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STORIE DI BASKET CITY – Dario: un grazie infinito – 16 apr

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Tutte le epopee iniziano da lontano e in ognuna di esse c’è un condottiero che fa si che esse si realizzano. Quella della Fortitudo che poi vinse due scudetti, una Coppa Italia e 2 Supercoppe italiane sotto la presidenza dell’ ”emiroSeragnoli, inizia il 9 Maggio del 1993. Quel giorno al Paladozza va in scena lo spareggio promozione tra la Fortitudo allora targata Mangiaebevi e la Marr Rimini: chi vince è promosso in Serie A.

I biancoblu sono partiti forte in quella stagione (1992/93), con Marco Calamai in panchina, e dopo le prime dodici giornate sono primi in classifica con 18 punti. Quella era la Fortitudo, tra gli altri, di Comegys, Dallamora, Alibegovic e Fumagalli, una squadra che si apprestava a diventare grande. Durante la stagione, e dopo un breve periodo di appannamento a livello di risultati, Marco Calamai viene sostituito da Dario Bellandi. Bellandi è uno di quelli cresciuti a pane e basket e sa che la panchina della Effe costituisce la più grande occasione della sua carriera, fino a quel momento, e anche per questo non vuole fallirla. L’obiettivo è quello della promozione in massima serie e dopo aver chiuso la regular season al quarto posto con 36 punti, arriva l’ora della post-season. Ai Playout, strutturati in due gironi da sei squadre con partite di andata e ritorno, prendono parte le squadre classificate dall’11esimo al 14esimo posto in serie A più quelle dal terzo al decimo in A2. Alla Fortitudo tocca il girone giallo, con Rimini, Roma, Siena, Trapani e Modena. Terminato il girone d’andata la Effe è quarta e distante 4 lunghezze dal duo di testa formato da Rimini e Roma, le due squadre della Serie A. Con un girone di ritorno strepitoso la squadra di Bellandi arriva a giocarsi la promozione nelle ultime due gare con il vantaggio di Rimini che, nel frattempo, si è ridotto a soli 2 punti, complici le sconfitte della Marr contro Roma e Modena.

6 maggio 1993: a Modena va in scena l’esodo biancoblu per la sfida tra Burghy e Mangiaebevi. In pieno “spirito Fortitudo” si lotta, si soffre e alla fine si riesce a portare a casa quella partita con il risultato di 93-101. Dallamora e Alibegovic in due fanno 47, poi ci pensa il solito Comegys a mettere il punto esclamativo sulla partita con una doppia doppia da 16 più 10. Il sogno promozione è ancora vivo e tutto si decide all’ultima giornata proprio contro la Marr, sconfitta all’andata per 83-85: la Fortitudo per essere promossa deve battere Rimini. Il 9 Maggio, in un Paladozza gremito, le due squadre danno vita ad una partita equilibrata e tiratissima, come da pronostico, poi Comegys sul 66-65 cattura un rimbalzo preziosissimo costringendo Israel al fallo. In quel rimbalzo, in quella voglia di andare a contendere e strappare il pallone al lungo della Marr c’è lo spirito guerriero e la determinazione che Bellandi ha trasmesso ai suoi ragazzi,. Alla fine la Fortitudo riesce nell’impresa e quel 69-65 finale rimarrà per sempre nella memoria sportiva del popolo biancoblu, come rimarrà chi ha portato quella squadra alla promozione.

