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Chiacchiere da Bar…bieri – Qualifying Race, non è la fine del mondo

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Si apre una nuova rubrica di 1000 Cuori – Motor Valley, dove periodicamente espongo il mio umile punto di vista su un avvenimento particolarmente discusso che ha coinvolto il mondo del motorsport. La rubrica si chiama “Chiacchere da Bar…bieri”, anche per sottolineare che non è necessario prendersi sempre troppo sul serio.

Il maestoso Circus della Formula 1 è spesso coinvolto nell’affannosa ricerca di qualcosa di nuovo, una sorta di invenzione epocale che possa far gridare al miracolo. L’intento è sempre quello: far smettere gli appassionati di andare indietro nel tempo con la memoria, rimpiangendo le gare di una volta e la Formula 1 dei bei tempi andati e concentrandosi solo sullo spettacolo che possono dare i piloti e le auto di oggi. Per raggiungere questo obiettivo nel corso degli anni sono state pensate e attuate le idee più disparate, cambiando sia i regolamenti tecnici che quelli sportivi. Tra le modifiche di questi ultimi non si può non pensare alla regola degli scarti per la classifica piloti, norma introdotta per “calmierare” il problema dei frequenti ritiri per cause tecniche e che prevedeva il mancato conteggio di alcuni dei risultati peggiori conseguiti da un pilota durante la stagione. Questo sistema fu introdotto nel ’66 e poi modificato in più modi fino all’81, quando fu messo da parte per tre stagioni per poi tornare fino al 1990. Una modifica a questo sistema è datata 1979. In quell’anno il calendario del mondiale, composto da sedici appuntamenti, fu diviso in due metà. Di ogni metà, venivano contati ai fini della classifica solo i quattro migliori risultati.

Tra i vari orpelli aggiunti nel corso dei settantuno anni di storia della Formula 1 non si può non parlare dei rifornimenti in gara, sanciti per aumentare la spettacolarità dei Gran Premi e poi tolti, nel 2009, perché ritenuti pericolosi e indiziati come artificio che non consentiva i sorpassi in pista, agevolando invece i cambi di posizione in base alla strategia. Ulteriori modifiche alle operazioni consentite (oppure obbligatorie) ai pit-stop si ebbero nel 2005, con l’abolizione del cambio gomme. Ricordo la mia sorpresa di bimbetto quasi tredicenne nel vedere i meccanici, una volta adibiti ai fulminei pit-stop, scrutare con attenzione gli pneumatici e, ogni tanto, agire sulle valvole delle pressione degli stessi. Negli anni ’10 fu invece introdotto l’obbligo, in caso di gara asciutta, di utilizzare almeno due mescole di gomme differenti. Ora ci abbiamo fatto il callo, ma a pensarci bene… qualcosa tocca, è un artificio bello e buono, forse superfluo.

 

Gli stormtroopers-umarell di casa Red Bull osservano attentamente gli pneumatici durante il GP di Monaco 2005 (credits: found on reddit)

Prima del passaggio della F1 nelle mani di Liberty Media, l’ex-supremo Bernie Ecclestone, talvolta, partoriva alcune proposte che definire bislacche è un complimento: andando a memoria, ricordo le “sparate” dell’irrigazione casuale dei tracciati in modo tale da avere più gare con pista bagnata, la meravigliosa invenzione del pit-stop obbligatorio per le auto più veloci, la strepitosa opportunità del joker lap, un tracciato più corto da percorrere per cinque volte durante il GP, la brillante intuizione delle medaglie, manco fossimo alle Olimpiadi, per determinare il campione del mondo e, questa fu incredibilmente e maledettamente reale, l’attribuzione dei doppi punti nell’ultimo GP dell’anno (Abu Dhabi 2014).

L’esultanza di Lewis Hamilton nel 2014 dopo la conquista del suo secondo titolo mondiale ai danni di Nico Rosberg. Il doppio punteggio nell’ultima gara non fu decisivo nell’assegnazione dell’iride (credits: http://theracing-line.weebly.com)

Le idee, messe in pratica o fortunatamente rimaste sulla carta, più bislacche coinvolsero però le qualifiche, una sessione che, nei primi anni 2000, sembrava non trovare pace. Archiviati i sessanta minuti di qualifiche nei quali ogni pilota aveva a disposizione dodici giri per fare il miglior crono, vedemmo la superpole, un giro secco stile Mondiale Superbike dove il pilota aveva la pista tutta per se e un giro solo a disposizione e, come evoluzione, la superpole in due manche, una al sabato pomeriggio e una alla domenica mattina dalla quale si ricavava una somma dei tempi che determinava la griglia di partenza. Nel mezzo, prima di arrivare al format attuale denominato knockout, che sopravvisse all’attentato perpretrato dall’hot-seat nei primi due weekend del 2016 (che non sto a spiegarvi perché non voglio risvegliare dolorosi ricordi), ci fu la proposta, datata 2003 e formulata sempre dal buon zio Bernie, della lotteria per stabilire l’ordine di partenza. La lotteria, avete letto bene.

 

Gli highlights delle qualifiche del GP d’Australia 2016, dove si videro Q1 e Q2 avvincenti, mentre la Q3 terminò, di fatto, ben prima della bandiera a scacchi (credits: Formula 1)

Oggi come allora, è il format delle qualifiche ad essere soggetto a modifiche. E’ notizia infatti di questa settimana l’introduzione, per tre gare del mondiale 2021, l’introduzione della Qualifying Race di 100 km al sabato, per determinare la griglia di partenza della domenica. Inoltre, questa gara sprint darebbe anche alcuni punti iridati: 3 al vincitore, 2 al secondo e 1 al primo. I punti interrogativi sono ancora molti, da quali saranno gli eventi che vedranno stravolto il proprio programma del weekend (si vocifera di Silverstone, Monza e Interlagos) alla posizione nella quale partirà alla domenica un pilota che finito al sabato nella lista dei ritirati. Inoltre, alcuni scienziati del CERN di Ginevra, insieme ai migliori ingegneri della NASA, stanno cercando di rendere comprensibile e facilmente memorizzabile a squadre e pubblico il regolamento in merito agli pneumatici utilizzabili e al parco chiuso. Su questo secondo punto, va dato atto che l’intento è stato quello di scongiurare vetture costruite solo per affrontare le qualifiche, che verranno spostate al venerdì. Il mio intento, ad ogni modo, non è quello di spiegare il funzionamento di questo nuovo format. Siamo in un bar, non a Cape Canaveral. Vorrei però esprimermi su questa nuova idea, che circola già da anni nell’ambiente. Onestamente, sono curioso. In fondo, abbiamo dovuto sopportare anni di rivoluzioni più o meno sensate. In un periodo dove del doman non v’è certezza, non credo che questo cambiamento al momento part-time debba essere visto come il male assoluto. Apprezzo il fatto che si stia semplicemente facendo una prova. Non è una decisione presa per il resto del campionato. Alla fine della terza gara si può dire “okay, pensavamo non fosse un CAGliari-ATAlanta pazzesco” e chiudere la questione con buona pace di favorevoli e contrari. Anche in questo caso saranno la pista e le preferenze degli spettatori a decidere se è il caso di continuare o no. Mi sembra proprio che, in questo caso, sia tutto in mano a noi, ci è stata solamente data la possibilità di provare qualcosa di diverso e decidere se ne vogliamo usufruire ancora. E scusate se è poco.

 

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