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Radiabo – BasketCity l’Originale: L’intervista ad Alessandro Abbio

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Alessandro Abbio
Alessandro Abbio

Nella puntata di BasketCity l’Originale andata in onda ieri sera su Radiabo un grande ospite, leggenda della Virtus Bologna come Alessandro Abbio è stato intervistato su temi di attualità e passato legati alla società bianconera. Riportiamo alcuni dei passaggi dell’intervista.

Le tue emozioni sulla vittoria dello scudetto?

«E’ stata una stagione molto sofferta, anche per le vicende strettamente personali, basti pensare quello che dovrà superare Achille Polonara, cose che vanno oltre la pallacanestro. Ci sono state poi difficoltà come l’Eurolega, una competizione molto dura che quest’anno non ci ha visto brillare e poi momenti di alti, bassi e infortuni. Basti vedere ad esempio Zizic che con l’arrivo di Ivanovic si stava riprendendo e poi ha avuto un infortunio al gomito. Ci sono stati i problemi di Clyburn, Tucker che non entrava, Grazulis che aveva i risvolti dell’operazione al ginocchio. E’ stata una stagione un po’ travagliata, le cose belle sono però quelle che finiscono bene. Sembravamo fuori con Venezia all’ultimo tiro e invece da lì è cambiato tutto, basti vedere la partita di Daniel in Gara-5, probabilmente la migliore della stagione, il canestro di Cordinier. C’è stata poi la soddisfazione con Milano, non so da quanto non si vinceva ad Assago. Poi con Brescia una Gara-1 tosta, poi si è infortunato Ndour e gli equilibri sono un po’ cambiati. Lui è un giocatore atletico, fastidioso, anche per Shengelia che veniva da una mazzata in testa. Ma è ancora più bello quando vinci in queste situazioni».

Da Virtussino, a chi dedichi questo scudetto? 

«Se c’è qualcuno a cui dedicarlo credo siano i giocatori, lo staff, la società che hanno fatto un risultato che in certi momenti della stagione non avrebbe immaginato nessuno. E’ un po’ il discorso di quattro anni fa con Milano. Questa è la pallacanestro, molte combinazioni io ho visto nella mia carriera che sono anche fortunose. Nel ’98 quando abbiamo vinto l’oro a Parigi non credo che qualcuno firmasse per quel risultato. Poi condizioni fisiche, le scelte giuste del coach faccio l’esempio di Sandro De Pol che fece 20/20 ai liberi nel corso dell’Europeo… sono quelle cose che dici che devono andare così. Ogni tanto ci vuole quel qualcos’altro che non sempre viene fuori. Nel 2000 siamo andati a fare le Olimpiadi a Sidney, abbiamo fatto una preparazione di ottomila mesi e siamo usciti ai quarti con l’Australia che nell’amichevole prima abbiamo battuto di 40».

Un parere su Clyburn?

«Ha un talento incredibile, ma una delle combinazioni che ha portato allo scudetto è il fatto che lui si sia fatto male. Non ce l’ho con lui, ci sono giocatori che mi piacciono e altri che non mi piacciono. Poi ci sono giocatori con i quali vinci e altri no. Lui ha vinto delle partite da solo: Belgrado, Vitoria, dove ha fatto mille, non sbagliava mai. I giocatori concreti per me sono diversi, mi ero augurato che non si fosse fatto male, temevo per il ginocchio. Però per noi la grazia è arrivata con Taylor. Giocatore che arriva dalla Spagna dov’era retrocesso e dopo un po’ sembrava che avesse la squadra in mano da un anno».

«Per me entrare in campo era elettricità, energia. Clyburn questo non me lo trasmette. Invece Pajola può fare zero su mille e poi fa un canestro contro Milano da otto metri, recupera una palla, fa un assist o prende un rimbalzo offensivo. Sono queste le cose che cambiano una partita. Ci sono cose che non risultano nelle statistiche ma con le quali vinci le partite».

Chi sceglieresti tra la squadra del 98 e quella del 2001? E in quel tipo di spogliatoi come avreste accolto un Tucker?

«Un misto tra quelle due squadre secondo me se la si giocava seriamente dall’altra parte dell’oceano. Guardando chi c’era e cosa hanno fatto direi che è così. Io quando sono arrivato a Bologna ero tra Brunamonti e Binelli, avevo 23 anni e volavo veramante basso. Guardavo questi e non ci credevo di essere lì. Brunamonti a più di trent’anni si buttava ancora per terra tutte le volte. Ho visto purtroppo giocatori sbattersi il giusto oppure lanciare la palla contro il tabellone per poi trotterellare rientrando in difesa, no questo no. C’erano maniere di stare in squadra diverse. Anche io in nazionale ebbi comportamenti non giusti in nazionale, ogni tanto qualche cavolata la fai, anche senza volerlo, hai sentito delle parole sai di certe cose e non pensi che sei in nazionale a ventitre anni».

Su Capitan Belinelli:

«Marco ancora non si e sbilanciato, ma sembra che possa smettere. La cosa che più mi dispiace è che in Italia dei ragazzi non abbiamo nessuno che possa tirare come lui. Io andrei da lui a prendere lezioni di tiro e imparare il gioco senza palla, subito. Pajo ha fatto la scuola di Teodosic e ora lo trova senza guardarlo, lo ha imparato anche Dani ma ho visto anche Cordinier stando con lui ha iniziato a capire».

Sulla Nazionale Femminile:

«Sono stato a palazzo e mi sono divertito un modo. Si c’è la Zandalisini che gioca un altro sport, ma è circondata da un gruppo vero. A Bologna conosciamo la Pasa che ha fatto 15 punti in un amen l’altro giorno. E’ stato divertente vedere il loro modo di entrare in campo, nessuna entra morbida ma con una rogna di quelle che sposta e trascina la gente. Sabato ci saranno state 3/4 mila persone e si è creato un ambiente bellissimo. Loro in campo hanno bussato come si deve e contro una squadra fisica come la Lituania. Ora faccio un grosso in bocca al lupo per il proseguo al Pireo, dove cn la nazionale ho bei ricordi».

Fonte: BasketCity l’Originale (puntata integrale)

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