Dario Bellandi ci ha lasciato sabato e noi vogliamo dedicargli questa puntata. Vogliamo farlo per dirgli grazie per tutto quello che ha fatto per il basket, per aver avvicinato tantissimi ragazzi a questo sport, per aver trasmesso loro la sua passione, quella che metteva quotidianamente tutte le volte che scendeva su quel parquet. “Allenatore e persona di indimenticabili qualità umane”, come lo ha ricordato la Fortitudo sul suo sito ufficiale, Bellandi era un leader silenzioso, arrivato alla Fortitudo in punta di piedi, aveva lasciato i biancoblu da eroe. Un uomo (di quelli con la “U” maiuscola) che non ha mai amato le luci della ribalta, neanche dopo quell’impresa. Il 9 Maggio lasciò la scena alla sua squadra, ai suoi ragazzi, a quelli che aveva guidato fino alla promozione. Carisma e determinazione, al servizio della causa biancoblu, quelli che lo hanno portato a legare indissolubilmente il suo nome a quello della Effe. Ci ha insegnato che un sogno va inseguito fino alla fine, fino a quando non si realizza, che le occasioni nel basket, così come nella vita vanno colte al  volo quando si presentano. Ci ha insegnato soprattutto che il lavoro, la passione e il sacrificio alla fine pagano, sempre. E se la Fortitudo ha vissuto, poi, gli anni d’oro di Seragnoli lo deve soprattutto a lui. Oggi il basket italiano sente terribilmente la mancanza di personaggi come lui e chi ha conosciuto Dario, chi ha avuto occasione anche solo di scambiarci due chiacchiere, dopo sabato non può non sentirsi più solo. Ci ha lasciato un grande Uomo (la maiuscola è voluta), una persona che aveva ancora tantissimo da insegnarci. Per molti è stato una guida, un maestro, un grande amico, per me Dario Bellandi è stato e continua ad essere un esempio, una figura di riferimento per i valori che ha saputo trasmettere e per tutti gli insegnamenti, sportivi e non, che ci ha lasciato.

Andrea Tedeschi (attuale responsabile dell’ufficio stampa della Fortitudo) che da Bellandi è stato allenato nelle giovanili, lo ha ricordato così sul suo profilo Facebook: “Grazie per avermi insegnato quanto fosse bello correre in palestra per giocare a basket ed essere allenato da una persona come te. E se la tua vita è stata davvero troppo breve, sappi che a me hai avuto tempo di dare tutto. Ti voglio bene. Ciao Dario”.

Luca Corbelli (attuale responsabile dell’area tecnica della Fortitudo) gli ha voluto dedicare questo toccante ricordo:

Scrivere di Dario mi risulta facile e difficile allo stesso modo. Facile perché in gioventù abbiamo avuto modo di frequentarci a lungo nelle estati del VELA, la mitica squadra che lui e la sua famiglia (mamma e papà) mettevano insieme per partecipare a diversi tornei estivi e lo ha fatto per diversi anni, e poi perché Dario mi diede la possibilità attraverso sue conoscenze di fare il Servizio Militare a Vigna di Valle in compagnia atleti. Nello stesso anno giocai per lui a Zola Predosa nella squadra probabilmente più divertente con cui io abbia mai giocato (Sandro Bianchini, Andrea Muzzi, Andrea Vignoli (Vigne’) Umberto Ghiacci e tanti altri ragazzi con i quali è ancora bello incontrarsi e ogni volta che capita è un piacere,e per chi pratica lo sport sa benissimo che non tutte le squadre si ricordano poi così volentieri. Ho sempre pensato che quella squadra oltre che così forte in campo lo era anche fuori proprio per merito suo, la capacità aggregante di Dario era fuori dal comune e le “sue facce” quando facevi un’idiozia le ricordo ancora adesso con grande simpatia. Le strade poi si sono divise, ma da uomini di basket ogni volta che ci si trovava ovviamente ci si scambiava opinioni sulla pallacanestro, e le sue osservazioni erano sempre all’avanguardia e sotto un suo profilo tutto suo, anche avanti rispetto alle logiche comuni: questa cosa mi portava sempre ad avere un grande rispetto per lui e per il suo lavoro con i ragazzi giovani. Il difficile è scrivere pensando che ci ha lasciati troppo presto,  prima per i suoi figli e poi per tutto quello che ci poteva ancora “regalare”, sono onorato di essere stato accompagnato per un pezzo di strada da una persona positiva come Dario. Personalmente penso che ognuno di noi ha dei cassetti personali in cui ripone le cose belle e quelle brutte della vita e Dario sarà per sempre nel mio “cassetto delle cose belle”.                                                         

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