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ESCLUSIVA 1000 CUORI – STORIE DI BASKET CITY: Villalta e l’amore per la Virtus tra passato e presente – 26 Mar
Per il consueto appuntamento del giovedì con la rubrica Storie di basket city, oggi si parla di Virtus. Il personaggio al quale è dedicata la puntata è Renato Villalta. Noi lo abbiamo intervistato e ci ha parlato del suo primo anno alla Virtus, dell’avvocato Porelli, ma anche dello scudetto della stella contro Milano. Ricordi a tinte bianconere di un grande giocatore che ha legato indissolubilmente il suo nome a quello della Virtus. Dopo essere stato giocatore e bandiera dei bianconeri (di quelle con la “B” maiuscola), è diventato anche presidente delle V nere nel 2013. Ha giocato con la Virtus dal 1976 al 1989 e con quella maglia addosso ha vinto 3 scudetti e 2 Coppe Italia, stabilendo anche il record assoluto di realizzazioni (7306) e rimbalzi catturati (3133).
La sua storia alla Virtus, come detto, iniziò nel 1976 quando i bianconeri lo prelevarono dall’allora Duco Mestre per la cifra di 400 milioni di lire. Quel trasferimento gli valse una nomea pesante, quello di “mister 400 milioni”, ma Villalta, come ha sempre fatto, rispose sul campo e dimostrò che quei soldi, in fondo, li valeva tutti. Se con Mestre arrivò l’esordio in Serie A, è con le V nere che avvenne la sua definitiva consacrazione anche e soprattutto grazie all’intuizione di Dan Peterson. Fu proprio lui a “trasformare” Villalta, facendolo giocare da “4” e, quindi, più lontano dal canestro. Il presidente ricorda così il suo primo anno al Virtus e l’impatto con quella nuova realtà: “Sono passati molti anni ma quelli sono ricordi indelebili. La Virtus costituì un passaggio fondamentale sia per la mia crescita tecnica che per la mia formazione umana. Venivo da una squadra, la Duco Mestre, che militava in A2 e arrivai alla Virtus, una squadra in cui tutto era organizzata alla perfezione. La società, che aveva appena vinto lo scudetto, era un esempio per tutta l’Italia, ma anche per l’Europa. I primi periodi furono molto difficili, mi allenavo molto, ma sentivo la mancanza dei miei luoghi di gioventù e della mia famiglia. L’avvocato Porelli e sua moglie Paola mi diedero una gran mano e in foresteria cominciai a vivere questa meravigliosa avventura con i miei compagni, poi iniziai anche a conoscere una splendida città come Bologna”.
Poi, su Dan Peterson e su quella trasformazione in ala/pivot: “Ho avuto la grande fortuna e l’onore di essere allenato da lui. Era un grande allenatore e mi trasformò: io a Mestre giocavo da ‘5’, da pivot, ma lui mi disse che se volevo fare carriera mi dovevo allenare e diventare in un ‘4’, un’ala pivot. Era un grande motivatore ed era anche molto all’avanguardia. Aveva queste maniere di motivare, coinvolgerti e responsabilizzarti che erano molto importanti per me. Grazie al lavoro sapiente, suo e del suo staff, riuscii a trasformarmi in un’ala/pivot e misi su anche un tiro abbastanza buono. In quel periodo alcuni giocatori della mia altezza non giocavano solo da pivot, ma anche fuori. Dan Peterson mi diede la possibilità di avere un bagaglio tecnico importante: se mi marcava un ‘lungo’ più lento andavo a giocare più lontano dal canestro e potevo anche tirare, mentre se mi marcava un giocatore più piccolo potevo giocare sotto canestro e sfruttare le mie capacità tecniche”.
Oltre a Dan Peterson, nella sua esperienza alla Virtus, Villalta fu allenato anche da Terry Driscoll e Alberto Bucci. Il primo fu anche suo compagno di squadra prima di sedersi sulla panchina dei bianconeri. Con lui alla guida arrivarono due scudetti consecutivi nel 1979/80 e nel 1980/81. Con Bucci (altro immenso personaggio legato al mondo Virtus) arrivò, invece, lo scudetto della stella in finale contro Milano. Villalta ci ha parlato di loro due, ma prima ha voluto ricordare quello che fu il suo primo allenatore “Oltre a Driscoll e Bucci, voglio ricordare anche il mio primo allenatore Augusto Giomo. Mi ha allenato a Mestre e a lui devo molto. Nella mia carriera ho avuto altri allenatori da Aza Nikolic a Gamba, ma a Driscoll e Bucci sono legati ricordi meravigliosi. A Bucci, anche lui un motivatore e un grande allenatore, è legato uno dei ricordi più belli della mia esperienza in Virtus: lo scudetto della stella. Driscoll, invece, è stato un mio compagno di squadra prima di diventare allenatore. Aveva grandi qualità per fare l’allenatore, peccato che poi si interruppe il rapporto perché lui tornò negli Stati Uniti e non fu più allenatore della Virtus”. Proprio a proposito del decimo scudetto, dalle parole di Villata, che ancora oggi lo ricorda con grande emozione, traspare tutto l’orgoglio di aver vinto quello che lui definisce “lo scudetto della città e dei tifosi“. I ricordi e le emozioni di quella piazza piena, per accogliere la squadra che tornava da Milano, se li porterà dietro per tutta la vita. D’altronde, non capita tutti i giorni di vincere uno scudetto e per di più farlo da capitano. Nella sua esultanza alla fine di quella partita con Milano c’era la consapevolezza di chi aveva capito di aver fatto qualcosa di importante per la Virtus e di essere entrato definitivamente nel mito delle V nere. Villalta parla così di quello scudetto: “Fu uno scudetto meraviglioso. Voleva dire avere l’onore di fregiarsi della stella sulla maglia per gli anni a seguire. La sera che siamo tornati da Milano, al solo ricordo di Piazza Azzarita strapiena mi vengono ancora i brividi. Sono ricordi indelebili anche per come abbiamo vinto: vittoria a Milano, sconfitta a Bologna e poi di nuovo vittoria a Milano”.
