano stretto a uomo, tu comunque grazie alla tua stazza riesci a muoverti e a girarti. Un difensore in questi casi cosa dovrebbe fare?

«In realtà io cerco sempre di evitare questo tipo di situazioni. Cerco sempre di toccare il pallone in modo da potermi girare velocemente o passarla a qualcun altro. Perché se inizio a difendere palla spalle alla porta è più facile per i miei avversari fare un raddoppio e a quel punto sono troppo impegnato a non perdere palla».

Calcio di strada

Hai detto più volte di essere cresciuto nel calcio di strada, ed in certe tue giocate questa influenza si nota molto, non credi?

«Conosco molti ragazzi che hanno un’ottima tecnica in strada, ma ci sono abilità che puoi portare in campo e altre che funzionano soltanto in strada. Hai bisogno di entrambe. È come quando giocavi al campetto. Spesso eri contro ragazzi più grandi quindi dovevi essere più intelligente di loro. Direi che è questo il motivo per cui a volte provi le giocate che facevi da bambino. E penso sia anche qualcosa che i tifosi meritano di vedere , perché vengono allo stadio anche per quello».

Qualcosa su cui migliorare

Qualcuno ti critica perché sostiene che forse segni pochi gol per essere una punta. Cosa ne pensi?

«Non ho un obbiettivo per quanto riguarda i gol. Naturalmente la gente ha ragione, alla fine sono un attaccante, quindi… Ma anche io voglio segnare. Quando non segno non riesco a dormire bene. Credimi, faccio del mio meglio e voglio segnare più gol possibili».

Data la tua altezza, come mai non hai ancora segnato un gol di testa?

«Non ne ho idea! Non è che non sia in grado di farlo, è solo che… Non ne ho idea. È vero non sono mai stato un attaccante forte di testa, infatti mi hanno sempre detto che avrei dovuto migliorare questo aspetto».

Forse perché ti senti a tuo agio fuori dall’area?

«In realtà la maggior parte dei gol li ho fatti in area. Probabilmente ci devo stare più spesso»

Il passato

Al Bayern Monaco hai giocato con grandi campioni. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?

«Mi è piaciuto molto essere al Bayern, ho imparato tantissimo. Il Bayern è il meglio del meglio. Sono felice di aver avuto la possibilità di trascorrere quel periodo lì e resterà sempre la mia squadra del cuore in Europa».

Dopo il Parma, squadra in cui non giocavi molto, ti sei trasferito all’Anderlecht, dove invece hai iniziato a fare gol. Cos’è cambiato?

«Sono stato molto fortunato perché avevo un ottimo allenatore: Vincent Kompany. Mi dava spesso consigli spiegandomi cosa è difficile per un difensore, è un allenatore che ama spiegare le cose. Parlavamo anche la stessa lingua quindi tutto è stato più facile. La prima volta che ci siamo parlati al telefono mi ha detto: “Non puoi rimanere un giovane talento, devi diventare un calciatore vero e proprio” e questa cosa mi ha davvero aperto gli occhi».

Da un difensore come Kompany sei poi passato ad un centrocampista come Motta. Che rapporto hai con Thiago e cosa ti chiede di fare in campo?

«Se quello che fai aiuta la squadra, allora puoi fare ciò che vuoi. Penso che ciò che voglia unito alle mie qualità sia un’ottima combinazione».

A quali attaccanti olandesi ti ispiravi da bambino?

«Bergkamp, sicuramente, poi Van Basten, Kluivert o Van Persie. Anche Ruud Van Nistelrooy è fortissimo e ha vinto tanto, ma i miei preferiti rimangono i primi che ho detto».

E invece un idolo che hai sempre avuto ma che non fosse olandese?

«Ne avevo tanti, ma sicuramente Ronaldinho. Lui è stato il motivo per cui ho iniziato ad amare il calcio».

Mentalità

Come vivi questo sport? Sei uno di quegli atleti ossessionati dalla preparazione o per te è più un gioco?

«Penso che a questi livelli debba essere un’ossessione, sì, ma senza esagerare. Perché alla fine credo che ci siano cose più importanti nella vita. Devi prendere il talento che Dio ti ha donato e cercare di sfruttarlo il più possibile, cercare di raggiungere il tuo massimo potenziale».

Come ti prepari alla partita? Studi gli avversari con dei video o sei più concentrato su te stesso?

 

«Sono rilassato. Non guardo nulla, mai. L’unica cosa che faccio è immaginare delle situazioni che potrebbero accadere durante la partita, come potrei gestirle e cose del genere. Però non guardo nessun video, e anche prima della partita sono tranquillo. Forse prima di entrare in campo sento qualcosa: quello è il momento in cui sale la tensione, ti carichi! Sai che è il momento di iniziare! Ad essere onesto prima dell’inizio della partita non vedo l’ora di giocare, quando prendiamo i bambini per mano e ci avviamo verso il campo è il momento in cui inizi a pensare che la parti sta per cominciare e sei carico. Durante il riscaldamento sono ancora rilassato, ma appena torno dentro mi sale l’adrenalina».

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