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Ciao Bologna, ecco Thiago Motta: un cervello per il calcio

Un ritratto del nuovo allenatore del Bologna

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Thiago Motta
Thiago Motta (© Bologna FC 1909)

Ormai lo sappiamo da sabato, Thiago Motta è il nuovo allenatore rossoblù. Il Bologna ripartirà dalla freschezza dell’ex tecnico dello Spezia, che siederà sulla panchina del Bologna a partire da sabato contro l’Empoli. Il vero lavoro dell’italo-brasiliano è cominciato già domenica pomeriggio. Motta ha osservato con grande attenzione dalla tribuna Arnautovic & co. conquistare la prima vittoria stagione, contro la Fiorentina. Difficile ovviamente prevedere quali saranno le mosse del nuovo tecnico rossoblù, ma dopo averlo conosciuto come avversario, sia come calciatore che come allenatore, ora ne osserveremo attentamente i tratti.

Thiago Motta, un giocatore che agiva nell’ombra

Thiago Motta ha smesso col calcio giocato nel 2018, a 36 anni. È stato giocatore di alto livello, ha portato a casa campionati e coppe e ha superato momenti difficili come i diversi problemi al ginocchio di cui è stato vittima. Ma è stato soprattutto centrocampista di intelligenza sopraffina: un numero 5 d’altri tempi, compassato, ordinato, tenace e sempre presente nel posto giusto al momento giusto. Eppure è stato poco apprezzato a causa di quella sua flemmatica presenza in campo. Di Thiago, guardando le partite, ti accorgevi quando era assente. Per questo, durante la sua carriera, è stato quasi sempre il preferito dei suoi allenatori.

La provocazione del 2-7-2

Dopo il ritiro ha capito immediatamente che la sua strada era stare ancora su prato verde, ma a bordo campo. Il posto giusto in cui utilizzare tutta la sua saggezza calcistica, come aveva fatto dalla posizione di metodista in mezzo al campo. Lo ha fatto cercando di partire dal basso, cercando di fare quanta più gavetta possibile. Il PSG, squadra a cui si è legato per l’ultimo tratto della sua carriera dal 2012 al 2018, ha deciso di affidargli immediatamente la guida della sua squadra under 19 e lui ha ripagato la fiducia con buonissimi risultati nella stagione 18/19.

Il primo periodo come allenatore lo ha fatto balzare agli onori delle cronache, non tanto per i suoi risultati quanto per le sue dichiarazioni visionarie, fuori dal comune. In Italia fece scalpore nel 2019, quando fu chiamato da Preziosi a guidare il Genoa (con scarsi risultati), una sua dichiarazione rilasciata da tecnico dell’under 19 del PSG: «Per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra». Niente più che una provocazione, con tanto di schieramento sintetizzato nella sequenza 2-7-2. Una formazione letta in maniera diversa, da fascia a fascia, col portiere che risultava idealmente a centrocampo.

Un allenatore eclettico

Dopo quell’inizio turbolento a Genova, dove la sua avventura durò appena 10 partite, l’occasione per dimostrare che certe provocazioni, talvolta, nascono dal desiderio di acquisire una sempre più completa conoscenza del calcio. Ed è quello che ha fatto Thiago tra il 2019 e il 2021, due anni di stop, in cui ha studiato, si è aggiornato, è cresciuto.

Nel 2021 ha accettato la sfida dello Spezia. Ancora in Liguria, un segno del destino (da Genova, infatti, dopo aver lasciato il Barça nel 2009, la sua carriera prese la definitiva spinta). Una sfida importante e complicata, visto che bianconeri erano orfani di Vincenzo Italiano, trasferitosi a sorpresa alla Fiorentina dopo aver firmato un lungo rinnovo con i liguri. I bianconeri peraltro avrebbero dovuto fare i conti con il blocco del mercato a causa di vicende extracampo. Alla guida dei bianconeri, Thiago ha dimostrato nervi saldi, fantasia, pragmatismo ed eclettismo. Durante la lunga stagione bianconera ha dovuto fare i conti con diverse avversità. In rapporto tutt’altro che idilliaco con l’ex DS Pecini, una panchina in bilico anche nei momenti positivi, una squadra con diverse lacune nella rosa e una lunga serie di problemi fisici che hanno minato l’integrità della sua formazione.

Così ha inventato e reinventato giocatori in nuove posizioni. Ha derogato dal suo modulo preferito il 4-3-3, utilizzando come schema principale il 4-2-3-1. E, rispetto al passato, ha cambiato all’occorrenza giocando anche con il 3-5-2. Ma ciò che non ha mai perso è la guida della squadra. Sempre ai suoi ordini, sempre pronta a proporsi in avanti, a giocare il pallone, non rinunciando mai a provare a vincere le partite. E, al di là della sua filosofia votata al gioco offensivo e al controllo della gara tramite il possesso, ha saputo riadattarsi ad avversari tecnicamente superiori. Portando così lo Spezia a raccogliere punti giocando con un gioco più reattivo, che proattivo.
Secondo molti, Thiago è un predestinato, e una stagione difficil, come a La Spezia, ne ha dato un’ottima dimostrazione. Ora sta a lui imporsi a Bologna: buon lavoro Thiago!

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