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Corriere di Bologna – Ricoverati assieme in ospedale, Matteo ricorda Sinisa

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Damiano Fiorentini / 1000cuorirossoblu.it

Partito da Bologna in autobus, lunedì mattina Matteo Elmi è stato il primo ad arrivare alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, per i funerali di Sinisa Mihajlovic, con la maglia rossoblù di Palacio stretta sul petto. A regalargliela era stato proprio l’ex tecnico del Bologna, mentre i due erano ricoverati nell’ospedale Sant’Orsola. Me l’ha regalata lui, con il suo autografo e quello dei giocatori. La tengo sempre con me, in camera, quando viaggio. Me la fece recapitare dentro una grande busta. Lui non poteva darmela a mano, era chiuso in camera“.

Matteo è un ragazzo di ventidue anni, tifoso rossoblù, laureato in ingegneria meccanica all’Alma Mater. Emozionato, parla così del suo incontro con Sinisa: “Il giorno più importante del mio percorso è stato quando ho incontrato Sinisa. Lui era arrivato al Sant’Orsola da due mesi, io mi stavo curando da otto. Quei minuti passati insieme sono stati per me una svolta“.  

Ricoverati nello stesso reparto di ematologia, Matteo ha trovato in Sinisa un punto di riferimento e la forza per continuare a combattere la malattia: “Io ero devastato, avevo appena ricevuto una brutta notizia. Le mie cure non erano finite, dovevo continuare. La mia dottoressa, che ringrazierò sempre, conosceva la mia passione per il Bologna e così per tirarmi su, il giorno dopo mi ha portato da lui“.

Guarito da un linfoma, Matteo non si perde una partita del Bologna e nonostante ora si sia trasferito al Politecnico di Milano segue le partite dei rossoblù sia al Dall’Ara e sia in trasferta. Con comprensibile trasporto, parla dei minuti passati a chiacchierare con Sinisa: “Siamo stati insieme 10 minuti, una svolta per me: mi disse di non mollare, poi mi ha mezzo abbracciato, una forte pacca sulla spalla, io non riuscivo a parlare, emozionato: quando sono tornato a casa ero l’uomo più felice del mondo“. Parole preziose per tener vive le emozioni ed il ricordo: “Quando parlava, parlava a tutti. Mi ha aiutato tanto, fin dalla prima estate. Dovevamo rivederci, non c’è stata occasione. Gli dovrò sempre qualcosa“.  

  

  

  

Fonte: Corriere di Bologna – Fernando Pellerano 

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