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Alla fine, conta vincere. L’editoriale del lunedì

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photo Bourg - Jacques Cormareche

 

 

Si può dire quel che si vuole, ma una cosa è innegabile: alla fine, conta che si sia vinto o meno. Non sono state poche le critiche mosse alla Virtus Segafredo dopo la vittoria contro Venezia, sul suo gioco, su diverse scelte tecniche, sulle rotazioni, sulla gestione della gara da parte di Djordjevic, però i dati oggettivi sono questi: la sua Virtus ha vinto contro Venezia, una sua mezza bestia nera contendente diretta in classifica delle Vu Nere, mentre Milano e Sassari hanno perso con le ultime in classifica, Varese e Trento, ad ennesima conferma del fatto che anche in campionato ogni gara ha un suo grado di pericolosità che si amplifica quando sei impegnato nelle coppe europee. Mi si potrebbe contestare che anche Brindisi e la stessa Trento sono attive in Europa, ma nel primo caso c’è da dire che si è imbattuta in una squadra in pericolosa crisi di identità, nel secondo che evidentemente c’era da scegliere fra una delle due (e la partita è poi finita 61-60). D’altronde, Trento prima nel girone in Eurocup e tra le ultime in campionato non fa che confermare quanto scritto sopra.

Confesso di avere manifestato anch’io talune perplessità sulla gestione della gara da parte del coach bianconero; ad esempio, temo che stia spremendo un po’ troppo taluni giocatori – in particolare Belinelli e Teodosic – col rischio di “consumarli” prima del tempo, anche all’interno della stessa partita (ricordo che il Beli è arrivato con scarsa preparazione e all’infortunio che ha subito non deve essere stato del tutto estraneo un suo utilizzo massiccio forse precoce), così come non mi è piaciuto il fatto che la Virtus non abbia provato quasi mai a sfruttare i numerosi mismatch che certi quintetti di Venezia hanno offerto, ma alla fine mi devo arrendere, perché vincendo Djordjevic ha avuto ragione senza possibilità di replica, se non da parte dei soliti tifosi che cercano il profumo di tappo nello champagne. La sua Virtus sporca e cattiva è uscita vittoriosa da una gara che probabilmente prima di Natale avrebbe perso, ha affilato unghie che a inizio stagione si mostravano sfaldate, grazie soprattutto al fatto che nel meccanismo si è inserito un Belinelli che nei frangenti dentro/fuori sta confermando le sue doti di killer. Suoi, infatti, i punti decisivi sia a Lubiana che contro i lagunari, nei momenti in cui SanTeo invece si è visto tendere a smarrire un po’ della sua genialità.

Così, con un Weems che continua a crescere ad ogni partita, Pajola rientrato con l’autorevolezza di un veterano, in grado di rendersi utile anche in condizioni precarie e in serate-no, Belinelli che conferma di essere meglio di un ipotetico settimo straniero, Hunter che pare baciato dallo spirito degli dei del basket, oltre ovviamente agli immarcescibili serbi, questa Segafredo procede in un cammino che sarà sempre più irto e pieno di ostacoli, ma lo sta facendo con coraggio e determinazione. Sabato c’era da perdere la testa con un arbitraggio da oggi le comiche che colpiva senza senso a destra e a manca: inizialmente la reazione è stata quella già vista, con proteste e tecnici, ma nei momenti caldi le Vu Nere hanno capito che con certi atteggiamenti si finisce per rimetterci, ed infatti le ultime decisioni sono andate più a danno dei veneziani che dei bolognesi, giuste o sbagliate che fossero in quel bailamme da torneo amatori. Detto che l’incostanza di Ricci e Alibegovic sono in prospettiva un piccolo problema, che l’irriconoscibilità di Gamble ne è invece uno grosso, che l’utilizzo troppo “parsimonioso” di Adams e Abass forse cozza con le esigenze di turnazione dei giocatori (ma a Djordjevc evidentemente convincono proprio poco, a prescindere da diverse loro buone prestazioni, in particolare dell’americano), la Virtus riconferma, a mio parere, le potenzialità di una squadra che non sarà una corazzata inaffondabile ma mantiene vive ambizioni anche importanti.

Comunque, fin quando continuerà a vincere, sfido chiunque a contestare alcunché a Djordjevic: con le parole si fanno solo chiacchiere da bar, con le azioni si realizza la storia.

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