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STORIE DI BASKET CITY – “Della curva e del popolo fortitudino eterno padrone”: Gary Schull e lo spirito Fortitudo – 12 Feb
Quando si entra al Paladozza si ha sempre quel timore reverenziale quasi come se ci si trovasse in un luogo di culto, sportivamente parlando. Un rispetto dettato dalla consapevolezza di chi sa che sta entrando in un tempio del basket italiano. Entrare in quel Palazzo vuol dire vedere un parquet sul quale sono passati parecchi campioni, giocatori che hanno lasciato il segno con la maglia delle Effe per grinta coraggio e dedizione. Se vi capita di entrare al Paladozza la vostra attenzione senza dubbio sarà rivolta allo spettacolo che la Fossa fornisce in ogni partita, se vi capita di mettere piede in questo tempio del basket rivolgetevi con riverenza e genoflettetevi, sempre per restare nel paragone religioso, davanti a quella maglia, quella con il numero 13, sospesa lì, proprio sopra la curva a lui dedicata. Quella maglia rappresenta la storia della Fortitudo e da quando è stata ritirata è lì, proprio sopra la Fossa a rimarcare, se mai ce ne fosse bisogno, il legame indissolubile fra quel giocatore e il cuore pulsante del tifo della Fortitudo, il legame con la sua gente, con chi lo ha eletto idolo assoluto, con chi lo ha amato più di ogni altro.
La maglia numero 13, per quei pochi che non lo sapessero (dubito che ci sia qualcuno) appartiene al Barone, Gary Schull. Appartiene a chi è stato, e continuerà per sempre ad essere, la personificazione dello spirito Fortitudo. Quella maglia sopra la curva a lui intitolata, è diventata leggenda, proprio come lo sono diventate le sue gesta in maglia biancoblu. Gary Schull è la Fortitudo, è lo spirito di sacrificio, è la voglia di non mollare mai anche nei momenti in cui tutto sempre andare perduto. E in questi ultimi anni e con le difficoltà che si sono trovati ad affrontare i tifosi della Effe quel carattere del Barone lo hanno incarnato perfettamente. Nel vocabolario del Barone la parola “arrendersi” non esisteva, ogni pallone per lui poteva essere quello decisivo. Lo dimostrano i racconti di molti addetti ai lavori, che parlono di un suo tuffo su un pallone durante un torneo estivo, come se si stesse giocando lo Scudetto. Oppure, per citare un altro episodio, quando in una gara casalinga si tuffò per recuperare un pallone abbattendo letteralmente due file del parterre. Era il suo esordio a Bologna e i tifosi cominciarono a capire quanto quel numero 13 fosse un giocatore speciale. Il Barone ha amato la Fortitudo e la Fortitudo, o meglio il pubblico della Effe, ha amato lui: un amore corrisposto che ha portato un americano a diventare bolognese a tutti gli effetti, dopo quelle stagioni con la maglia numero 13 addosso. Si sentiva talmente parte della città che a volte capitava di sentirlo parlare in dialetto bolognese, specialmente quando andava a rimbalzo, come raccontò Maurizio Gatti, storico autista della Fortitudo, in un’intervista al Carlino. La stessa intervista in cui si fa riferimento all’origine del soprannome: «Fischiettavo sempre la stessa canzone: Snoopy contro il Barone Rosso. Gianni Paolucci, lo speaker di quel tempo, cominciò a chiamarmi Red Baron».
Schull onorava quella maglia, quella prima marciata Eldorado e poi Alco. Lo faceva tutte le volte che scendeva in campo. Era diventata una seconda pelle ormai. Con quella maglia fu sollevato in trionfo dal suo pubblico dopo un derby vinto: Schull insanguinato, stremato ma felice e con le braccia al cielo in una memorabile istantanea realizzata da Franco Villani, una foto in cui c’è tutto il suo essere fortitudino. Una foto in cui c’è tutto Gary Schull e quel suo spirito di dare tutto per la Effe, Un’immagine impressa nella memoria storica e cestistica di chiunque ami e abbia amato il Barone, anche di chi non ha avuto occasione di vederlo giocare per motivi legati all’età. Il Barone non ha vinto nulla in maglia Fortitudo e, a dir la verità, non è stato neanche il giocatore con maggiore tecnica passato in maglia biancoblu. Ma se un giocatore riesce a farsi ricordare e soprattutto a farsi amare nonostante ciò, forse anche questo vi servirà a capire che tipo di personaggio fosse Gary Schull. Si è fatto amare per il suo carattere, per quello che iniziò a rendere indimenticabili anche le stracittadine, i derby in cui ci furono anche le memorabili sfide con John Fultz. Erano i derby che poi resero Bologna Basket City, quelli di un basket meraviglioso che stava ponendo le basi per un grande futuro.
