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Forcing – Perani: “A Bologna cercai di rivoluzionare il modo di pensare”

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La Stampa


Dopo l’intervista impossibile a Gigi Radice, proviamo a raccontare come sia stata la vita calcistica di Marino Perani, pezzo di storia bolognese e parmense. Nato a Ponte Nossa, in provincia di Bergamo, il 27 ottobre 1939, Marino inizia a dare i primi calci al pallone nel settore giovanile dell’Atalanta…

“Per poi, nel mio secondo anno di campionato (1957-1958, ndr), diventare titolare fisso nel mio ruolo, quello di ala. L’anno dopo sono passato al Bologna, dove iniziarono le gioie”

Prima di tutto, andiamo in ordine cronologico: come procedettero gli anni in rossoblù?
“Prima di tornare da allenatore, sotto le Due Torri ho passato ben 16 anni, a parte una parentesi al Padova. La prima stagione fu di riscaldamento, diciamo, quando ho iniziato a collaborare in maniera molto positiva con Pascutti, mentre – dopo la stagione con i biancoscudati – nelle mie altre 296 presenze con la maglia del Bologna, ho contato 61 reti, uno scudetto (l’ultimo dei felsinei, ndr), due Coppa Italia, una Mitropa Cup e una Coppa di Lega italo-inglese”

Palmares di tutto rispetto, vedendo come se la sta passando il Bologna di questi anni. Che squadra eravate?
“Modello, perché tutti sapevano cosa fare e cosa potevano fare. Non importava se andavamo sotto di un gol: quello era il momento in cui ci guardavamo negli occhi e facevamo cominciare la rimonta. Un po’ come, sa, quando giochi alla Play Station mentre sei disteso e – dopo aver subito una rete – raddrizzi il tronco e dici ‘Ora faccio sul serio’. Noi eravamo così, ci siamo ritrovati forti senza nemmeno saperlo”

Una forza che, come ricordava lei, è valsa tanti trionfi. A qual è più legato?
“Sicuramente al settimo scudetto perché, tra i miei ricordi più cari, c’è l’assist vincente per il 2-0 di Nielsen. Quel giorno, sugli spalti dello stadio Olimpico, erano presenti ben 60000 persone, di cui 25000 di fede rossoblù! Prima la rete di Fogli, su calcio di punizione deviato da Facchetti, e poi il gol di ‘Dondolo’…tutto verso lo scadere della partita!”

In quegli anni è nata l’ “ala” Perani.
“Io sapevo arretrare a centrocampo, ma non ero un tornante. Più che altro, mi piaceva dribblare l’avversario e crossare, oltre che tirare, nel caso avessi l’occasione. Ho preso il testimone da Cervellati, e l’ho portato, con onore, fino alla metà degli anni ’70. Forse ho peccato un po’ di discontinuità, ma i vari Renna, Vastola o Pace dovettero arrendersi e mettermi in campo”

Tralasciando la (dis)avventura al mondiale del 1966, ha chiuso la carriera ai Toronto Metros-Croatia, nel 1975. Dopodiché, è nato il Perani allenatore.
“Vent’anni in panchina, dal Bologna all’Iperzola. Io provenivo dal calcio anni’70, innamorato del calcio olandese, che purtroppo non vinse nulla. Con i rossoblù, infatti, non ho avuto fortuna: dopo due anni nelle giovanili, il presidente Conti mi ha voluto in prima squadra, nella quale durai solamente per sette partite, prima di essere sostituito da Cervellati. A fine stagione, con un po’ di sorpresa, sono stato richiamato e ho portato la squadra alla salvezza, ma senza meritarmi la riconferma. Eppure io ci avevo provato…”

A mostrare di meritare il posto?
“Sì, rivoluzionando il modo di pensare. Il mio calcio non riguardava solamente il rettangolo di gioco, dove avevo preso spunto dal calcio a zona orange, bensì anche nell’alimentazione. I cuochi mi odiavano perché ero fissato col prezzemolo, siccome ha valore nutritivo. Una stronzata?”

Non so, mister, ma non addentriamoci troppo in questi discorsi. Tra le varie panchine, è passato anche su quella degli avversari del Bologna, il Parma.
“Sono rimasto un anno e mezzo, nel Ducato, ma mi pare di aver lasciato bei ricordi. Quando sono arrivato in C1, nel 1983/1984, mi hanno dato una squadra mixata tra “navigati” (Massimo Barbuti, Stefano Mariani, Pierluigi Panizza, Tiziano Ascagni) ed emergenti (Fabio Aselli, Daniele Davin, Fabrizio Di Pietropaolo, Giacomo Murelli, Gabriele Pin, Fausto Salsano, Stefano Pioli). E proprio quest’ultimo, appena diciottenne, ci ha regalato la promozione in B, deviando un tiro di Ascagni”

Un Perani che era diventato un’icona…anche pubblicitaria!
“‘Chiamami Perani, sarò la tua B’, a ricordare lo slogan ‘Chiamami Peroni, sarò la tua birra’. Poco prima, il 27 maggio, nell’ultima gara casalinga la Curva Nord ha anche esposto lo striscione ‘Grazie Magico Perani’. L’anno dopo ho fatto appena sedici gare, prima di essere esonerato, ma la retrocessione non fu scampata”

Cosa vede di cambiato, nel calcio di oggi, il Perani di ieri?
“Elasticità. Ieri, se non raggiungevi l’accordo per il prolungamento del contratto, durante l’anno – se giocavi bene – ti arrivava qualche premio e passava la paura; oggi i migliori vengono sempre ceduti. Lo svincolo ha dato tanto potere a calciatori e procuratori, togliendolo alla società”

Cosa farebbe, se dovesse decidere?
“Metterei i contratti annuali, siccome risolverebbero i problemi economici di tante società e, al tempo stesso, porterebbero un buon numero di giocatori ad avere un rendimento più costante”

Grazie, Marino. Un pronostico per sabato?
“Buon Natale alle due squadre e ai suoi tifosi!” (ride, ndr)

 

Fonti:
Stadio Tardini
Storie di Calcio

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