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Chiacchiere da Bar…bieri – Ciao Dovi!

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Marco Montrone

Nel fine settimana appena trascorso sono stati diversi i momenti da commentare, sia sulle due che sulle quattro ruote. Parlare del nuovo pasticcio accaduto in casa Ferrari in quel di Zandvoort sarebbe troppo semplice, anche se, vale la pena di ricordarlo, gli uomini in rosso non sono i soli, negli ultimi anni, ad essere incappati in errori al cambio gomme, considerando semplicemente la ristretta cerchia dei top team. A Monaco, nel 2016, la Red Bull lasciò il povero Daniel Ricciardo, fino a lì dominatore del weekend, senza pneumatici durante la sosta ai box, costando all’australiano la vittoria. Storia del 2020 invece è la frittata in salsa anglo-tedesca della Mercedes, quando nel GP di Sakhir, il sostituto temporaneo del convalescente Hamilton, vale a dire l’inglese George Russell, si trovò ad avere sì quattro pneumatici montati sui mozzi della “sua” W11, peccato che alcuni di essi fossero destinati al compagno di squadra Valtteri Bottas. Anche qui, il povero Russell pianse in greco vedendosi costretto ad un’ulteriore sosta per recuperare l’errore, lasciandosi sfuggire di mano una vittoria quasi certa. Insomma, quando le cose si fanno di fretta, anche i professionisti a volte possono incappare in errori non piccoli. Non dovrebbe succedere ma, alle volte, le strategie a sorpresa non colgono impreparati solo gli avversari, ma anche gli stessi meccanici protagonisti del cambio gomme.

Non se ne doveva parlare ma, alla fine, due chiacchiere sull’episodio occorso all’incolpevole Sainz ieri le abbiamo fatte. Per la Motor Valley però, la data del 04/09/2022 simboleggia un evento a suo modo storico, che chiude di fatto l’era di Valentino Rossi e dei suoi fratelli di corse, lasciando spazio ai figli. Al termine del Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini 2022 (quanto ci piacciono a noi romagnoli le denominazioni chilometriche), si è ritirato uno degli alfieri di spicco della terra dei motori, vale a dire il fu numero 34 da Forlì, ora numero 04, Andrea “Dovi” Dovizioso.

Il Dovi ha detto di non aspettarsi un saluto così caloroso per la sua ultima gara, e invece era doveroso un commiato come quello che si deve ai grandi di uno sport. Innanzitutto, sebbene lontano nel tempo, non dobbiamo dimenticare che il “Dovi” è un campione del mondo, avendo vinto il titolo 125cc con la Honda del Team Scot. Scuderia che lo ha poi accompagnato sia in 250 che al debutto in MotoGP. La sua fortuna nella classe maggiore il Dovi l’ha poi trovata soprattutto lontano dalla Honda che, sebbene gli abbia portato in dote la prima vittoria nella classe maggiore, ha virato su altri talenti delle due ruote. Il Dovizioso dell’epoca si è trovato orfano sia della marca che lo aveva cresciuto dall’inizio degli anni 2000, sia del suo rivale prediletto, sin dai tempi delle minimoto. Quel Marco Simoncelli, mai troppo amato per via della sua guida spigolosa ed irruenta, totalmente contraria a quella accorta del Dovi. Senza il Sic però Dovizioso è sembrato frastornato, senza una parte di ciò che lo aveva fatto crescere e arrivare fino ad essere pilota ufficiale Honda.

Da lì è stato tutta una rincorsa per ricostruirsi la carriera, un anno in Yamaha nel team Tech3 con il quale ritrovò più volte il podio e poi una lunga traversata nel deserto con Ducati, in quei tempi in crisi tecnica ma all’inizio della cura Dall’Igna. La terapia dell’ingegnere veneto diede man mano i suoi frutti e portò Dovizioso, diventato DesmoDovi, a giocarsi prima le vittorie di gara, poi i titoli mondiali. La sfortuna ha voluto che il competitor, proprio in sella a quella Honda Repsol ufficiale che fu sua dal 2009 al 2011, era un certo Marc Marquez nei suoi giorni migliori, fino ad ora. Tre anni di secondi posti nel mondiale, alla lunga, hanno sfibrato anche Dovizioso, un uomo temprato dalle mille sfide che gli si sono parate davanti nel corso degli anni. E’ così che, alla prima cilecca dello spagnolo apparentemente invincibile, anche DesmoDovi comincia a vivere una parabola discendente. Forse, anche stavolta, l’aver perso il suo avversario preferito gli ha giocato un brutto scherzo. Arrivò così la separazione dalla Ducati e l’anno sabbatico, diventato poi mezzo anno di pausa, fino al nuovo matrimonio con Yamaha. Un’unione tutt’altro che semplice, che ha portato il forlivese a lottare per una manciata di punti a gara, demotivandolo fino ad arrivare a maturare l’idea che e gare è meglio guardarle da casa.

In mezzo però, rimane un grande bivio, ovvero quell’approdo all’Aprilia, alla prima casa che credette in lui quando ancora si faceva le ossa nel Campionato Italiano Velocità. I test di metà 2021 a bordo del bolide della Casa di Noale non sono un mistero, come non è un mistero il fatto che l’Aprilia, in questo 2022, sia tornata alla vittoria mentre l’unica Yamaha guidabile sembra essere quella tra le mani di Fabio Quartararo. Cosa sarebbe successo se Dovi fosse arrivato in Aprilia, chiudendo un cerchio nella sua carriera e fermando sul Vinales in portato Vinales a Noale, Morbidelli alla Yamaha ufficiale e proprio Dovizioso alla Yamaha satellite al fianco del ritirando Rossi? Difficile a dirlo, ma credo che il rammarico per non averlo saputo non sia soltanto di chi scrive queste righe.

Visto che la macchina del tempo non l’hanno ancora inventata, non ci resta che salutare un grande campione della Motor Valley, diverso dagli altri istrioni di questa terra, lontano dalle celebrazioni sceniche delle proprie vittorie ma incredibilmente concreto e bello da vedere quando si trattava di dare la zampata vincente all’ultima curva per battere il fenomeno di turno. Perchè, in fondo, Dovi è stata la grande speranza italiana, oltre a Rossi, che non ci ha mai abbandonato, fino all’ultimo giro.

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