Il Barone arrivò in Italia nel lontano 1968 a soli 23 anni e andò via da Bologna nel 1973 per tornare in America a fare il costruttore edile. Nei suoi anni in Fortitudo vinse anche il titolo di capocannoniere con 540 punti segnati e in due occasioni si laureò anche miglior rimbalzista del campionato. A lui è dedicato un capitolo (“Il mito del barone”) del libro di Emilio Marrese e Roberto Serra uscito nel 1993 Bologna Fortitudo. Nel paragrafo a lui dedicato, viene spiegato come il Barone arrivò in Fortitudo. Ecco un estratto: “Lamberti e Parisini lo scovarono che giocava per una ventina di dollari a partita in una squadra di un torneo aziendale, la Philips Oilers: un dilettante di 24 anni, uscito come quarta scelta dall’Università della Florida. La segnalazione arrivò da Richard Percudani all’ultimo momento, dopo che un altro americano aveva tirato il bidone ai bolognesi, e che lo stesso Schull era stato lasciato a piedi dal Simmenthal. I dollari da spendere erano, ovviamente, pochi e questo Schull, mai sentito, ne costava tredicimila. Fu il primo vero contratto stilato in via San Felice […] Gary atterrò a Milano il 6 agosto e i tifosi gli regalarono una spilletta raffigurante una scopa: il casto augurio era quello di ramazzare più rimbalzi possibili”.
Non perdeva occasione per tornare a Bologna e si teneva costantemente aggiornato sulla sua Fortitudo. Tornò a Bologna nel 1999 quando la società lo chiamò per la presentazione della squadra. Fu accolto da un boato, il boato della sua gente. Impossibile dimenticarsi di uno come lui, tanto da suscitare anche le lacrime di commozione tra la gente presente al Palazzo, lacrime che nascondono ciò che Gary ha rappresentato per i tifosi della Fortitudo. Difficile trovare un altro giocatore che abbia incarnato così i valori di un’intera tifoseria. Proprio negli anni del Barone, e precisamente nel 1970, si formò la Fossa dei Leoni.
Il Barone credeva fermamente nello scudetto e disse che sarebbe tornato l’anno dopo per festeggiarlo. E, infatti, così fece, anche perché non sarebbe stata festa senza di lui, senza quello che col tempo era diventato l’icona della Fortitudo. A proposito dello scudetto, questa fu la lettera che il Barone scrisse il 30 maggio del 2000. Una lettera riportata sul sito della Fortitudo:
“30 maggio 2000, è un momento molto emozionante nella mia vita… Ai giocatori vorrei dire, stanotte avete fatto la storia. Siete stati i primi nella storia della Fortitudo a portare a casa il Campionato Italiano, che grande onore! Voi dovete essere molto orgogliosi di avere vinto tre partite di fila in finale dopo aver perso la prima. Questa notte avete permesso ai tifosi di realizzare il loro sogno, dopo tutti quegli anni difficili, di attesa, pensate a quanto ora possono essere felici!…
A Giorgio Seràgnoli e Renato Palumbi, io so quanto questo scudetto significhi per voi, perché avete atteso per così tanti anni, resistendo di fronte al disappunto di arrivare sempre secondi e mai primi. Ma il vostro turno è arrivato, you are… numero 1, adesso! A tutta la gente della Fortitudo, del passato e del presente, non è bellissimo essere la squadra più forte d’Italia? Grazie a tutti voi, a chi in particolare mi ha permesso di restare in contatto con la mia vecchia squadra, magari attraverso le e-mail e internet. Tutti voi siete grandi amici per me, mi sono sentito così vicino a Bologna come se ci vivessi tutt’ora… Sono davvero felice per voi, so quanto lavoro ci è voluto, ma ora l’approdo è dolce, credo ne sia valsa la pena. Ora, a tutti, dico: cerchiamo di restare al top, ma ricordiamoci sempre il nostro passato e quanto sudore c’è voluto per arrivare fino a qui, perché solo così potremo continuare ad essere i numeri 1.
E tu, Fortitudo, sarai per sempre la “numero 1” nel mio cuore, nelle vittorie come nelle sconfitte, insieme a tutti coloro che non ci sono più.
Sono felice, sento un’emozione tale da aver voglia di piangere…
Sono lì con voi, in questo istante”.
Il 9 Febbraio è stato l’anniversario della morte del Barone, sono passati 10 anni da quando il destino beffardo lo ha portato via. 10 lunghi anni che non hanno scalfito e non scalfiranno mai ciò che il Barone ha rappresentato e continua a rappresentare per tutto il pubblico della Effe.
Un guerriero, un leader, un condottiero, l’ ”eterno padrone” della Fossa, come scritto sullo striscione esposto proprio dalla curva durante la cerimonia di ritiro della sua maglia. Quella fu una cerimonia emozionante e allo stesso tempo toccante alla quale ovviamente partecipò anche tutta la prima squadra. In quella Fortitudo giocava Davide Lamma, oggi come allora capitano e bandiera della Fortitudo,e toccò a lui accompagnare la moglie e il figlio di Schull al centro della Fossa per scoprire quella maglia immortale che oggi campeggia sopra la curva a lui dedicata.
“Sono li con voi in questo istante”
Grazie Barone
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