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Imola ’91, il naufragio ferrarista

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Vincenzo cammina nel fango: ha appena comprato una balla di paglia a cinquemila lire. “Aiuta a tenere caldo, la metto nella tenda”. Un altro ragazzo arriva addirittura da Ascoli Piceno, ha fatto scorta d’alcol: “Nel furgone abbiamo un sacco di roba. I sacrifici? Li fa il fegato. Ma la Ferrari è una fede…”. Imola, anno 1991. A fine aprile, as usual, arriva il Gran Premio di San Marino, terza prova di 16 del Mondiale. Ogni anno le stesse scene: tifosi accampati dal giovedì, tende, fornelli d’emergenza e tanta passione. 

Nessuno però pensa che l’indomani, la gara della Ferrari durerà lo spazio di tre giri… più uno. Senna è in pole-position, Patrese con la Williams parte al suo fianco, e la Ferrari di Prost, seconda negli Usa e quarta in Brasile nelle prime due gare, parte già in rincorsa, dopo il Mondiale 1990 finito col pasticcio di Suzuka e Prost che perde a favore del rivale brasiliano di una vita. E’ una Rossa tutta francese: nel 1990 è stato annunciato Alesi, che è partito subito in sesta, nel senso che ha promesso il Mondiale dodici mesi dopo. 

Le nuvole e la pioggia colgono le 26 vetture in partenza (!) a quindici minuti dal semaforo verde. Pista fradicia, giro di ricognizione problematico, con Berger che va per prati seguendo proprio la Rossa di Prost a breve distanza. Quel pubblico di Imola, inzuppato e fedele, resta al palo ancor prima del via: il francese si deve ritirare lasciando la macchina parcheggiata nel verde. Berger invece fa appena in tempo a rientrare sull’asfalto e a restare in corsa. 

 Il doppio ritiro delle Ferrari nelle battute iniziali del Gran Premio di San Marino 1991 (Antonino Ghes [Formula 1] su YouTube)

La corsa di Patrese si complica quando il pilota padovano rientra ai box e nel raggiungere i meccanici il suo motore si spegne. I meccanici Williams devono addirittura togliere il cofano per risolvere il problema, e in telecronaca, sulla Rai, Mauro Forghieri spiega cosa è accaduto: “Un piccolo pezzo da 50 mila lire ha causato, per un danneggiamento, lo spegnimento del motore”. Cinquantamila lire che costano caro a Patrese, che riprende la corsa ma non riesce più a riprendere Senna. Il quale vince la terza gara consecutiva, ma a fine corsa svela: “Che fatica ragazzi, da metà gara in poi ho avuto la spia dell’olio sempre accesa. Temevo che il motore esplodesse da un momento all’altro”. 

In casa Ferrari invece tiene banco il fallimento davanti al pubblico di casa. Il presidente della casa di Maranello, Piero Fusaro, è serafico: “Non rimprovero Prost. Anche Berger è uscito in quel punto. E nemmeno Alesi: questi ragazzi viaggiano a velocità sostenute, Jean è uscito nel tentativo di superare un rivale”. Il francese di nome Alain spiega: “Ho avuto problemi a scalare dalla quinta alla quarta”. Fusaro però specifica che dopo un controllo alla vettura, non è stato rilevato alcun problema al cambio. L’altro francese, di nome Jean, ha una versione un po’ diversa: “Ho tentato il sorpasso a Modena e sono finito fuori. Non vedevo niente. Ma comunque è colpa mia”. Insomma, tre punti di vista del tutto differenti che dimostrano la confusione Ferrari di quel giorno.

E a fine anno, fu pure peggio: ovviamente Mondiale a Senna, che lascia passare Berger a Suzuka non certo con grande entusiasmo, regalandogli la vittoria e prendendosi il titolo. E Prost licenziato: due giornalisti italiani riprendono di nascosto le sue confessioni ai colleghi francesi: “Guidare questa Ferrari è come guidare un camion”. Non gli fecero neppure correre l’ultima gara, in Australia. La più corta della storia della Formula 1: sospesa dopo pochi giri, per un nubifragio. C’era ancora la pioggia a fine Mondiale, come quel giorno a Imola. Ma non c’era più Alain, il francese che aveva tradito quegli appassionati accampati nelle tende con le balle di paglia.

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