Bologna FC
Bernardeschi: «Italiano è un martello, ma se lo segui raccogli i frutti»
Ha lasciato l’America per ritrovare se stesso: a Bologna Bernardeschi cerca il fuoco che non si era mai spento. Un fuoco che si percepisce direttamente dalle sue parole.
A Trento, al Festival dello Sport, Federico Bernardeschi si è raccontato con la serenità di chi ha trovato di nuovo una direzione. Parole di un uomo che ha attraversato il dubbio, l’America e la nostalgia, per poi scegliere Bologna come luogo di atterraggio. Ma perché proprio Bologna? Lo vediamo insieme…
Federico Bernardeschi e la scelta di Bologna
Federico Bernardeschi, Bologna (© Damiano Fiorentini)
«Ho scelto Bologna perché è una realtà che negli ultimi anni ha fatto qualcosa di davvero importante e speciale. È una società seria, con un grande presidente e dirigenti di altissimo livello. Mi intrigava l’idea di rimettermi in gioco. Qualcuno poteva pensare: è andato là, è finito. Invece no: sono tornato. Mi piace sentire il fuoco, sentirmi vivo».
In sostanza: non un ritorno nostalgico, ma una scelta di coraggio. Bernardeschi non è venuto a Bologna per chiudere la carriera, ma per riaprirla. La MLS gli ha regalato leggerezza, ma il calcio vero, quello che scorre nelle vene, è qui.
Bernardeschi e Italiano: s’ha da fare?
Federico Bernardeschi (© Bologna FC 1909)
E il Bologna che lo ha accolto non è più una sorpresa. Bernardeschi, questo, lo sa bene. «L’asticella è alta, c’è tanta concorrenza e le rivali si sono rinforzate. Ma il Bologna deve consolidare quello che ha fatto. Abbiamo un grandissimo allenatore», ha detto.
L’obiettivo, neanche troppo nascosto, è quello di restare stabilmente nell’élite del calcio italiano, magari spingendosi fino alla Champions.
Ma il primo passo è sempre la fiducia, quella tra l’uomo e il progetto. E il legame con Vincenzo Italiano conta tutto: «È un martello, molto diretto, tosto. Uno che dà tanto. Lo devi seguire, devi imparare a conoscerlo e a stargli dietro. Se lo fai, i frutti vengono fuori. Ci stiamo conoscendo, è una persona diretta, come me. Siamo molto simili».
In questa sintonia, Bernardeschi ha trovato forse le chiavi per tornare sé stesso: disciplina e libertà, messe insieme da un allenatore che pretende tanto ma ti restituisce fiducia.
Tuttavia, c’è ancora qualcosa che manca, e lui lo sa: il gol. «Devo farlo, sì. Mi devo mettere sotto per farlo». Il bisogno di concretezza, di lasciare un segno.
La memoria di una gloria
Federico Bernardeschi e Ciro Immobile
Tra un pensiero sul presente e uno sguardo sul futuro, Bernardeschi ha anche aperto una finestra sul passato. È bastato il ricordo di Wembley, di quella notte che portò l’Italia sul tetto d’Europa, per far riaffiorare emozioni. In questo caso, quelle sul rigore: «Ti si ferma tutto. La camminata è stata qualcosa di davvero molto coinvolgente. Quando presi il pallone e lo misi per terra, allora venne tutto lucido. E per fortuna andò bene».
Poi, la malinconia per ciò che è avvenuto dopo: «Mi dispiace che non siamo riusciti a proseguire quel cammino. Per un incidente di percorso non siamo andati ai Mondiali, ma quel gruppo meritava di più. Sembra che la Nazionale italiana faccia schifo da generazioni, ma nel 2021 siamo stati Campioni d’Europa, e questo va ricordato».
È in queste parole che troviamo il nuovo Bernardeschi: un uomo che non cerca un ruolo da protagonista a tutti i costi, ma la possibilità di sentirsi parte di qualcosa che cresce e vuole diventare grande.
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