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Questo è davvero Calcio?

Due rigori cambiano la partita, ma non il giudizio. Fiorentina-Bologna è davvero il calcio che ci aspettiamo?

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Santiago Castro durante Cagliari-Bologna (© Bologna FC 1909)
Santiago Castro durante Cagliari-Bologna (© Bologna FC 1909)

C’è un’immagine che riassume meglio di tutte Fiorentina-Bologna: Bernardeschi con le braccia aperte, lo sguardo che cerca spiegazioni, mentre al VAR si consuma l’ennesimo check di una serata surreale. È in quell’attimo sospeso che al Bologna sfuma la partita che stava dominando.

Perché al Franchi, più che due punti svaniti, resta la sensazione di una squadra matura, consapevole, che però deve ancora imparare a convivere con un calcio dove la logica delle decisioni arbitrali sembra cambiare  ogni weekend.

“Un calcio diverso”: la riflessione di Fenucci

Le parole di Claudio Fenucci nel post partita sono la lettura la serata. Non un attacco agli arbitri – come il dirigente tiene subito a precisare – ma una riflessione da “uomo di sistema”, come ama definirsi.

«Non capisco perché ogni tanto il VAR intervenga e ogni tanto no. Se abbiamo accettato di codificare certe situazioni, allora bisogna applicarle sempre».

È un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario nel calcio italiano: non si chiede uniformità di giudizio, ma coerenza di metodo. Il Bologna, che negli ultimi anni ha costruito la propria credibilità attraverso la serietà dei comportamenti e la chiarezza dei progetti, non reclama favori: chiede regole chiare.

E dietro questa posizione c’è tutta la delusione di chi, per settanta minuti, aveva visto la squadra dominare a Firenze. Fenucci lo ribadisce:

«Abbiamo fatto un’ottima partita, dominando il gioco e rischiando poco».

Difficile dargli torto. Castro e Cambiaghi avevano scavato un solco nel primo tempo, con un calcio pulito e offensivo. Poi, dal 70’ in avanti, il copione si è ribaltato. Due rigori, due interpretazioni opposte. E la sensazione, appunto, che il Bologna sia stato vittima più della confusione regolamentare che degli avversari.

Bologna, si cresce anche nella rabbia

Ma oltre la polemica arbitrale c’è un dato sportivo che non va trascurato: il Bologna continua a giocare da grande. L’Europa League non ha prosciugato le energie, il gioco resta fluido, le idee chiare, la compattezza intatta.
Anche in dieci uomini, con Holm espulso e la Fiorentina in pressione, la squadra ha mantenuto un’identità riconoscibile. E questo, in un campionato dove molte “big” arrancano, è forse il segnale più forte.

La rabbia di fine partita – quella che si legge negli occhi dei giocatori – non è la frustrazione di chi si sente derubato, ma la consapevolezza di chi sa quanto vale e non vuole più accontentarsi. È un salto culturale, non solo tecnico.

Il VAR e la fiducia nel sistema

Il messaggio di Fenucci, però, va oltre il singolo episodio. Quando dice «È il mio trentesimo campionato e non mi vedete spesso parlare di arbitri», l’amministratore delegato pone un tema più ampio: la sostenibilità della fiducia nel sistema.
Il VAR era nato per eliminare le zone grigie, ma oggi sembra averne create di nuove. Il rischio è che i club – anche quelli più rispettosi delle istituzioni – inizino a percepire l’arbitraggio come una variabile non controllabile.

E se un dirigente abituato a parlare solo di bilanci e strategie si espone così, significa che il sistema stesso è saturo.

Fiorentina-Bologna: bicchiere mezzo pieno

Alla fine, il Bologna lascia Firenze con un punto e tanta amarezza, ma contro la Fiorentina c’è anche con la consapevolezza di aver giocato una delle partite più autorevoli della sua stagione.
Le statistiche non diranno tutto, ma chi ha visto la gara sa che i rossoblù hanno imposto il ritmo e la personalità di una squadra europea.

È questa la vera notizia, al di là dei fischi e dei check infiniti: il Bologna sa come si governano le partite. E quando le perde — o le pareggia amaramente — lo fa da protagonista.

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