A Bologna ha giocato anche molti derby e una domanda a riguardo non poteva mancare. Già, il derby, una partita che manca da troppo tempo a Basket city, e che ci auguriamo possa tornare presto. Come noi, anche Villalta spera di assistere nuovamente a un derby e ne parla così: “ci vorrebbero anche adesso i derby, bisognerebbe ricreare quel clima, perché la gente ha voglia di vedere del buon basket”. Poi, su un derby che ricorda particolarmente : “Naturalmente ricordo con più piacere quelli vittoriosi, ma quello che ricordo di più è indubbiamente il derby che vincemmo con un mio canestro a tempo scaduto, con tutte le storie che ne seguirono dopo. Forse tirai a tempo scaduto, non lo so. Quando si perde di un punto è la peggiore sconfitta perché ti fa recriminare su ogni azione. Mi piace ricordare quella partita, perché il derby è bello anche per il fatto che si vive fuori dal campo e ci si prende in giro. Quelli erano periodi davvero belli”.
La sua maglia, quella con il numero 10 è stata ritirata: un altro segno di gratitudine per chi ha dato davvero tanto per i colori bianconeri. Sul ritiro della maglia, Villalta ci racconta questo aneddoto: “Mi ritirarono la maglia nel 1989, quando andai a Treviso, in segno di onore. La rimisero in gioco per un contenzioso. A quei tempi, quando mi mandarono via perché volevano ringiovanire la squadra, mi promisero che dopo i due anni a Treviso, sarei tornato alla Virtus e avrei fatto il dirigente delle V nere. Quando tornai non fu mantenuta la parola data e ci fu un contenzioso; il presidente di allora decise di rimettere in gioco la mia maglia. Credo, però, che la storia non si possa cancellare e infatti più tardi una nuova proprietà, spinta anche dai tifosi, ritirò la mia maglia. A quella cerimonia erano presenti sia l’avvocato Porelli che Dan Peterson: furono loro a consegnarmi la maglia. L’avvocato Porelli per me fu un secondo padre e sua moglie e una seconda madre”.
La classe che lo contraddistingueva da giocatore, oggi lo accompagna da dirigente. Le V nere stanno vivendo una stagione, forse, al di sopra delle attese di inizio stagione. Ci sono alcune storie che solo basket City sa regalare e allora, chi sa che la Virtus non torni a vincere, o comunque a calcare i palcoscenici che le competono, proprio con Villalta presidente. Noi glielo auguriamo, anche perché dopo i successi da giocatore, ne meriterebbe qualcuno anche da dirigente. A proposito della Virtus attuale, Villalta ne parla così: “Stiamo lavorando giorno dopo giorno e mattone dopo mattone per costruire la casa. Dobbiamo crescere un po’ alla volta, ma il nostro obiettivo resta quello di riportare la Virtus nei posti che le competono per storia e blasone. Poi, quanto tempo ci vorrà per rivincere uno scudetto non lo so, come non so quanto ci vorrà per tornare nelle prime quattro. Quello delle prime quattro, però, è un sogno che credo si possa avverare in tempi brevi. Sognare è meraviglioso e non costa niente, ti dà quegli stimoli per raggiungere obiettivi che nell’immediato possono sembrare chimere. Nel sogno la determinazione è fondamentale e Il basket lo insegna: nessuna partita è persa prima di essere giocata”.
Credo che per chiudere questa puntata dedicata all’attuale presidente della Virtus, non ci sia frase migliore di quella che disse Lucio Dalla: “La dignità di Renato è storica, logica e popolare” . Bandiera da giocatore, ora anche da presidente vuole scrivere pagine memorabili della storia delle V nere. La determinazione c’è e gliela si legge negli occhi, determinazione di chi ha amato e ama, tutt’ora, i colori bianconeri. In bocca al lupo presidente!
(Foto: Virtuspedia)
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