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Villa: “Combatto come quando giocavo in rossoblu”

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Lo ha intercettato il Corriere dello Sport, nell’edizione odierna. Renato Villa, per tutti i tifosi rossoblu “il Mitico”, difensore di un Bologna gagliardo tra gli Ottanta e i Novanta, due genitori ultranovantenni, un passato da combattente così come oggi deve fare nell’emergenza sanitaria in corso. Arrivato in rossoblu nel 1986, si prende la serie A alla seconda stagione, 1987-88, la vetta più alta prima della discesa che rischiò di far sparire il club stesso. “Decisi di smettere nel 1992 perché non volevo andare via. Al Bologna ho dato tutto, ero ruvido, spigoloso, ma ero di compagnia”. Lui che faceva la raccolta delle figurine e si trovò poi in una foto abbracciato a Maradona, prima di un Napoli-Bologna. Eppure, una volta disse che il giocatore che lo mise più in difficoltà fu… Sauro Frutti, attaccante del Modena, quando dovette affrontarlo in serie B. 

I genitori di Villa stanno a trenta chilometri da Codogno, epicentro del contagio iniziale. “Hanno sempre fatto i contadini, e ancora oggi stanno dietro alle galline e ai conigli. Ci sentiamo ogni giorno su Skype, mia nipote è dovuta andare a chiuderli in casa. Questo è un nemico subdolo, non sai dov’è, com’è. Non nascondo che sono un po’ preoccupato, sono loro addirittura a tenere su di morale me…”. Una quotidianità ingessata, come tutti. “Ho un supermercato di fronte a casa, esco al mattino: guanti, mascherina, e vado a fare la spesa e torno. Faccio solo cinquanta metri a piedi”. Due figli e due nipoti, e la certezza che nulla sarà come prima, anche nel calcio: “Dobbiamo rispettare le regole, non c’è altro da fare. Avevano ragione i nonni, ora ci pensiamo un po’ di più tutti alle loro sofferenze passate. Nel calcio nulla sarà come prima, tutto calerà, il pallone tornerà a una dimensione normale. Soprattutto dalla serie C in giù, ci saranno problemi. Per molti sarà complicato ripartire e anche il Bologna dovrà fare due conti. E poi il Dall’Ara, sempre gremito: il bolognese ha passato anni duri e ora ha visto un progetti e una buona squadra, era tornato l’entusiasmo. Questo era l’anno del rilancio”. 

Ecco, il Bologna. Dove i tifosi lo hanno amato e rispettato per il suo attaccamento alla maglia. E quel soprannome, donatogli mica da un bolognese qualsiasi, ma da Lucio Dalla. Anche se la prima volta lo vide scritto in serie B, su uno striscione esposto a San Benedetto del Tronto. E il Bologna di oggi? “Peccato, stava facendo un’ottima stagione. Saputo ha messo 200 milioni nel club, ma bisogna vedere le differenze tra costi e ricavi. Ha la squadra in Canada, il Bologna, le sue aziende. Bisognerà vedere cosa accadrà, ma farà quello che sarà possibile fare”. Due parenti ricoverati per il virus, ma in buone condizioni, il nonno di un amico scomparso. Villa si guarda intorno e non vuol mollare, come quando giocava. A proposito, e quel vecchio Bologna lo sente ancora? “Certo, molto spesso. Marian, Cusin, Poli, Stringara. E’ dura per tutti stare a casa, anche io faccio ginnastica, guardo la tv, ma il nostro mondo è fuori, con i bambini a insegnare calcio. Io ho una scuola calcio, 230 ragazzi, li ho sentiti tutti. Mandiamo loro gli esercizi da fare, e loro ce li rimandano fatti. E’ dura”.

E alla domanda se avesse sentito anche Maifredi, il condottiero di quegli anni, Villa ride: “L’ho chiamato, non risponde. Dopo riprovo”. In fondo di tempo ce n’è, “Mitico”. Ma forse, in fondo, era più bello quando ne avevamo poco.

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